• 𝓘𝓷𝓼𝓽𝓪𝓷𝓽 𝓛𝓸𝓿𝓮.
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• 𝓛𝓖𝓑𝓣𝓠𝓘𝓐+.
Parte 1.
"«Perché io e te siamo così?!»
«Perché non riusciamo ad essere nient'altro che questo, un tentatore e la tentata, sua stessa tentazione, Edith.»"
Dante Aleja...
Seguendo le indicazioni di Google Maps sul mio cellulare, mi trovai in uno dei quartieri residenziali più ricchi di Milano e che non fosse il centro storico della città. Situato in periferia, non mi ci volle molto a raggiungerlo, ma rimasi alquanto esterefatta di dove fossi finita.
Ville moderne e giardini curati allo stremo, schierati ai miei fianchi, facevano sfoggio di piscine e gazebi deserti. Auto di lusso, parcheggiate in bella vista e moto costose, dalla carrozzeria scintillante, valorizzavano il paesaggio urbano e degno dello sfondo pubblicitario Mulino bianco.
Camminavo al centro esatto della strada asfaltata, priva di buche e crepe di ogni sorta, accompagnando il manubrio della mia fedele bicicletta decennale.
Devo essermi persa...
Osservai di nuovo la mappa sul display. Indicava il punto di arrivo. Alzai il capo, alquanto titubante, e mi trovai difronte all'ennesima villetta a schiera, bianca e con tanto di giardino. Una di quelle dalle vetrate enormi e trasparenti, in cui si poteva scorgere l'interno.
Devo essermi persa sicuramente...
Tornai a leggere il messaggio ancora una volta, agitandomi un poco.
Forse è meglio se chiedo indicazioni a qualcuno...
Mi guardai attorno ancora una volta, finché...
«Ciao, Edith.».
Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva. A volte ero proprio imbranata.
Alzai il viso di scatto, trovando il giovane spogliarellista appollaiato sul balcone ed a salutarmi con la mano destra ben aperta. I capelli scompigliati, lo sguardo assonnato... e senza maglietta.
Sgranai gli occhi ed arrossii per l'imbarazzo, ricambiando il cenno timidamente.
No, non avevo sbagliato civico.
«Sei arrivato a destinazione.» comunicò a quel punto il mio cellulare.
Lo so, Google. Lo so.
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***
«Hai avuto difficoltà a raggiungermi?» mi domandò lui dopo avermi aperto la porta.
I pantaloni della tuta grigia che indossava, aderivano ben sotto il bacino, mostrando il triangolo addominale. Distolsi lo sguardo, accaldata e vergognandomi come se fossi stata una ladra.
Parcheggiai con non poche difficoltà la mia graziella azzurro Tiffany, accanto ad un'Audi A3 Sedan colore perla e una moto Suzuki GSX nera.
Respiravo a fatica e temevo che giungesse un attacco di panico improvviso...
Mi accomodai esitante all'interno dell'abitazione, stringendomi il busto con entrambe le braccia e ammirando l'arredo di quel posto per distrarmi dalla vista del proprietario.