Capitolo 46

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La mente umana è grande, a tal punto da essere comprata all'infinito. È quotidianità, accettazione, arrendevolezza, consapevolezza, disperazione, felicità...eppure non sempre siamo in grado di intendere e intenderci a fondo. Non siamo capaci di capire cosa stiamo facendo, quali sono i moti che ci spingono a comportarci in un determinato modo piuttosto che un altro, né tantomeno siamo in grado di sapere se stiamo facendo la cosa giusta e dove questa ci porterà a lungo termine.

La mente umana è infinita perché è impossibile decifrarne la sua totalità, è e resterà sempre il più grande mistero della vita.

La psicologia in parte ha aiutato l'uomo a comprendere la psiche umana, eppure nonostante il lavoro dei professionisti sia quello di capire e aiutare a capire ciò che c'è nella parte più recondita e profonda della mente del paziente, non si riesce mai a raggiungere il 100% delle capacità cognitive. Resterà sempre qualcosa di incompleto e incompreso al quale neppure noi sapremo dare una risposta concreta, o una cura efficace.

"Drew...Sono due settimane che andiamo avanti a silenzi, alternati a parole dette a mezza bocca. Io voglio aiutarti ma tu devi darmene modo,soprattutto visto che sei stato tu a richiedermi di fare questa cosa"

Da due settimane Andrew viene a casa mia, si accomoda nel mio studio, si guarda intorno, successivamente osserva la foto che ritrae me ed Emily il giorno della mia laurea e da quel momento non proferisce più parola. Risponde solo a domande che gli pongo direttamente, ma a monosillabi, e non sfoga nulla. Il viso è inespressivo, anche se spesso spunta un cipiglio quando acuisce la vista sulla foto

La mia voce deve giungergli esausta e al limite, perché finalmente posa i suoi occhi blu sulla mia figura osservandomi con attenzione e leggermente spaesato.

Ho notato che si isola spesso, e a confermarmelo è stato anche Dylan il quale sembra ogni giorno più preoccupato dello stato psicologico del cugino.

Non è un momento facile per nessuno di noi, la mancanza di Emily si fa sentire con estrema prepotenza. E nonostante io la senta tutti i giorni e comunichi anche con la Robbins, da cui giungono notizie positive, vivere con la sua assenza è qualcosa con cui nessuno di noi riesce a convivere.

Andrew mi osserva ancora, sbattendo solo le palpebre in un gesto inconsulto, così decido di chiudere il mio taccuino con un sospiro esasperato e di sporgermi sulla scrivania per cercare di fargli sentire la mia vicinanza

"Perché non mi parli di Dylan?" provo con un approccio diverso

"Cosa vuoi che ti dica che già non sai?"

Sorrido appena quando lo sento pronunciarsi con una frase articolata e più lunga del "si", "no", "credo"

"Dimmi qualcosa che non so o anche qualcosa che so, ma che ti fa sentire bene quando ci pensi"

Andrew mi guarda confuso per cui cerco di spiegarmi meglio

"Dimmi un ricordo che ti sovviene alla mente quando senti di sprofondare che ti aiuta a rimanere in superficie. Un ricordo a cui ti aggrappi e che ti salva nei momenti di tristezza"

"Come fai a sapere che questo ricordo sia associato a Dylan?"

Sorrido e sollevo le spalle accompagnando in aria anche le mani

"Chiamala saggezza o esperienza"

Scuotendo la testa Andrew accenna ad un sorriso sincero, seppur appena accennato, che fa si che il cuore mi si gonfi di affetto

Quel sorriso accennato non lo toglie neppure quando solleva gli occhi sul soffitto in un momento di meditazione, probabilmente nell'intento di riavvolgere il nastro dei suoi pensieri e riuscire a trovare proprio la parte che gli interessa e che vuole raccontarmi

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