Capitolo 35

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EDITH

Per paura si agisce,
per amore si rimedia.

Per paura si agisce, per amore si rimedia

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«Dov'è che sei?!». La voce di Micol si accentuò di un'ottava, grondante di collera e isteria. Incredibile come una sola singola frase cambiasse l'umore delle persone. Le parole avevano un potere su di noi.

Forse non era stata una buona idea chiamarla di punto in bianco.

Appena arrivata in aeroporto l'avevo contattata, avvisandola di non aspettarmi per pranzo - e per i prossimi giorni a venire -.

E tutto questo perché ero partita...

«In... una cittadina austriaca...» ripetei, meno convinta di prima, osservando con la coda dell'occhio il mio accompagnatore di viaggio. Dante ascoltava in silenzio, fissando un punto impreciso all'interno dell'androne e ignorando le strilla infuriate di mia sorella. Parve quasi un ragazzino corrucciato: l'espressione seria e le sopracciglia aggrottate, assorto in chissà quale ragionamento a me oscuro. A volte mi domandavo quanto fosse lontano malgrado la vicinanza. Quanto eravamo simili nelle nostre diversità?

«È uno scherzo?». Il tono inasprito di Micol mi riportò alla nostra conversazione, memore di guai fino al collo, mentre il frastuono generale del posto sovrastava la difficoltosa comunicazione.

«N-No, ti richiamo più tardi perché qui non riesco a sentirti con chiarezza.» tagliai corto, balbettando un poco.

«SEI TUTTA MATTA?!».

«Ciao Micky, a dopo.» chiusi la chiamata e spensi il cellulare, abbandonandolo nella tasca posteriore dei jeans. Più tardi avrei inviato un messaggio anche a Noemi per metterla al corrente dell'immenso casino in cui ero finita e accettando un buon consiglio... O una lapide con inciso il mio nome, ponderai preoccupata.

Bene così, Edith. Stai andando alla grande...

Mi sfuggii un sospiro rassegnato, vittima dell'inevitabilità del colpo di testa attuato. Cosa avevo che non andava?! Non avevo mai compiuto una pazzia simile. Gesta del genere: prendere un aereo di punto in bianco e partire per l'ignoto, li vedevo attuarsi solo nei film natalizi, da personaggi innamorati, trasmessi in seconda serata su canali impolari. Nella realtà, erano follie belle e buone.

«Tua sorella ti perdonerà.» confidò all'improvviso Dante, recuperando il piccolo trolley da viaggio senza degnarmi di un'occhiata.

Guardai le spalle ampie, soffermandomi sulla stazza e l'altezza. Oltre ad essere attraente a lavoro, lo era anche fuori. Corrugai le sopracciglia, incuriosita dalle sue parole: «Come fai ad esserne convinto?».

«Non lo sono. Queste scaramucce non rovineranno il vostro rapporto.» mi rassicurò, come se sapesse che sarebbe andato tutto bene alla fine, e si diresse all'uscita senza attendermi.

Rimasi immobile, ferma al mio posto e inchiodata ai miei timori: «E tu?» rinnovai, cogliendolo di sorpresa. «Tu mi perdonerai mai?».

«Muoviti Edith, ho fame.» si lamentò, voltandosi e incitandomi a seguirlo. Gli corsi dietro per stare al passo.

***

Klagenfurt era una deliziosa città, brulicante e animata, nata sulla sponda orientale del lago Wörthersee. Circodata da verde e alte montagne, su cui prosperava flora rigogliosa e fauna locale. Acque cristalline, su cui si specchiava un cielo azzurro e terso, lambivano le sponde verdeggianti e graziose palazzine. Non potevo che ammirare il panorama mentre mi stringevo le braccia al petto e provavo invano a non battere i denti. Ogni mio respiro, esalato appena, si condensava difronte al mio volto. Il clima rigido, di un inverno cessato da poco, non aiutava chi, come me, non fosse abbigliato adeguatamente alla stagione... O abituato alle rigide temperature di primavera. La giacchetta in jeans non mi avrebbe scaldata adeguatamente neanche volendo. Seduta s'una gelida panchina in pietra, e osservata a mia volta da statue mostruose - a forma di gargolla -, attendevo il mio giovane spogliarellista, intento a trafficare davanti ad un chiosco. Tenni a bada le ginocchia dalle ondate di tremiti che squassavano il corpo quando lo vidi arrivare con due strani Hot Dog giganti in mano. Me ne porse uno ed io lo ringraziai, ispezionandolo fra le mie. Era uno Würstel ambiguo, quello in mezzo al panino morbido, dal profumo speziato e ricoperto di salse. Non ero mai stata schizzinosa in fatto di pietanze e cibarie varie, perciò perché avrei dovuto cominciare adesso?

«Questo che assaggerai è un Bratwurst. Un piatto tipico tedesco. Qui, in Austria, hanno la loro versione, molto buona. Coraggio, fa un bel morso e provalo.» espose Dante, sedendosi accanto a me. Incoraggiata dalle sue parole, lo addentai, assaporandone la carne e il pane morbido, imbrattando la bocca di salsa e riempiendomi le guance di cibo. Lo udii ridere mentre mangiavo con gusto. La consistenza era simile alla Luganega, solo molto più aromatizzata. In quel breve attimo, composto da bocconi e sorrisi reciproci, mi sentii felice. Non mi importò dei guai in cui ero finita, dei nostri problemi e di dove fossimo diretti. Finché c'era lui, con me, stavo bene.

Più che bene.

«Che sbrodolina che sei, hai persino le guance sporche di senape e maionese.» ridacchiò. «Sei proprio una bimba.».

Sfarfallai le lunghe ciglia, colta dall'imbarazzo, e mi pulii con un fazzoletto alla bel meglio: «Scusa, ma era davvero buono. Sono ancora sporca?» gli mostrai le labbra, avvicinandomi al suo viso perché ispezionasse la zona.

Notai un luccichio nel fondo dello sguardo color cacao, ma non ebbi modo di soffermarmici oltre che indicò un punto impreciso all'angolo sinistro della bocca: «Sì, hai una macchia proprio... qui.» mormorò prima di passarci la lingua sopra e baciarmi.

Stripper Love | Parte 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora