Capitolo 2

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Jack

Sono pronto ormai da un po', guardo ancora una volta il telefono e vedo che è tardi.

"Bea, smuoviti!" Urlo, "o faremo tardi!"

"Eccomi..."

Esce dal bagno, la guardo ed è bellissima, con la mia felpa blu che risalta l'azzurro dei suoi occhi e con quel pantalone aderente che esalta le sue curve. Neanche una nottataccia riesce a scalfire la sua bellezza.

Il suo profumo mi investe e sento un formicolio per tutto il corpo. Scuoto ancora una volta la testa. Basta, Jack, torna in te, mi dico perentorio, mentre apro la porta e la lascio uscire dalla stanza seguendola subito dopo.

Fortunatamente sembra non esserci nessuno in casa, non penso avrei sopportato le battutine su Bea questa mattina.

Ci avviamo verso l'università, e ringrazio il mal di testa comune che non ci fa proferire parola, non mi sono proprio svegliato bene oggi.

A chi la vuoi dare a bere, ma se ti è piaciuta un sacco quella sensazione di stamattina, mi suggerisce la mia coscienza, non mi è piaciuto nulla e non voglio indugiare ancora su questa cosa.

L'entrata dell'università è a pochi metri da noi, vedo studenti correre da tutte le parti, mentre mi giro verso di lei per salutarla.
Bea ha un esame nell'ala est mentre io ho lezione nell'ala ovest.

"In bocca al lupo!"

"Crepi." Mi saluta, avviandosi dentro. La perdo di vista tra gli studenti che corrono da tutte le parti.

Rimango un attimo ad osservare il punto in cui è scomparsa e sento un senso di vuoto crescere nel petto.

"Ma che cazzo mi prende oggi!" Mi rimprovero e mi incammino verso la mia lezione.

Sbirciando l'orologio mi accorgo che ho ancora tempo e decido di deviare verso il bar, un bel caffè nero mi farà sicuramente bene.

Il locale è ovviamente pieno, a quell'ora del mattino gli studenti si affollano per fare colazione. È il classico posto universitario con scritte e immagini di sport sulle pareti bianche e tanti tavoli dove poter passare un po' di tempo tra una lezione e l'altra. Riesco ad ordinare grazie alla biondina che sta dietro al bancone blu notte, me la sono fatta qualche settimana fa, e per fortuna non rientra tra quelle che mi odiano.

Non appena ho il bicchiere in mano, le sorrido forzatamente e dopo averle fatto l'occhiolino, mi avvio verso il primo tavolo libero.

Mi butto sulla sedia e cerco di non pensare a niente, mentre soffio la bevanda scura bollente. Ed è così che mi trova Tom, come me frequenta medicina e quindi ha la mia stessa lezione.

"Ciao bello!"

Il suo tono è particolarmente allegro, ed è accompagnato da un sorriso smagliante, che mi da fastidio agli occhi, visto il mio umore nero. Lo osservo sedersi davanti a me nella sua camicia, azzurra, perfettamente stirata che indossa sopra dei jeans neri. Tiro su gli occhi con difficoltà e vedo il mio amico con tutti i suoi ricci neri particolarmente su di giri.

"Ciao a te."

Borbotto portando il bicchiere alle labbra. Noto qualcosa di strano nei suoi occhi marroni e il suo ghigno ne è una prova.

"Che ti prende?" Gli chiedo.

"Che mi prende?" Vedo il suo sorriso allargarsi talmente tanto da prendere tutto il viso.

"Già che ti prende?"

Gli domando nuovamente, mentre mi appoggio al tavolo con il gomito e ci poggio sopra la testa. Lo sento ridere di gusto e il suono mi infastidisce.

"Ascolta Tom, oggi non sono proprio in vene di chiacchere."

Gli butto lì, mentre noto diverse persone salutarmi e poi ridacchiare tra di loro.

"Ma che cavolo hanno tutti?" Parlo a Tom guardandomi intorno e indicando il resto degli studenti.

"Che ti lamenti. Sei il più figo della scuola, ci sei abituato alle attenzioni che ti dedicano." Mi risponde ovvio Tom, continuando con quel ghigno che mi da su i nervi.

Rifletto sulle sue parole, ma a me sembra che oggi siano tutti strani, compreso me ovviamente.

"Comunque, un buon motivo per tutte le attenzioni di oggi, potrebbe essere lo stupore per quello che è accaduto ieri..."

Finalmente si decide a dire qualcosa ma non capisco perché sta ammiccando. Lo guardo stralunato.

"Dai Jack, siamo amici mi puoi parlare di ieri, sembrava te la stessi proprio spassando, anzi ve la stavate spassando." Ed ecco che ammicca nuovamente. "Non puoi biasimare che oggi tutti parlino di voi."

Voi? Lo guardo e cerco di trattenere il nervosismo. Io e Tom siamo amici da molto tempo, praticamente dalla prima elementare, e non è certo colpa sua il fatto che oggi io non stia bene. Mi passo una mano sul viso e fisso i miei occhi nei suoi, vedo la sua espressione cambiare mentre legge le mie emozioni.

"Parlerei volentieri con te, se solo sapessi di che cazzo stai parlando."

Lo vedo appoggiarsi alla sedia come se lo avessi colpito. Il sorriso muore sulle sue labbra e lo sgomento si impossessa dei suoi occhi, che cazzo gli prende ora, mi chiedo, mentre continuo a fissarlo.

"Non capisco?" Mi chiede titubante.

"Se è per questo neanche io."

Gli confesso, facendomi prendere dallo sconforto.

"Che significa?"

Mi ripete sempre più sconvolto, stringo la tazza per evitare di dare in escandescenza, non sono un tipo violento, non mi lascio mai trasportare dalla rabbia, ma oggi devo dire che non mi sento molto me stesso.

Non dico niente, non so cosa dirgli, aspetto che sia lui a svelarmi qualche altro dettaglio di ieri sera.

Lui capisce che non ho nulla da dire e allora finalmente inizia a parlare.

"Ieri sera, ehm...."

Lo vedo in difficoltà e mi domando cosa sia potuto accadere di così sconvolgente da lasciare il mio logorroico amico Tom senza parole.

Me la prendo con me stesso, maledicendo l'alcol che ho mandato giù e che, evidentemente, non mi permette di ricordare una delle serate che resterà più impressa nella storia universitaria degli ultimi anni.

Incoraggio con lo sguardo Tom a continuare e lo vedo inghiottire con difficoltà, mentre poggia davanti ai miei occhi l'ultima edizione del giornalino universitario.

Ed ecco svelato tutto il mistero.

Ecco l'avvenimento della serata in bella vista in prima pagina.

Penso di non respirare più, anzi ne sono certo. Sento il mondo intorno a me girare. Afferro quei fogli di carta fra le mani e stringendoli li avvicino al mio viso.

Dopo un tempo che penso sia infinito per come mi sento, ho la forza di sussurrare

"Tom, io non ricordo un cazzo di ieri sera."

Arrendersi all'inevitabileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora