Nel parco tutti i lampioni erano ancora accesi e io mi avviai per il vialetto ben lastricato. Cantavo una canzone, quella preferita da Sergio e che io detestavo: "tu che vai veloce come il vento". Non correvo, ma camminavo tranquilla, non pensavo che Samuele potesse essere così malato da attaccarmi proprio dietro casa. Ma evidentemente non lo conoscevo bene. Passai di fianco a una quercia, l'unica del parco, solitaria tra tanti ciliegi. E proprio lei mi tradì.
Sbucò fuori all'improvviso Samuele e capii che sarebbe arrivato l'atto finale. Avevo abbassato la guardia e ora ero scoperta, non avevo più difese.
"Ciao amore" mi disse, era ubriaco e con i vestiti strappati.
"Che ci fai qui?" gli dissi cercando di mantenere la calma, anche se il cuore sembrava scoppiarmi nel petto.
"Ti aspetto, so che il tuo turno finisce più o meno a quest'ora."
"Che vuoi da me?"
"Voglio farti capire che non puoi vivere senza di me."
"Io non voglio averti vicino, mi fai schifo."
"Che brutte parole che dici all'uomo della tua vita."
I suoi occhi mi guardavano sbarrati e il suo odore di alcool mi fece tossire.
"Tu non sei più niente per me, non so come ho potuto lasciarti entrare nella mia vita."
"Tu sei innamorata di me."
"Lo ero è vero, ma di certo non lo sono più."
"Non puoi smettere di amarmi" disse sicuro di sè.
"Da tanto tempo l'ho fatto. Ora provo solo indifferenza e odio."
"Non puoi odiarmi."
"Sì, invece" gli urlai a mezzo centimetro dalla bocca.
"Non parlarmi in questo modo" mi ringhiò contro.
Lo avevo fatto arrabbiare e ora me la vedevo proprio brutta. Avevo capito la gravità della situazione così iniziai a correre, ma lui era più veloce di me, lo era sempre stato. Mi riprese e mi buttò per terra. Il primo colpo era stato inferto. Si mise sopra di me slacciandosi i pantaloni: "Voglio fare l'amore con te" mi disse.
"Io non voglio, mi fai schifo, sei viscido come un serpente."
Gli assestai un buon colpo e riuscii a scappare. Mi riprese per i capelli e mi gettò su una panchina, dove di solito stavo abbracciata teneramente con Sergio. Mi riempì di botte, sanguinavo dal naso e dalla bocca. Mi spinse sulla panchina così forte che sentii mancarmi il respiro. Ero completamente in balia di lui. Un colpo alla testa mi aveva stordita e non riuscivo a ribellarmi, non ne avevo più la forza. Mi strappò la camicetta, un regalo di Sergio, e la fece cadere in una pozzanghera. Si sporcò tutta. Poi mi slacciò i pantaloni. Gli diedi un morso in una mano, ma lui mi rifilò un pugno.
"Lasciami maiale."
"Anche tu vuoi farlo."
"No, io voglio ucciderti. Non voglio sentire le tue sudicie mani su di me."
Mi diede un colpo in testa e svenni. Così fu in grado di concludere il suo lavoro. Tuttavia non si limitò a violentarmi. Aveva con sé un coltello, uno di quelli piccoli e multifunzione. Lo tirò fuori dalla tasca e lo infilò nel mio stomaco.
"Ora capisci che non puoi niente contro di me. Io ti ho uccisa."
Prese il coltellino e se lo infilò di nuovo in tasca. Non passò nessuno così lui poté fare i suoi porci comodi senza essere disturbato.
Mi svegliai poco dopo, avevo il corpo intorpidito, mi girava la testa, ma raccolsi le mie ultime forze per chiamare aiuto, per telefonare a Sergio.
Presi il cellulare e composi il numero. Sergio mi rispose subito.
"Pronto?"
"Samuele mi..." furono le uniche parole che riuscii a pronunciare, poi svenni.
"Emma, Emma dove sei? Rispondi ti prego!" ma non giunse risposta così si precipitò per strada. Sapeva che stavo tornando a casa dal lavoro e conosceva le mie abitudini così venne subito a cercarmi al parco, dove ero solita passare per tornare a casa. Mi piaceva il profumo degli alberi di notte. Arrivò e mi trovò in un lago di sangue. Mi si avvicinò con le lacrime agli occhi.
"Amore che ti ha fatto?"
Presi le ultime forze e gli dissi: "ciao..." poi più nulla.
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IO SONO EMMA
RomanceAmori, decisioni giuste e sbagliate fino alla tragica conclusione. La storia di Emma, fatta di grandi felicità e di immensi dolori. Il tutto in una fantastica Milano a fare da sfondo.