Capitolo 37

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EDITH

Non si dovrebbe sognare ad occhi aperti. La realtà delle cose possiede fauci e artigli pronti a smebrarti quando si è svegli.

 La realtà delle cose possiede fauci e artigli pronti a smebrarti quando si è svegli

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Il sogno è l'azione dell'immaginazione nel sonno...” scrisse Aristotele, ma non predicò mai nulla sul: “sognare ad occhi aperti.”. Nessun filosofo o artista enunciò odi o poemi su quanto fosse corretto e giusto rifugiarsi nell'immaginazione da svegli. Arthur Schopenhauer ci andò vicino: “La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro: leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare.”. Eppure, l'irreale non era mai la scelta giusta da seguire; perché il solo criterio sicuro - per distinguere il sogno dalla realtà - era in verità quello del tutto empirico del risveglio.

E allora perché continuavo a rifugiarmici?

Preferivo il caldo abbraccio di quello che avrei voluto fosse piuttosto di quello che sarebbe stato? Probabilmente sì. D'altronde in psicologia l'evasione dalla realtà indicava un qualche disagio sociale dal quale voler scappare... E adesso, adesso avrei avuto il coraggio di restare?

L'aroma dei pini e la brezza pungente pizzicavano il naso mentre sostavo dinnanzi alla nostra destinazione. Il pallone, di un rosa shocking, sospeso su una colonna solitaria, recitava: “Wellcum. Wellnesshotel & erotic”.

Hotel benessere e erotico.

Osservai la sigla del bordello di lusso con un certo timore. In circostanze diverse mi sarei tenuta lontana da luoghi libertini come quello, ma... Spostai lo sguardo sulla schiena di Dante, a poca distanza diritto davanti a me. Se volevo provare a conoscere intimamente il giovane spogliarellista, avrei dovuto addentrarmi nel suo ambiente.

E il prezzo? Quale sarebbe stato il prezzo da pagare?

Lasciai che il sole, pallido chiarore, mi scaldasse le spalle intanto che gli altri due ballerini esotici mi salutavano da lontano. Ricambiai con rinnovata timidezza. Il loro imbarazzo era anche il mio, più che evidente sulle facce di ognuno.

Sicuramente non si aspettavano anche me con lui...

Chiusi gli occhi e lasciai che il freddo di aprile e il silenzio del primo pomeriggio fosse un connubio da godermi in solitudine. Inspirai a fondo, rilassando le spalle e riempiendo i polmoni di rinnovato ossigeno. Non ero mai stata tanto lontano da casa... e da me stessa. Dai miei ideali, dalle mie abitudini e dagli insegnanti che avevo appreso con tanta diligenza. E se tutto questo fosse stato un grosso sbaglio?

E se dovessi pentirmene?

«Tutto bene, Edith?» la chiarezza della voce, postami una domanda, mi riportò al presente. Al qui e adesso.

Svelai lo sguardo, perdendomi in quello di Dante. Senza accorgermene, s'era avvicinato al punto che riuscissi a delineargli i tratti del volto, mettendolo a fuoco. Sorrisi appena: «Sì, ero solo...» evitai di guardarlo, tacendo per qualche istante di troppo. «...sovrappensiero.» aggiungi alla fine. Il silenzio, impalpabile fiato di un attimo rubato, aveva un certo peso da tollerare fra le punte dei nostri nasi. A volte, il battito del mio cuore colmava il suono delle parole che non pronunciavo. Altre, lasciavo che queste potesse leggerle, impresse sul mio viso. Mi soffermai ad ammirare l'incarnato caffé latte, esso risaltava sotto i raggi del sole, svelandone le origini latine. Invaghirsi di lui era stato talmente facile, che non riuscii a delineare con precisione il quando accadde. Come si poteva non restarne affascinati? Era la personificazione del sole e della luna. Il Dio della mia venerazione ed io, la sua Creatura.

Lui annuì, affermando qualcosa a sé stesso e un ciuffo ribelle gli ricadde sulla fronte: «Sarà il caso di riposare prima di stasera.» mi riferì, atono e impassibile, senza alcuna espressività e ritornando dai due ragazzi. Io lo seguii subito dopo nella speranza di aver fatto la scelta giusta.

***

L'interno del locale non rispecchiava affatto l'esterno e a onor del vero, non era molto diverso dall'arredo del Bianco. L'atmosfera intima, si percepiva dalle luci soffuse e dalle illuminazioni a LED colorate di rosa shocking. L'odore che vi si respirava, malgrado l'assenza di pubblico, fu di pelle, profumo di donna, aroma di sigari cubani e scotch whisky invecchiato. In ogni sala, ampia e cupa, c'era un angolo bar, con ogni sorta di liquore possibile. Un'infinità di specchi e divanetti color pastello, posti ad al centro, assieme a pali da pole dance. L'arredo era minimalista, ma molto elegante, quasi raffinato.

Perché il rosa?

Un colore tanto innocente e tenue, perché usato e ripreso ovunque nel bordello di lusso?

«Benvenuti Signori.» ci salutò la receptionist in un italiano maccheronico e con un forte accento austriaco, molto simile a quello tedesco. Era una donna sulla quarantina, vestita di tutto punto e con dettagli rosa ben visibili: le unghie smaltate, il fermaglio dei capelli e il fazzoletto da taschino. «Prego, seguitemi.» enunciò, ticchettando via. Persino la suola dei tacchi neri, in vernice, era rosa. Rosa shocking.

Dante aveva prenotato una camera matrimoniale, la numero 3. E Ovviamente non aveva contato di dividerla con me, ma fu così che andò...

*Angolino dell'Autrice*

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*Angolino dell'Autrice*

Scusate sempre il capitolo corto, ma ci sarebbe voluto troppo per scrivere ciò che ho in mente. Spero di riuscire ad aggiornare prossima settimana col resto <\3

Intanto nel prossimo capitolo:

“Dante mi accarezzò la caviglia sinistra ed io risi divertita: «Anche qui mi fai il solletico...».
[...]
Risalì con dita leggere, dal polpaccio fino all'interno coscia, smorzando l'atmosfera giocosa e  interrompendo ogni divertimento. Esalai a fatica qualche respiro mentre strizzava la carne burrosa con la mano destra, chinandosi su di me. Neanche lui sorrideva più. «E qui invece, soffri il solletico, piccola Edith?» mormorò con voce venata dalla lussuria. Il luccichio ferale all'interno delle pupille attirò la mia attenzione. C'era qualcosa di feroce e predatorio quando iniziava a toccarmi, qualcosa di animalesco.”

Stripper Love | Parte 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora