Capitolo 23

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Dylan senza suonare il campanello, mi prende per mano e abbassando la maniglia della porta di casa di Andrew, ci fa entrare

Un alone di fumo si eleva di fronte a noi provocandomi dei colpetti di tosse che non passano inosservati al mio accompagnatore che mi lancia un'occhiata di scuse con un cipiglio infastidito

Tre omoni ben piazzati invadono la mia visuale e si lanciano a capofitto su un Dylan alquanto rigido e poco incline a invasioni non ricercate.
Il primo alla sinistra è alto, muscoloso, ha i capelli corvini e gli occhi del medesimo colore dei capelli; quello in centro ha i capelli color carota, una pelle diafana costellata di lentiggini; ed infine proprio di fronte a me c'è un ragazzo moro dagli occhi verdi e la cosa che più mi sconvolge è lo sguardo duro e severo che tiene fisso su Dylan.

"Guarda chi si rivede! Il bel Dyl...hai parcheggiato la tua divisa da militaretto?" è il rosso a parlare per primo dando a Dylan una pacca sulla spalla dalla quale il maggiore si scosta con una grazia e maestria da veri professionisti

Lo guardo con la coda dell'occhio in tutta la sua bellezza con uno smoking blu notte ed una camicia bianca intatta che ho avuto l'onore di allacciargli tra un'effusione e l'altra.

Ha le labbra in una linea dura e lo sguardo è di fuoco. Persino più severo di quando ci siamo conosciuti, più duro di tutte le discussioni che abbiamo avuto. È davvero incazzato e capisco quanto si stia trattenendo quando mi esce una smorfia di sofferenza per la stretta che mi da alla mano che tiene ancora saldamente ancorata alla sua.

Mi volto per dare attenzione ai tre soggetti ed in particolare modo al rosso che ha osato affibbiargli il nomignolo chiaramente dispregiativo di militaretto

"Beh vedila così Red...io sono maggiore, tu sei finito agli uffici. Dovresti persino ringraziare di avere ancora un lavoro" Dylan mette su un sorrisino sghembo mentre si rivolge a quello che scopro chiamarsi per sventura Red.

Mi viene quasi da scoppiargli a ridere in faccia: insomma i suoi genitori dovevano volergli davvero male per chiamarlo Red.

Prendo a fare a Dylan carezze lievi col pollice sulla sua mano intrecciata alla mia per cercare di farlo rimanere al suo posto e per ricordargli che io ci sono e che sono proprio lì a fianco a lui.

È un fascio di nervi ed è evidente che l'ultima cosa che avrebbe voluto stasera fosse quella di imbattersi in questi tre.

Red dal canto suo, dopo la stilettata inflitta dal maggiore si toglie quel sorriso da Idiota e torna a farsi serio schiarendosi la gola a disagio

Colpito e affondato mi ritrovo a pensare mentre passo in rassegna i tre uomini

Il ragazzo cupo dagli occhi verdi continua a fissare Dylan con astio mentre viene ignorato categoricamente da questo.

All'improvviso i suoi occhi si spostano, per l'esattezza prendono a fissare me con una serietà inquietante cosa che mi fa sussultare impercettibilmente

Ma a quanto pare non devo essere stata poi così tanto discreta perché il ragazzo inclina la testa continuando a guardarmi adesso, con maggiore interesse.

Dylan deve percepire un mio disagio perché si volta di scatto strattonandomi per riavere la mia attenzione, ma sono troppo concentrata a ricambiare lo sguardo invadente del ragazzo di fronte a me.

Postura rigida, braccia conserte e sguardo duro che possono essere tradotti in un chiaro segno di rabbia, nervosismo, chiusura totale verso le persone di fronte a lui ed infine riesco a scorgere persino una nota di malsana curiosità.

"Qual è il tuo nome?" Sussulto nuovamente quando la sua voce baritonale e profonda mi giunge chiara alle orecchie

I soggetti come lui solitamente sono quelli che osservano meticolosamente in silenzio e che non si espongono mai; perciò rimango alquanto stupita da questa sua iniziativa

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