Capitolo 16

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Jack

Per tutto il tragitto da casa a mare, borbotto con me stesso, "prima si vuole innamorare, poi cinguetta al telefono, cose da pazzi".

Giunto al nostro ombrellone lancio il telo sul lettino e corro verso l'acqua. Mi guardo attorno e non c'è nessuno, e primo pomeriggio e sono il solo ad aver voglia di fare un tuffo. Il mare risplende piatto sotto il sole cocente. Mi butto subito per tentare di rinfrescare la mia mente, che sta prendendo fuoco a forza di rimuginare su Bea.

Non resto molto tempo, visto che ho appena mangiato, quanto basta a schiarirmi le idee. Mi asciugo un po' al sole e poi mi lascio cadere sul lettino, e ripenso al flash che ho avuto quando ero con Bea.

Un piccolo ricordo, che però finisce lì, non riesco a vedere cosa è accaduto dopo. Cerco di concentrarmi sulle immagini di noi che parliamo, ma non mi dicono altro, se non che in quel momento tutto era normale fra noi. Quando la testa comincia a farmi male, cerco di liberarmi la mente e in poco tempo mi addormento.

Credo di aver dormito un bel po' visto che il sole sta calando.

"Buongiorno bell'addormentato o dovrei dire buonasera".

Mi giro di scatto e vedo Bea sdraiata accanto a me. Cerco di non guardare il suo corpo sinuoso, racchiuso in un mini costume nero, concentrando l'attenzione sul suo viso. Noto dal suo sorriso che mi sta scrutando divertita.

"Da quando sei qui?"

"Un paio d'ore, sono venuta poco dopo di te, ma già russavi".

Mi passo la mano sul viso e mi tiro su a sedere.

"Forse faccio in tempo per un altro bagno", così dicendo mi avvio verso la riva. Qualche bambino gioca poco lontano da noi riempiendo l'aria di risate.

L'acqua mi lambisce i piedi è un po' fredda ma piacevole. Sto per entrare quando sento la sua voce.

"Ti faccio compagnia." La sento fermarsi accanto a me.

"Dov'è Jason?"

"È passato poco fa, mi ha detto di non aspettarlo, che voleva raggiungere una sua amica, una certa Carola la conosci?"

"Carola, Carola, oh si, certo. Sono usciti un po' insieme lo scorso mese, insegnava all'università anche lei poi è stata trasferita e non si sono più visti. Credo le piaccia".

"Si lo penso anche io, mi sembrava emozionato".

Rifletto sul fatto, che entrambi i miei amici sembrano avere la malattia chiamata: amore, contemporaneamente. Evidentemente io ne sarò immune.

Infastidito entro velocemente in acqua e mi tuffo subito, comincio a nuotare verso il largo. Il mare è talmente piatto, che sembra una piscina, un po' di movimento mi farà bene. Giunto alla boa, decido di nuotare verso l'isolotto poco distante. La baia su cui si affaccia casa nostra è un paradiso terrestre, non c'è molta confusione, visto la presenza di diverse case private, il che ti permette di goderti il mare in santa pace.

Giunto a riva dell'isolotto mi distendo un attimo sul bagnasciuga, godendomi la solitudine, che però dura poco. Un'ombra mi appare davanti, con il sole che la illumina da dietro sembra una sirena, le goccioline di acqua le fanno brillare la pelle e io mi immagino di essere una di loro per accarezzare quel corpo che mi tenta, lasciandomi senza respiro.

Chiudo un occhio per metterla a fuoco e vedo che è infastidita, anzi, direi arrabbiata.

"Che ti prende?" le chiedo.

"Che prende a me? Che prende a te?" - Ribatte lei - "Stavamo parlando e sei sparito."

"Non direi che sono sparito, visto che sei qui con me".

"Hai capito, perfettamente, cosa volevo dire".

"No per niente."

"Non vuoi stare con me?"

"Ma certo che voglio."

"No. Finiscila! Tranne ieri mattina, che volevi parlarmi a tutti i costi, che poi non lo hai neanche fatto, fuggì via ogni volta che siamo soli. Io credo sia arrivato il momento di farla finita con questa storia". 

Arrendersi all'inevitabileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora