Capitolo 41

28 11 11
                                    

Ero davvero contenta, quel regalo era proprio giusto per lui. Ma la mia felicità si placò troppo presto. Tra la gente mi sembrò di vedere Samuele, di nuovo stava per entrare nella mia vita, per travolgerla. Mi nascosi dietro un angolo per non farmi notare. Non ero poi così tanto sicura che fosse lui, forse è anche questo che mi spinse a nascondermi. Trattenevo il respiro, come se potesse accorgersi di me. Finalmente passò. Sì, ora ne ero certa, era lui; era tornato dopo essere sparito per vari mesi, come faceva sempre. La paura mi prese, ero immobilizzata, non riuscivo a muovermi dal terrore che mi potesse vedere. Non doveva riavvicinarsi a me perché ero riuscita a rimettere i pezzi del puzzle al loro posto. Iniziai a correre, dovevo arrivare all'università per sentirmi al sicuro. Aprii la porta e la feci sbattere dietro la mie spalle. Solo in quel momento ripresi a respirare. Tremavo come una foglia. Claudio mi vide e si avvicinò.
"Che hai?" mi chiese, ma io non risposi. Avevo appena ripreso fiato, ma non riuscivo ancora a parlare.
"Che c'è, che succede?" mi chiese un po' preoccupato.
"Samuele" riuscii appena a dire
"Che centra Samuele?"
"È tornato."
"Tornato dove?" Incalzò lui.
"Ho tanta paura" mi trovai ad ammettere ad alta voce.
"Dai, dimmi, tornato dove?" mi disse urlando. Percepivo la sua preoccupazione.
"In città."
"Quando l'hai incontrato?"
"Prima."
"E che ti ha fatto?" l'ansia di Claudio era arrivata all'apice.
"Niente, non credo mi abbia visto" dissi cercando di tranquillizzarlo.
"Sergio lo sa?"
"No, ero in centro per fargli un regalo."
"Allora lo chiamo."
"No, non farlo ti prego. Abbiamo quasi litigato prima per questo. Se ora lo chiami non mi lascerà più sola nemmeno all'università."
"Ma sei sicura di volerti sentire così ogni volta che sei sola?" Mi domandò in un sussurro.
"Stai tranquillo, ora passa."
"Dai, dopo ti accompagno a casa". Adoravo il suo lato premuroso.
"Non puoi, devo passare a ritirare il regalo, poi devo andare al lavoro."
"A che ora stacchi?"
"Alle due."
"Come alle due?" la sua ansia tornava a farsi sentire.
"Sì, ho il turno di notte."
"E pensi di tornare a casa sola a quell'ora?" Disse incrociando le braccia al petto e alzando il sopracciglio destro in una smorfia.
"Sinceramente sì."
"Non pensarci proprio!"
"Non fare come Sergio" gli urlai.
"Se serve a proteggerti lo farò" disse risoluto.
"Non preoccuparti, non mi accadrà niente. Non posso stare dentro a una campana di vetro. Voglio condurre una vita normale. Me la merito no?"
"Sì, te la meriti" Claudio sembrava aver capito.
"Allora mi prometti che non lo dirai a Sergio?"
"Te lo prometto" fu costretto a obbedire.
"Non voglio che si preoccupi inutilmente."
"Va bene."
"Promesso?"
"Promesso!"
"Sei un amico fantastico". Gli diedi un bacio.
Ci salutammo perché dovevo andare in biblioteca per finire la mia tesi.
"Ciao!"
"Ciao Emma".
Anche Claudio aveva una strana sensazione.
Quella fu l'ultima volta che ci vedemmo.

IO SONO EMMADove le storie prendono vita. Scoprilo ora