Capitolo 35

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Jack

Chiudo la porta e tenendo ancora la maniglia appoggio la fronte sulla superficie fredda del legno.

Cerco di riprendermi, ho il respiro accelerato... il cuore accelerato e pure la mente.

Lotto con me stesso per non riaprire quella porta, e nel farlo stringo forte con la mano il metallo che mi permetterebbe di prenderla tra le braccia e farla mia.

Resto così fino a quando non sento che ho ripreso il controllo, a quel punto mollo la presa e mi trascino in camera mia.

Mi spoglio velocemente e mi corico e mi ritrovo a fissare il tetto. Sono troppo agitato per dormire, forse dovrei bere una camomilla. Potrebbe aiutarmi. Non ho mai amato questa bevanda e invece ora è diventata la mia preferita.

Mi alzo dal letto, infilo dei pantaloncini che avevo lasciato sulla sedia e scendo in cucina.

La casa è silenziosa, cerco di far piano non vorrei svegliare nessuno. Scaldo l'acqua e in poco tempo stringo già la tazza con la bevanda fumante, nella speranza che faccia effetto.

Mentre mi godo quella pace che rigenera i miei nervi sento dei passi, il mio cuore accelera nella speranza che sia lei, fisso la porta come un cane che aspetta il ritorno del padrone ma purtroppo a far capolino in cucina non è lei ma mio padre.

"Jack?" mi chiama sorpreso vedendomi.

"Si papà." Gli rispondo io. Lo seguo con lo sguardo mentre si avvicina a me e appena nota la mia tazza storce il naso.

"Tutto bene?" mi chiede preoccupato, ma come ha fatto?

Decido di essere sincero.

"No, papà".

"Che succede?" mi chiede, ancora, sedendosi di fianco a me.

"Negli ultimi tre giorni il mio mondo è letteralmente andato sottosopra. Non ci capisco più niente." Sospiro impreparato alla confusione nella mia voce.

"È per una donna vero?"

La domanda mi fa riflettere.

"Si, penso di sì".

"Quando conobbi tua madre, all'università ero uno dei ragazzi più popolari, come direste voi giovani, me la spassavo: feste, donne, le solite cose" - ridacchia - "poi un giorno una ragazza, al corso di informatica, mi chiede se il posto accanto al mio era vuoto".

Si ferma un attimo come se rivivesse quel momento nella sua mente.

"E in quel momento il mio mondo è andato sottosopra".

Continua arreso. 

"Era bellissima, ma in maniera diversa, mi mandava in tilt. All'inizio ho lottato contro queste sensazioni non potevo accettare di dipendere da una donna ma al contempo facevo di tutto per starle accanto. Ogni sua parola, ogni suo sorriso mi regalava emozioni che non volevo provare. Ho lottato con tutte le mie forze... fino alla festa di fine anno. Tua madre, come sai, odia le feste ma quella sera aveva promesso a Jennifer, la madre di Bea".

A solo sentire il suo nome rabbrividisco.

"Che sarebbe venuta. La guardavo e mi faceva sorridere il fatto che fosse tremendamente insofferente, aveva scritto in fronte sto cinque minuti e me ne vado. Appena la vidi il mio primo pensiero fu quello di correre da lei ma mi imposi che non lo avrei fatto. L'anno era finito dovevo resistere le ultime ore, in estate l'avrei sicuramente dimenticata."

Sorride.

"Ho resistito un'ora. Ballavo circondato da ragazze, ma i miei occhi correvano sempre a lei, la tenevo d'occhio. Quando ho visto che stava andando fuori non ce l'ho più fatta e sono corso da lei. Credo sia stata una delle serate più belle della mia vita, ed ho capito quanto tua madre fosse speciale per me. E da lì è un'altra storia."

Conclude sospirando.

Non dico nulla e allora mio padre aggiunge.

"Non dico che sia la stessa cosa per te, ma finché non lo capirai il tuo mondo sarà sempre sottosopra, perché la chiave per rimettere tutto in ordine ce l'ha lei".

Fisso la mia camomilla ormai fredda mentre mio padre mi dà una pacca.

"Buonanotte figliolo".

"Buonanotte papà e grazie".

"Quando vuoi". 

Arrendersi all'inevitabileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora