• 𝓘𝓷𝓼𝓽𝓪𝓷𝓽 𝓛𝓸𝓿𝓮.
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• 𝓛𝓖𝓑𝓣𝓠𝓘𝓐+.
Parte 1.
"«Perché io e te siamo così?!»
«Perché non riusciamo ad essere nient'altro che questo, un tentatore e la tentata, sua stessa tentazione, Edith.»"
Dante Aleja...
Non sapevo se ridere di lei o piangere per me; ma di una cosa ero certo: la ragazzina avrebbe dato spettacolo di sé più delle altre estranee sul palco. Era raro, quasi inusuale, che una donna tanto timida stesse al gioco, ma quando accadeva, gli animi si infiammavano. E non vedevo l’ora.
La vidi avviarsi con gesti meccanici in direzione della panna spray, lenta rispetto alle altre poche elette, quasi contro voglia. L’espressione imbarazzata, nascosta solo in parte dal berretto poliziesco, ed i lunghi capelli a contornarle quel viso da bimba, che non riuscivo a fare a meno di fissare, erano solo due delle molteplici barriere, innalzate per estraniarsi dalla situazione.
Recuperata “l’arma” designata, la osservai - sempre più divertito - armeggiarci con difficoltà e più del dovuto, per stappare il tappo dalla bomboletta, ritornare alla propria postazione, e fingere d’essere a proprio agio. Il marasma chiassoso delle clienti la incitava e incoraggiava, impietosito. L'inizio delle note di Go fuck yourself di Two Feet si diffuse ben presto in tutta la sala.
“Fucked and drank all night”.
Trombato e bevuto tutta la notte.
“Acted all alright”.
È andato tutto bene.
“Had no need to fight tonight, tonight”.
Non ho dovuto lottare stanotte, stanotte.
L’espressione di panico era del tutto comica in una situazione simile. Risi silenziosamente sotto il passamontagna bianco. Era adorabile.
«Tutte pronte a incominciare a montarci?», invitò Cupido col suo modo di fare, accattivante per le donne e divertente per me.
Tutte le secondine annuirono vogliose. Tutte tranne la mia, che scosse piano la testa, avvilita dalla piega - per lei - sfavorevole.
Non riuscii a trattenermi oltre. Scoppiai a ridere, attirando così la sua attenzione. Quegli occhi blu oltremare indugiarono sui miei, diaspro, e vi lessi all’interno tutto il turbamento che provava.
Un moto di tenerezza mi pervase il torace. Forse era davvero troppo piccola per godere i privilegi di un club esclusivo.
¿Qué pasa mi niña?
Cosa succede bambina mia?
Avrei voluto chiederle, ma dubitavo che sarebbe riuscita a udire la mia voce.
All’improvviso una donna platinata si erse dalla massa, alle spalle della mia controparte, e la spintonò contro di me. «Togligli il cappuccio che vogliamo vederlo in faccia!», le ordinò. La donna in questione, somigliava spaventosamente al personaggio di Bernadette in Big Bang Theory, lasciandomi alquanto interdetto.
Spostai lo sguardo dalla sconosciuta alla niña, che si limitò a ubbidire, scoprendomi il volto e liberandomi finalmente dal passamontagna. Il tessuto pesante non era dedito ai giochi scelti.
Lei rimase a guardarmi, squadrandomi il viso per un attimo che parve infinito. Forse accortasi dei miei tratti cileni.
“Play these little games”.
Gioca a questi piccoli giochi.
“Acting all okay today, today”.
Mi comporto come se andasse tutto bene oggi, oggi.
Canticchiai, invogliandola a farmi tutto ciò che volesse.
«Adesso spruzzagli la panna addosso!» gridò ancora la “Bernadette” di prima, inghiottita ancora una volta dal pubblico che l’aveva disputata, sollevandola da terra, poc’anzi.
Alzai il capo, esponendole il pomo d’adamo e rincarando in questo modo fischi di apprezzamento e strilli isterici. Tutto senza mai smettere di fissarla. Dopo una lunga esitazione, la secondina seguì il mio consiglio implicito, spruzzando la soffice e tiepida panna montata nell’incavo del mio collo.
«Monta anche lui adesso!» tuonò un’altra, forse l’amica di Bernadette, “Amy”, intanto che la folla echeggiava, esaltata, la proposta.
Il gioco di luci rosse e blu creava sfumature violacee fra di noi, rendendoci statici, eppure, intravidi il tremore delle spalle della ragazza dinnanzi a me, impaurita dagli sguardi bramosi dell’estranee.
«Non fare così, non lasciare che la paura ti blocchi», provai a sovrastare il frastuono. Dubitavo che fosse riuscita ad ascoltarmi, ma incredibilmente, lei tornò a guardarmi e quasi trattenni il respiro quando mi salì in groppa. Incredulo, le esposi ancora una volta il mio collo e le lasciai libero accesso. Fra fischi e grida di giubilo, percepii la sua lingua, calda ed umida, sulla pelle. Chiusi gli occhi, godendomi la sensazione che mi donava.
Oh sì.
Il busto, addossato al mio, e il profumo della sua chioma scura, che inalavo a ogni respiro, erano afrodisiaci naturali. La cosa peggiore, nel mio lavoro, era il non doversi eccitare; bisognava solo recitarne la parte. Ma con lei, mi risultò alquanto difficile trattenermi. E non conoscevo neanche il nome.
Le sue mani, aggrappate alle mie spalle, le avrei volute sentire altrove.
Contrariato da me stesso, mi morsi l’interno della guancia sinistra per punirmi di quei pensieri indecenti.
“Mai confondere il piacere col dovere”, rammentai.
E fu allora che accadde. Le luci si spensero di colpo e la canzone si stoppò bruscamente. Ma che cazz...?!
Questo, non faceva parte dello spettacolo.
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*Angolino dell'Autrice*
Raga non ci credo ma ce l'ho fatta! <3
*Strano, ma vero, esiste la risata silenziosa, grazie ancora _AmandaMay 🧡😂 giuro, non ci credevo. Sì, io sono l'unica sfigata che non sa ridere silenziosamente. La mia risata è oscena...
Cosa ne pensate di questo capitolo? Finale tragico, caz**!