Capitolo 67

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Jack

Venerdì sera, mi aggiro nella mia stanza in cerca di cosa mettere come un leone intrappolato. Afferro un jeans e una felpa e li indosso in fretta è arrivato il momento che temevo, sto per andare da Jason glielo ho promesso e non posso deluderlo, anche se la voglia di restare a casa è tanta, ma credo che parlare con lui mi libererà di questa trappola in cui mi sento rinchiuso.

Non posso continuare così, non posso nascondermi da tutte le persone a cui voglio bene. Sono nervoso, preoccupato e non so forse deluso. Deluso da me stesso, è due settimane che non vivo più e quasi un mese che la mia vita è andata a farsi fottere.

Qualcuno potrebbe dire che è il periodo peggiore della mia vita, ma sarebbe comunque riduttivo e sbagliato allo stesso tempo, perché, nonostante, emotivamente è stato il peggiore, senza alcun dubbio, ho vissuto l'esperienza più esaltante e coinvolgente della mia vita, ho fatto l'amore con Bea.

Sospiro al ricordo di lei e prima che mi investano le immagini della nostra notte, mi do uno schiaffo mentalmente, non è il momento di commiserarmi e ora di andare, avrò tutta la notte per farlo da Jason.

Mi affretto per le scale, non mi va di incontrare i ragazzi pronti ad uscire per qualche festa, sono quasi alla porta quando sento Mike chiamarmi.

"Jack! Vieni stasera alla festa? Dai, non dire ancora no."

"Dai Mike, piantala, lascialo stare." Interviene Tom spintonandolo.

"Ma che gli prende? Non lo capisco. E' sempre stato il primo a far casino e ora sta chiuso in camera come un depresso del cazzo."

"Ma che cazzo dici Mike! Non hai altro da fare? Torna dagli altri." Tom gli risponde malamente arrabbiato.

Mike alza la mano arreso. "Okay, domani però verrai e ti presenterò una tipa che ti risveglierà, amico. E' una vera bomba. Una vera bomba." Mi parla compiaciuto.

"Io..." non riesco a dire nulla che lui mi zittisce.

"Non voglio scuse per domani, sarai dei nostri è la festa dell'anno e non si discute. Ora ti lascio in pace, ma domani ci tengo." Mi stringe un braccio sulle spalle in un quasi abbraccio, fissandomi intensamente, mi fa paura.

"Okay" mi decido a dire, non so se ci andrò veramente, ma che importa almeno Mike mi lascerà in pace. Quando vuole è davvero pesante, ha solo una cosa in testa e... non fare il santarellino. Ha in testa la stessa cosa che hai sempre avuto tu. Mi ricorda la mia coscienza in maniera assolutamente in appropriata, perché è la assoluta verità.

Sempre più nervoso decido di salutare Tom, velocemente, ho bisogno di uscire da questa casa.

"Ehi... aspetta, Jack, dove scappi? Davvero non vuoi venire stasera?" Tom mi segue, bloccandomi davanti la porta.

L'amicizia che mi lega a lui mi costringe a fermarmi. "No, Tom, non mi va. Lo sai che non ho proprio voglia di fare casino al momento." Sospiro infastidito, sperando che il discorso finisca presto, ma Tom non è dello stesso mio avviso ha altro da aggiungere.

"Magari... ci sarà anche lei e potrete chiarire" la speranza accompagna le sue parole.

So che, Tom, mi vuole bene e che nel pronunciare quelle parole non voleva farmi dal male, ma per me sono come un pugno. Chiarire... non ho niente da chiarire con lei.

"Scusa Tom, ma ora devo andare." Il discorso per me è chiuso, vedo la delusione nei suoi occhi, sperava in una reazione diversa da parte mia. Spera, ancora, che io e lei riusciamo a risolvere il problema. Povero amico mio, non sa che stronzo che sono.

"Va bene lasciamo stare. Ma per domani, sono d'accordo con Mike, tu verrai ad ogni costo. Non mi importa se te ne starai seduto in disparte o se ti ubriacherai fino a stare male. E' l'ultima serata in cui saremo tutti insieme prima della laurea, ed è giusto, nei nostri confronti, che venga anche tu."

Non sono abituato al Tom autoritario, solitamente è sempre amichevole e spensierato, forse per questo mi decido a dire: "ci penserò."

Così dicendo esco da casa e vado verso la mia auto, il sole è già tramontato e nell'aria si respira l'elettricità che accompagna il venerdì sera nei campus. Diversi ragazzi sono già in giro, tutti vestiti in tiro per rimorchiare. Inghiotto il blocco che sento alla gola, ma come posso essere cambiato così tanto in così poco tempo. Guardo incredulo il loro sorriso e non ricordo più da cosa sia generato. Cosa ci sia di confortante o di appagante nell'avere accanto uno sconosciuto per una sera. Cosa ti possa far sentire completo nel venire in un corpo qualunque.

Ho dimenticato quella sensazione di potenza. Del vecchio me è rimasto solo un guscio vuoto, le mie emozioni sono rimaste in lei quando ci siamo uniti.

Salgo velocemente in auto, mi passo le mani sul viso, per cancellare quei pensieri. Accendo e mi avvio verso casa di Jason.

Esco dal campus, non dovrò allontanarmi molto, casa del mio amico è piuttosto vicina, sarei potuto andare, anche, a piedi ma non mi andava di stare in giro di notte. Lungo la strada incontro un minimarket. Mi fermo a prendere le birre che gli avevo promesso, forse esagero un po', con le quantità, ma penso che ne avremo bisogno, io sicuramente.

Torno in auto e in quel breve tragitto rifletto su cosa dirgli; su come iniziare; fino a che punto confessare; se essere totalmente sincero. Sento stringermi il cuore, perché so che perderò anche lui, alla fine della storia e forse anche qualcos'altro, visto che mi castrerà.

Sospiro frustrato, una sera, solo una sera, di tre settimane fa, mi sono lasciato andare e mi ritrovo in questa situazione del cazzo.

Ecco sono arrivato, la palazzina di tre piani, bianca, in stile moderno sti staglia davanti a me, riesco a posteggiare sotto casa e come un condannato mi avvio al patibolo.

Suono il campanello e il portone si apre subito, non ha neanche chiesto chi fossi. Con mano tremante lo spingo e mi avvio titubante al terzo piano con le birre in una mano, e con il mio fardello e il mio cuore nell'altra.

Ad ogni passo, verso Jason, sento nascere in fondo al mio cuore una speranza. La speranza che lui riesca, davvero, ad aiutarmi. Perché non ce la faccio più... sto affogando.

Arrendersi all'inevitabileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora