Capitolo 50

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Il buio mi avvolge come il lenzuolo nero che mi copre appena le forme nude al di sotto di esso.

Il mio sguardo è rivolto al soffitto su cui si riflettono le luci provenienti dai lampioni posti fuori dalla finestra della camera dell'appartamento di Dylan e che immagino a illuminare la strada deserta

Inspiro silenziosamente mentre la testa prende a vorticare di pensieri confusi e implacabili che non riesco ad arrestare da giorni ormai.

L'attimo successivo allo sconcerto dovuto alla notizia dell'imminente partenza di Dylan ho provato ad alzarmi e attraversare il quartier generale per raggiungere l'ufficio di mio padre, ma Dylan intuite le mie intenzioni mi ha bloccata, impedendomi di fare anche un solo passo.

Ho provato a ribellarmi, ho scalciato e urlato sotto gli occhi del maggiore e di Aston rimasto attonito di fronte alle improvvise successioni di eventi a cui ha dovuto far fronte, ma nulla è servito per smuovere Dylan dalla sua idea.

Questa è una cosa sua e io non devo avere voce in capitolo, non con mio padre per lo meno

Sono arrabbiata con lui, anzi furiosa. Oltre a non darmi modo di oppormi neppure lui fa nulla per negarsi ad un destino già scritto che sembra accettare di buon grado

Quelle poche volte che riesco ad aprire il discorso e a farlo parlare mi dice solo che questo è il suo lavoro, e sottostare agli ordini del suo superiore fa parte del pacchetto. Anche se questo significa andare a morire in Afghanistan.

Mi ripete costantemente che la devo smettere di associare le missioni alla sua morte imminente perché è già tornato, è sempre tornato...e allora perché io non riesco a togliermi il peso che mi schiaccia lo sterno e che mi blocca le vie respiratorie e mi fa rallentare i battiti del cuore facendomi a volte credere di non sentirne più la vitalità?

Vitalità...ecco cosa sento sfiorire dentro di me per tentare di sfuggirmi e uscirmi dal corpo per non farvi più ritorno

Volto la testa alla mia destra lasciando che metà viso affondi nel cuscino e che l'altra metà rimanga esposta proprio come la mia anima afflitta e volubile

Osservo l'uomo accanto a me sopito e nudo proprio come me e con il viso quasi rilassato se non fosse per il leggero cipiglio sempre persistente ad increspargli l'espressione

Sesso...ecco come sta cercando di farmi superare la sua imminente assenza

Facciamo sesso, tanto sesso...sempre sesso. Così tanto che ormai non ricordo neppure più l'ultima volta in cui abbiamo parlato seriamente e in maniera continuata per più di 15 minuti

Io inizio a parlare, lui mi risponde monosillabico per qualche minuto giusto per darmi il contentino, poi si avventa su di me come un lupo affamato e mi divora per davvero...e io cedo perché lo amo, perché non so dirgli di no e non so porre veti tra di noi. Lui ha in mano la situazione ora, mi plasma e mi modella a suo piacimento e a cosa servirebbe elevarmi a super donna in questo momento? Otterrei davvero l'attenzione di chi ha chiuso occhi e orecchie e non vuole vedere e sentire ragioni alcune?

Sono rotta...siamo rotti e non c'è niente che possa sistemare la situazione, neppure il nostro amore.

Lo guardo ogni volta come se fosse la prima. Ogni volta torno indietro con la mente alla sera al Golden quando mi sono avvicinata a lui, torno al suo sguardo glaciale e tagliente, alle sue risposte affilate come artigli in grado di affondarti nella carne senza lasciarti via di fuga. Torno al nostro primo bacio, alla serata cinese, alla prima volta che abbiamo fatto l'amore, a quando l'ho lasciato ma continuavo ad accrescere il sentimento che sopprimevo dentro di me tentando di placarlo fino ad arrendermi allo stesso. Torno al primo ti amo. E nonostante tutto non riesco proprio a trovare la pace. La mia mente è annebbiata dalla negatività e dalla rabbia. Sono in guerra con me stessa, con ciò che è dovuto, con lui e con mio padre.

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