Capitolo 10
Telefonata inattesaDANTE
«È la prima volta che delle ragazze ci invitano nella loro abitazione per un’apericena e non per uno spogliarello. Fico, no?», chiese Samir, accomodatosi dietro di me nel SUV nero di Al. Chiuse la portiera, proteggendo il vassoio di dolci che imbracciava.
Alzai gli occhi al cielo, seduto a lato del passeggero, mentre Thor azionava l’accensione del motore al mio fianco. Bollywood era sempre il solito.
«Questo perché non ne frequenti nessuna», scherzarono Liam e Nico all’unisono, seduti ai fianchi del pachistano.
La macchina a cinque posti, si rivelò essere uno spazio molto angusto per il povero Samir: «Piantatela voi due, vorrei godermi la tranquillità del viaggio con una leggera musica di sottofondo», intervenne lui con quel suo buffo accento indiano.
Sorrisi, fingendo d’essere molto concentrato ad ammirare il paesaggio urbano scorrermi davanti al viso. La giornata era bellissima, e priva di foschia.
«Musica leggera?! Certo che sei strano, Bollywood», rise di gusto Cupido.
Non potevo dargli torto.
«Insomma, finitela!», disse con esasperazione.
Povero Samir, pensai ridacchiando.
***
Arrivammo al palazzo indicato con moderato anticipo. Il viaggio fu interminabile e non molto corto, ma con tutta probabilità dipese dal fatto che non vedessi l’ora di rivedere lei.
Ascoltare la cadenza melodica della voce era un qualcosa di soave e rilassante. Un miscuglio di goduria e voluttà. Non m’importava cosa rivelasse purché lo esprimesse a parole. E poi c’erano i suoi occhi. I suoi bellissimi occhioni blu oltremare. Mi bastava guardarli per perdermi nelle infinite profondità degli abissi. E che dire del sedere? Malgrado il seno piccolo, trovavo il suo fondoschiena l’ottava meraviglia del mondo. Timida allo stremo e con una personalità ingenua quanto dolce, si dimostrava un piccolo tesoro.
L’edificio, in stile liberty, si stavagliava contro il cielo, imporporato dal tardo tramonto che ne bagnava le mura. Art Nouveau milanese, grazioso. Lo stile floreale si addiceva molto al quartiere. «Micol, la sorella di Edith, ti ha scritto a che piano abitano?», domandai ad Alex, contando i piani.
Cinque.
Quando non ricevetti risposta, mi voltai verso di lui con aria interrogativa. Lo adocchiai intento a guardare il cellulare e ridere. Sbuffai: «Thor, smettila di flirtare con lei per messaggio, lo potrai fare benissimo dal vivo», lo canzonai.
Lui si bloccò, arrossendo come un adolescente alle prime cotte; solo in un secondo momento si schiarì la voce, blaterando il numero tre.
Le ragazze ci accolsero con grandi sorrisi e accettando di buon grado i pasticcini. Tutte eccetto lei.
Inarcai un sopracciglio scuro, guardandomi attorno assai confuso. Dov’era la mia niña hermosa?
L’ingresso, collegato al salone, era d’un candore luminoso e accogliente, carico di quadretti e graziose foto di famiglia. Mi concentrai sui ritratti della più piccola di casa, escludendo il resto. Una graziosa ragazzina minuta, dal sorriso sghembo e lo sguardo sfuggente dall’obiettivo, compariva in diverse pose. Deliziosa da piccola e deliziosa anche adesso. Osservai con accuratezza una fotografia in angolo, ignorando la conversazione degli altri. Accennai un sorriso quando notai alcuni nei trapuntare le gote della piccola Edith. Gli stessi che possedeva ancora oggi.
«Dante, vorresti assaggiare una tartina?», mi distrasse Noemi, la ragazza dal cuore infranto.
Volsi l’attenzione su di lei, trovandola meno lloróna del solito.
Piagnona.
Declinai l’invito: «Magari più tardi, grazie. Sai per caso dove sia finita la mia timida compagna di panna spray?», chiesi, fingendo non troppo interesse.
Emy era una ragazza magrolina, dalla carnagione esangue e una chioma cotonata allo stremo. Mi fissò per un lungo istante, interdetta se svelarmi o meno l’arcano mistero.
Alla fine cedette ai miei occhioni da cucciolo e mi indicò il corridoio che conduceva alla zona notte: «È in camera sua ed è un po’ nervosa», bisbigliò, ma la padrona di casa dovette sentirla perché aggiunse qualcos’altro.
«Ormai sono venti minuti che è sparita. Non può evitare la gente per sempre!», sospirò spazientita.
Quindi era un’abitudine.
«Vado a calmarla io», rassicurai a bassa voce, soddisfatto della soffiata ricevuta.
Bussai all’unica porta chiusa dell’appartamento: «Edith, è tutto a posto? Stai scegliendo cosa indossare da mezz’ora ormai e tua sorella si sta preoccupando», inventai.
«A-Adesso arrivo...», balbettò agitata.
«Sicura? Dal tono non mi sembri stare bene...», ripresi. Chiuso fuori dal suo spazio privato, era quasi comico e bizzarro comunicare attraverso una porta chiusa. Solo quando l’aprì, la scorsi per bene.
Era bellissima, ovviamente, ma aveva perso colorito. Di questo passo le verrà un attacco di panico.
«Que pasa mi niña?», le bisbigliai, notando gli occhi ben serrati, strizzati nelle orbite.
L’unico modo che mi venne in mente per distrarla, fu quello di baciarla. Un tocco accennato, che sapeva di fragole e zucchero. Avrei voluto approfondire quel nostro contatto, chiudere di nuovo la porta e lasciare il mondo fuori; ma la suoneria del mio cellulare ruppe la gioia dei miei lombi.
Mi staccai dalla sua bocca con immensa fatica, afferrai l’iPhone dalla tasca posteriore dei jeans neri e risposi con un certo fastidio: «Pronto.».
Edith sembrava sotto shock.
«Quando torni da me? dobbiamo ancora concludere quel nostro gioco e a me manca il mio adorato compagno primario...». Il tono impigrito e lussurioso di Eva, stranamente mi irritò; o forse fu il fatto che la seconda padrona di casa riuscì ad ascoltare tutto.
Avrei dovuto controllare il nome sullo schermo.
*Angolino dell'Autrice*
BAM!
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Stripper Love | Parte 1
Romance• 𝓘𝓷𝓼𝓽𝓪𝓷𝓽 𝓛𝓸𝓿𝓮. • 𝓢𝓹𝓲𝓬𝔂. • 𝓟𝓸𝓵𝔂𝓪𝓶𝓸𝓻𝔂. • 𝓛𝓖𝓑𝓣𝓠𝓘𝓐+. Parte 1. "«Perché io e te siamo così?!» «Perché non riusciamo ad essere nient'altro che questo, un tentatore e la tentata, sua stessa tentazione, Edith.»" Dante Aleja...