Capitolo 11

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Jack

Saliamo in auto, Jason al solito si siede davanti, mentre Bea si accomoda dietro di me. Dallo specchietto la vedo appoggiare la testa al finestrino, osserva la strada scorrere con occhi distratti e non posso evitare di domandarmi cosa stia pensando. All'improvviso un dubbio mi assale: che sia successo altro all'università che ha portato le sue amiche ad essere così preoccupate?
Prendo il telefono e decido di chiamare Tom, so che non potrò parlare liberamente, ma sono certo che lui capirà cosa voglio sapere.

"Ciao Jack".

Mi risponde subito il mio amico.

"Ciao Tom, tutto bene?"

"Si sono al bar con Mike, ieri siamo andati al pub ed è stata una serata pazzesca ti saresti divertito, c'erano fighe da paura."

Dice ridacchiando compiaciuto. Lascio che la mia mente immagini la serata, mentre ascolto il racconto dettagliato di Tom. Ovviamente sono finiti a letto con due tipe di cui non ricordano neanche il nome, sorrido complice, sarebbe accaduto anche a me, ma non appena la mia mente crea l'immagine di me vicino ad un'altra donna rabbrividisco.

Il solo pensiero di toccare qualcun'altra mi fa venire il voltastomaco. Cosa? Impossibile! Allora sono malato è l'unica spiegazione.

"Jack, mi senti? Ehi Jack..."

Tom mi urla nelle orecchie, ma non riesco a parlare sono sconvolto dai miei pensieri. Com'è possibile che io non non voglia toccare una donna, addirittura, neanche immaginare di farlo è una scoperta catastrofica.

Cerco comunque di reagire, ci penserò dopo, ora ho bisogno di informazioni per capire Bea. Mi schiarisco la voce, e riprendo a parlare.

"Si, scusa Tom. La prossima volta voglio venire anche io al pub, non si rimane mai a secco."

Dico allusivo distendendo le labbra in un sorriso forzato. I miei occhi vanno subito a lei, e vedo che, a quelle parole, una traccia di dolore passa nel suo azzurro candido. Perché? Cosa è cambiato l'altra notte? Mi avrà sentito mille volte parlare così, ma io non ho mai visto questa reazione in lei. Come vorrei leggere in quel cielo senza nuvole.

Jason mi da un colpo alla gamba e, senza farsi vedere da Bea, mi rimprovera con gli occhi. Li per li mi era sembrata una buona idea, al solo scopo di suscitare in lei qualche reazione, ma quello che ho visto mi ha fatto male. Io non sopporto di vederla triste e inoltre non mi dice niente di diverso di quello che già so purtroppo.

Riporto lo sguardo sulla strada, è arrivato il momento di farmi dire quello che volevo da Tom.

"Sono in auto con Bea e Jason, stiamo venendo a prendere alcune cose per poi andare a mare con le nostre famiglie. Li tutto bene?"

Sono serio, nella speranza che capisca al volo.

"Vuoi sapere se si parla ancora di voi?"

Esulto tra me e me sapevo che non mi avrebbe deluso, mi conosce bene.

"Sì."

"Purtroppo sì, anche perché ieri non c'eravate e quindi tutti sono convinti che siete chiusi in casa a scopare."

Mi risponde brutale.

"Cosa?"

Urlo attirando due paia di occhi su di me.

"Sì, è un chiacchiericcio diffuso, anche Mike non fa altro che parlare di questo. Quindi cerca di evitare posti frequentati e andate via presto, vi basterà sparire per due giorni dopo il weekend, che è alle porte, le persone troveranno qualcos'altro di cui parlare lunedì", mi consiglia lui comprensivo.

Cerco di controllare la rabbia e dopo qualche altra frase a caso chiudo la chiamata con il mio coinquilino.

"Che succede?"

Mi chiede Bea, avvicinandosi al mio seggiolino. Il mio corpo va in allarme è troppo vicina. Non so cosa rispondere e prendo tempo, sperando si allontani presto, altrimenti non riuscirò ad inventare una balla.

"Perché?"

"Forse perché hai urlato come un pazzo?"

La sento sbuffare e per fortuna mia, si appoggia nuovamente al seggiolino, incrociando le braccia. È chiaramente infastidita.

"Urlato?"

Faccio il fintotonto. Mentre la vedo fulminarmi con gli occhi, sa che sto mentendo.

"Ah, no niente racconti tra maschi."

"E da quando in qua non me li racconti?"

Già perché non lo faccio?

"Perché riguarda Tom e non era molto contento quindi..." mi batto il cinque da solo, che scusa pazzesca.

"Okay."

Sussurra Bea un pò titubante, mentre con la coda dell'occhio vedo Jason che mi squadra interrogativo, gli faccio cenno che dopo gli dirò tutto.

Cerco di alleggerire l'atmosfera o di nascondermi e accendo la radio. Le note di Creep dei Radiohead riempiono l'auto e devo ammettere che mi calza a pennello sono proprio un verme.

Dovrei affrontare quella stupenda creatura che è la mia migliore amica.

Dovrei riuscire a parlare con lei, così da superare insieme queste assurde giornate e queste assurde emozioni che mi confondono.

E invece non lo faccio, non ci riesco. Mi sento sempre più intrappolato nella paura di quello che ha significato per me quella sera e di quello che può aver significato per lei. Perché, parliamoci chiaro, io ho dimenticato quel bacio e la serata come il coglione che sono, ma non credo affatto che anche lei lo abbia fatto. Quindi, Bea, perché non mi parli?

Arrendersi all'inevitabileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora