Capitolo 31

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Ero intenta a bere la mia tazza di caffè fumante quando il suono insistente del campanello mi fece sobbalzare.

Chi poteva mai essere il pazzo che alle sei di mattina si presentava a casa facendo tutto questo baccano?

Mi sollevai dallo sgabello dirigendomi a passo lento e cadenzato verso la porta. Erano due giorni ormai che non riuscivo a chiudere occhio e l'unica cosa su cui potevo fare affidamento era una sana dose di caffeina che assumevo a intervalli regolari nel corso della giornata. Camminavo come uno zombie, le occhiaie evidenti sotto gli occhi mi facevano apparire smunta e la pelle diafana non aiutava.

I pensieri erano tanti, troppi. E fermarli mi sembrava impossibile. Erano sempre lì, pronti a ricordarmi che avrei dovuto affrontare la realtà molto prima di quanto desiderassi veramente e di quanto fossi effettivamente pronta.

"Diavolo, sto arrivando" brontolai irritata cercando di aumentare un po' il passo da zombie prima che Emily riuscisse a percepire il baccano e si svegliasse di mal umore.

Stanotte è rientrata alle tre e mezza causa turno al Golden. L'ho sentita perché ovviamente ero sveglia...quindi l'ultima cosa che vorrei è che si svegliasse con sole tre ore di sonno sulle spalle e un cipiglio irritato in più sulla fronte. Basto io come coinquilina isterica e instabile in questo momento.

Spalanco di botto la porta pronta a inveire sull'ennesimo postino, o chicchessia, ma la mia bocca rimane aperta a formare una perfetta O bloccando in gola il flusso dei suoni che stavo per proferire

"Dylan..." biascico scioccata

L'ho evitato come si evita la peste, come si evitano i pranzi di lavoro e tutto ciò che può essere irritante per l'essere umano comune.

Dopo la visita dalla Robins ho risposto ad un paio di suoi messaggi, per poi sparire del tutto. Ho chiamato Brian e gli ho chiesto altri due giorni di riposo fingendo di essermi ammalata. Il tutto ovviamente dopo essermi accertata che tutti stessero bene e che non ci fosse bisogno di un mio immediato intervento.

Riesco a sentire il mio cellulare,posto nella tasca del pantalone da ginnastica che ho addosso, bruciarmi al pensiero delle numerose telefonate e messaggi senza risposta che il ragazzo di fronte a me ha effettuato nelle ultime 48 ore

Dal canto suo, Dylan mi fissa dall'alto del suo metro e novanta abbondante, in un'espressione rigida e glaciale. I suoi occhi sono in contrasto con la sua espressione, perché riesco a percepire le fiamme che ardono al loro interno. Mi sta bruciando e freddando allo stesso tempo, e credo di non essermi mai sentita così insicura e priva di forze come in questo momento, in piedi, di fronte all'unico ragazzo in grado di farmi essere me stessa al 100%.

Dylan non proferisce parola nemmeno dopo che ho vagato con lo sguardo sul suo corpo statuario fasciato da un paio di pantaloni da jogging e una maglietta nera a maniche corte che gli evidenziano i muscoli tesi e gonfi delle braccia e del petto

Chiudo la bocca ricordandomi improvvisamente dell'espressione imbarazzante che devo avere, in piedi sull'uscio di casa mia, con di fronte tutto ciò che desidero con ogni fibra del mio corpo e che non posso avere.

Il maggiore fa un passo avanti a cui ne segue un secondo. Lo seguo con lo sguardo ritrovandomi a piegare la testa per poterlo osservare e comprendere quale sarà la sua prossima mossa, che imprevedibile com'è, non riuscirò ad indovinare.

Infatti mi sorpassa entrando in casa, non prima però, di avermi dato una spallata che al contrario delle mie nei suoi confronti, sortisce l'effetto desiderato, facendomi retrocedere di tre passi abbondanti, al punto da non riuscire a mantenere la mano ferma intorno alla maniglia della porta da cui sono costretta a staccarmi.

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