Capitolo 64

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Jack

Nonostante tutto il tempo è volato.

E' da una settimana che sono chiuso in questa stanza, ed è da una settimana che non la sento e mi manca già da morire. Ho trascorso le mie giornate a studiare o almeno ci ho provato.

Tom è venuto più volte a cercarmi, abbiamo parlato un po', ha capito che è successo qualcosa, ma non sono entrato nel dettaglio non voglio parlare della nostra notte, anche se mi fido di lui, quello è qualcosa di troppo prezioso per condividerlo, lo voglio tenere solo per me come un tesoro.

Jason mi ha cercato più volte, il giorno che sono andato via, ma io non ho mai risposto e allora la sera mi ha scritto un messaggio, in cui mi diceva che sapeva della discussione tra me e Bea e che voleva parlare con me. Non potevo ignorare anche quello e quindi gli ho risposto, che al momento non mi sentivo pronto a parlare. Per giorni ha continuato a cercarmi ma io non gli ho più risposto, alla fine ho scoperto che era venuto anche qui e che Tom gli aveva detto che non c'ero.

Sto sbagliando su tutto, lo so. Sto facendo del male a lui e Bea, e mi sembra tutto un incubo.

In questa settimana non ho concluso molto, se non aumentare il dolore nel mio petto, non c'è notte che non la sogni, che non sogni di perdermi dentro di lei.

Ovviamente anche questa notte, il sole è appena sorto e io sono già distrutto.

Purtroppo, non posso più stare nascosto nella mia stanza, sono ricominciate le lezioni e quindi sono costretto ad uscire.

Mi faccio una doccia veloce, ed eccomi pronto ad uscire, per andare a lezione, ho indossato i miei soliti jeans e una t-shirt verde, mi guardo allo specchio e mi passo la mano sul mento è da una settimana che non mi faccio la barba ed ho un alone scuro che mi dà un'aria depressa, perfettamente in tono con il mio umore.

Afferro lo zaino, indosso gli occhiali ed esco dal mio rifugio, infondo al cuore sento una piccola scintilla, il traditore spera di vederla, ma purtroppo per lui ho studiato dei percorsi alternativi e ho deciso di evitare tutti i posti dove potrebbe esserci anche lei, spero così di non incontrarla.

Non oso neanche immaginare a come potrei sentirmi se me la ritrovassi vicina.

Come programmato sono già al mio dipartimento ed è andato tutto liscio, cammino per i corridoi, saluto vari ragazzi che conosco e alla vista della mia aula tiro un sospiro di sollievo. Ce l'ho fatta, anzi no.

"Io ti uccido!" E' quasi un dejavu.

"Jason?" Me lo ritrovo davanti, infuriato come non mai. Mi sento afferrare per il braccio e tirare verso l'uscita.

"Ora tu vieni con me e mi racconti cosa cazzo hai combinato!"

"Ho lezione." Cerco di divincolarmi dalla sua stretta, e sento i suoi occhi fulminarmi.

"Forse non hai capito. Non me ne fotte niente, che tu hai lezione. Devi venire con me, ora." Cerca di afferrarmi nuovamente, ma mi muovo appena in tempo.

"Ti prego Jason, non voglio parlarne qui e non voglio parlarne ora."

Gli parlo convinto, spero con tutto il cuore che mi dia retta.

"Tu ti rendi conto che è da una fottuta settimana che provo a parlarti e tu niente. Sei mio fratello Jack, e tutto questo è assurdo." Allarga le braccia e le lascia cadere lungo i fianchi sconfitto, quando per l'ennesima volta scuoto la testa, per fargli capire che non andrò.

Frustrato si passa una mano tra i capelli e poi sugli occhi.

"Okay, aspetto un tuo messaggio entro questa sera dove mi dirai quando possiamo vederci un giorno di questa settimana, hai l'ultima possibilità dopodiché verrò a cercarti e parleremo ovunque tu sia."

Allunga una mano, per suggellare il patto e io l'afferro subito con gratitudine.

"Okay, lo farò."

Così come è arrivato sparisce e sconsolato mi avvio dentro l'aula. E' giunto il momento dei chiarimenti, non posso più nascondermi.

La giornata passa velocemente, e finalmente sono al sicuro nella mia stanza.

Il mio piano ha funzionato, sono riuscito a non incontrarla e ora osservo lo schermo del mio telefono, aperto sul contatto di Jason. Ho promesso di farmi sentire, ma non so ancora cosa dirgli. Ha detto di sapere che abbiamo discusso, ma sono certo che non sapesse il motivo.

Sospiro frustrato, è il periodo peggiore della mia vita. Va tutto a rotoli.

Mi volto a guardare verso la finestra e due buste sul comò attira la mia attenzione, in realtà, non proprio tutto va male. Oggi al ritorno dall'università ho trovato della posta per me, sotto la porta. Una lettera era da parte di Emergency in cui mi comunicavano che hanno accettato la mia richiesta di collaborazione e nell'altra l'ospedale, dove dovrei fare il tirocinio, ha accolto la mia richiesta di posticiparne l'inizio al mio ritorno, dicono di essere talmente interessati a me che aspetteranno.

Mi alzo a prenderle, le stringo fra le mani con forza, queste sono le lettere che ho sognato di ricevere da una vita, i miei obiettivi professionali che si realizzano dopo anni di fatica, e dovrei essere talmente felice da sentire scoppiare il mio petto. Le porto al cuore e butto fuori l'aria che sento intrappolata dentro di me, invece non lo sono, non sono felice, il vuoto dentro di me è troppo grande per essere colmato da queste soddisfazioni.

Nel silenzio della stanza, rimetto tutto in discussione.

Le decisioni che ho preso su di lei, su di me, su di noi, cosa ho fatto?

Torno al comodino e prendo il telefono che avevo posato prima di alzarmi. Con mani tremanti digito il messaggio per Jason: "ci vediamo venerdì sera a casa tua, io porto le birre, tu pensa alla pizza." Ho preso la mia decisione, gli racconterò tutta la verità.

Ritorno a letto, con l'unica consolazione che mi rimane. I nostri ricordi.

La settimana passa in fretta, senza nessun intoppo, solo una volta ho visto Lisa in lontananza, per un attimo ho sentito un brivido percorrermi tutto il corpo, come se si fosse finalmente risvegliato, la volevo vedere con tutto me stesso, il cuore ha ripreso a battermi impazzito, il respiro è diventato corto, il mio corpo fremeva al pensiero che non fosse lontana. I miei occhi guizzavano a destra e a sinistra nella speranza di rivedere quei capelli castani svolazzare, quelle iridi azzurre ammaliarmi, sarei voluto correre da lei e invece ancora una volta il mio cervello l'ha avuta vinta e ha costretto il mio corpo a correre via, per la paura che rivedendola non sarei più riuscito a farne a meno.

Tom mi ha raccontato di averla vista al bar un paio di volte, le sembrava un po' giù, ma per il resto era tranquilla lo ha salutato e si sono messi a parlare, ovviamente non di me.

Ogni sera ho lasciato il mio dito aprire la sua chat, accarezzando l'immagine del suo profilo in cui sorride. Quel sorriso è per me, perché l'ho scattata io quella foto.

Sono così stanco. Non chiudo occhio da settimane, ma non è la spossatezza fisica il vero problema. Sospiro e cerco di addormentarmi per sfuggire al dolore per qualche ora.

Finalmente è venerdì, devo affrontare solo l'ultimo giorno di università e la discussione con Jason e poi sarò libero di sparire per tutto il week end.

Arrendersi all'inevitabileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora