Capitolo 30

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DANTE

Le lancette dell'orologio a parete, in cima all'immenso specchio - che rifletteva le nostre figure -, avanzavano inesorabili, scandendo il tempo

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Le lancette dell'orologio a parete, in cima all'immenso specchio - che rifletteva le nostre figure -, avanzavano inesorabili, scandendo il tempo.

Fuori di testa. Edith Costanza era completamente fuori di testa.

Era mezzogiorno passato di giovedì, ma i morsi della fame, con cui procrastinavo dalla sera precedente, non li sentivo più. Avevo mandato a puttane la palta* e il succo d'ananas...

Rimasi paralizzato. Immobile. Lo sguardo allucinato e le braccia stese lungo i fianchi nudi. La schiena rigida e la postura dritta, statuaria. Lei al contrario aveva assunto un atteggiamento furente, pendente in avanti, verso di me. In punta di piedi, provava a raggiungere l'altezza dei miei occhi - ma sapevamo entrambi che non ci sarebbe mai riuscita -. L'espressione contratta e il volto sempre più acceso dalla collera e dall'influenza. Perché qualsiasi parola uscisse dalla sua bocca, mi feriva? Perché dovevo darle tanta importanza?! Chiusi gli occhi e scossi il capo, contrito da ciò che provavo: «No, tu non diventerai mai una mia cliente.».

«Perché?! Se pratichi rapporti non esclusivi che ti importa se i partner che frequenti ti pagano o meno? L'hai detto tu stesso. È quello che sei...» sbottò la mia controparte, arrabbiata.

Lei. Lei era arrabbiata?! Come poteva essere tanto superficiale? Che diamine voleva da me?!

«Non ti piacerà...» affermai categorico e irremovibile. Mantenevo la calma, ma avrebbe avuto vita breve questa mia placida condizione.

Scrollò le spalle, sempre più inviperita: «Non mi piace nemmeno adesso.».

L'elettricità statica scorreva nelle mie vene per la tensione accumulatasi nei muscoli. Avevo voglia di prendere a pugni qualcosa... o qualcuno. «È la febbre che ti fa parlare in questo modo... Ti riporto a casa.» decisi, infine.

Pronto a imboccare l'uscita della mia camera da letto, lei mi bloccò: «Cosa?! Ma...».

«Niente Ma, maestrina del cazzo. Ti ho aiutata solo perché eri in difficoltà. Non ho cambiato idea e dopo questa tua uscita infelice, sono più che convinto che non dovremmo frequentarci. Ho preso un abbaglio quando ti ho conosciuta.».

Come la mettiamo adesso, Edith?

«Non solo sparisci nel nulla. Non solo vuoi dettare legge nella mia vita, nelle mie relazioni, ma pretendi persino l'esclusiva, parlando di sentimenti e amore, quando tu, l'amore, non sai nemmeno cosa sia...» ribadii ancora.

La vidi indietreggiare: «Smettila...» anelò, senza fiato, sgranando gli occhi sempre più lucidi.

Avanzai. Ero un tipo vendicativo e non mi piaceva che qualcuno si prendesse libertà che non gli avevo concesso: «Vuoi sapere perché sono diventato poliamoroso? Per non avere a che fare con persone come te...».

«Basta...». Le sue gracili spalle toccarono il muro.

«Bigotte, superficiali... Che con la loro ingenuità feriscono il prossimo senza ritegno.» spuntai, innervosito dalle lacrime che notavo sulle sue guance. Cosa piangeva a fare?!

«Ti ho detto smettila.» singhiozzò.

Le stetti addosso. Ero talmente vicino che potevo inspirarne il profumo dolciastro: «Con questo atteggiamento nessuno ti sceglierebbe. Io non ti sceglierei mai. Ecco perché Eva, Raissa e Fabian sono migliori di te, i miei amanti, mente tu... nessuno.».

Lo schiaffo sul mio zigomo sinistro risuonò per tutta la stanza. La guancia mi doleva, ma mai quanto il dolore causato dal mio discorso. «Vestiti. Ti riporto indietro.» confermai, mentre lei sbiancava per il gesto compiuto.

La lasciai sola, a piangere. Permetterle d'entrare nella mia vita s'era rivelato un errore al quale avrei rimediato molto presto. La violenza era una testimonianza del perdere il controllo che volevi infliggere sugli altri. Una cosa che non sopportavo. Con me, Edith Costantanza aveva perso tutto. Rispetto. Attrazione. Interessante.

***

Alla fine fu la sorella, Micol Costanza, a riportarla a casa. In quel momento io non volevo nemmeno vederla...

Fabian rincasò alle tre del pomeriggio, trovando la camera da letto, la nostra camera da letto, distrutta. La sera precedente aveva dormito sul divano, lasciando l'altra metà del letto alla piccola malata. Ingombro e sfatto, seduto al bordo del materasso e con la testa fra le mani, itravidi la sua ombra spalmata sul pavimento, fra le tende squarciate della finestra e la TV, a schermo piatto e in frantumi, sparsi in tutte le direzioni. Persino lo specchio non si era salvato.

«È andata male, eh?» ironizzò, guardando il caos che vigilava la stanza.

«Ha insinuato di amarmi.» mormorai, abbattuto.

«Ma come si sarà mai permessa...» celiò con sarcasmo, allentando il nodo alla cravatta.

Solo a quel punto gli rifilai un'occhiataccia: «Non è divertente.».

«Io non sto ridendo. Va avanti.» si appoggiò alla parete per ascoltarmi. Le mani nascoste nelle tasche dei vestiti eleganti.

«Mi ha chiesto prestazioni sessuali in cambio di denaro... e mi ha schiaffeggiato.». Non avevo voglia di spiegarmi. Mi limitai a massaggiarmi la guancia; ma non faceva più male.

«E tutto questo ti ha ferito, perché?» mi esortò a continuare, imperscrutabile. Insinuando sentimenti che io non provavo.

Qué chuca...

«Non incominciare anche tu.» lo liquidai, alzandomi dal mio posto. Affaticato dalla crisi isterica che mi aveva percosso le membra.

«Dico solo che forse dovresti aprirti con lei. E provare a fare sul serio con quella ragazza.» asserì, gelandomi il sangue nelle vene.

Rabbrividii: «Sul serio? Sono uno spogliarellista che si prostituisce, cazzo, Fabian. Anche tu, no. Che cazzo avete nella testa?! Non dirmi come vivere la mia vita!» sbottai, irritandomi.

Era tutta colpa di Edith.

«Non te l'ho imposto, Dante Alejandro Argenti; ma le persone che ci amano sperano sempre il meglio per noi. E se Edith ti provoca crisi del genere, è evidente che per te conti qualcosa...». Non aveva torto, ma nemmeno ragione.

Scossi il capo. Avevo bisogno di spegnere il cervello: «Sai, dovresti parlare di meno e baciarmi di più. Stanotte mi sei mancato».

E lui mi baciò.

*Angolino dell'Autrice*

*Palta: Avocado

È usanza in Sud America dare due nomi e due cognomi, ma visto che il padre di Dante è italiano (come si evince dal cognome) possiede solo due nomi.

Stripper Love | Parte 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora