CAPITOLO 94

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Alle primissime luci del giorno Daw si mise seduto, aveva dormito male e a tratti, era più stanco della sera prima ed era solo nella stanza. Si alzò, ignorando le vesti stropicciate, cercò solo di sistemarsi un po' i capelli, infine uscì e sulle scale incrociò proprio Lashrael che stava salendo. «Sei stato fuori tutta la notte,» constatò, di quel passo sarebbe collassato.
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«Sono un po' stanco, lo ammetto,» rispose. «Ma ho avuto l'impressione che entrambi avessimo esaurito gli argomenti di cui discutere e che non saremmo mai giunti a una conciliazione,» gli disse senza tergiversare.
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«E ora cosa intendi fare? Sei tornato per riposare almeno un po'?»
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«Sì, mi piacerebbe, anche se manca poco alla riunione. Ma forse potrebbe essere sufficiente un bagno,» rispose.
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«Fa' come credi,» replicò. Un bagno sarebbe piaciuto anche a lui, ma nella loro grande vasca, con l'acqua tiepida e gli oli profumati, lontani da tutto quel nervosismo e quella indignazione, dalle incomprensioni e dalle accuse.
Riprese a scendere le scale verso la sala comune.
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Dopo essersi sistemato, Lashrael scese nella sala comune con poca voglia, ma si sforzò di ricordare che gli accordi presi da Daw e Warren erano stati presi prevalentemente per il suo bene. Eppure, più che ci pensava e più si chiedeva per quale motivo non avrebbe dovuto partecipare alla realizzazione del piano. Fiducia in Warren, questo gli aveva chiesto Daw. Sì, aveva fiducia in entrambi, in Warren e Daw, in fin dei conti Lashrael faceva parte del braccio armato, aveva sempre preferito agire piuttosto che riflettere. Ma si trattava comunque di una matrona, quella matrona in particolare. Si passò una mano sul volto sperando di cacciare via la delusione.
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Bàrbero gli aveva servito una fetta di torta di lamponi e rabarbaro, senza neanche provare a fare conversazione, cosa di cui Daw gli fu molto grato. Mangiò svogliatamente, la sala si riempì molto presto, vista la presenza di tutti i ranger chiamati a raccolta. Ben sedette accanto a lui e gli diede il buongiorno.
Daw lo salutò, sentendosi grato anche per l'espressione e il tono di voce del giovane uomo, che non avevano l'ombra di nessuna accusa e rancore. «Almeno tu non ce l'hai con me,» mormorò.
«Ti conosco da quando ero un cadetto e non una volta mi hai deluso, quindi io mi fido,» affermò l'altro.
Daw avrebbe voluto abbracciarlo, se non fosse stato fuori luogo. «Grazie, ne avevo bisogno!»
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Lashrael si soffermò a parlare con Nik, piuttosto provato dalla notte in bianco e dalle discussioni con Dyra che non si erano placate neanche dopo che si erano ritirati ognuno nelle loro camere. «Spero solo che dia il tempo a Warren di illustrare la situazione e il piano. E lo chiedo anche a te, che nonostante tu sia coinvolto più di lei, ogni tanto sai essere ragionevole.» gli disse.
Lashrael frenò a stento una risata. «Ci proverò, ma sono ancora sul chi vive e quindi non so se riceverò le proposte come delle imposizioni,» rispose. «mi metterò io a sedere accanto a lei, se sei d'accordo.» Nik accettò senza replicare.
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Alla fine la riunione ebbe inizio, Daw avvertiva la tensione quasi sulla pelle, anche se la maggior parte dei partecipanti sembrava solo molto attenta alle parole di Warren, c'erano alcune facce scontente, soprattutto tra i ranger veterani.
Comunque Warren espose il piano con molta chiarezza e non sorvolò sui rischi e quando qualcuno chiese chi avrebbe aperto le porte dall'interno, Warren spiegò che quello sarebbe stato il compito di Daw e, quando il mormorio si fu quietato, spiegò anche come.
Il Fey'ri rimase in silenzio, le mani intrecciate davanti a sé e gli occhi bassi su di loro, sarebbe intervenuto al posto di Warren non appena fossero arrivate le domande e le obiezioni.
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Lashrael guardava Warren senza far trapelare nulla, ma alla spiegazione di come Daw avrebbe preso parte alla missione ebbe un sussulto. A quel punto fu Dyra a tenerlo fermo e a interpretare il suo sdegno. «Posso dire con una certa sicurezza che Lashrael e io non siamo d'accordo. Siamo anche consapevoli che non vi interessa la nostra opinione, tutto sta a vedere come ci convincerete a partecipare,» disse la donna.
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Daw si corrucciò, sentì Warren che stava per rispondere ma si alzò in piedi, alzando una mano.
«È questo che conta, dunque? È diventata una questione di orgoglio ferito? Bene, allora? Non esiste un piano alternativo, la Matrona è asserragliata nel suo palazzo, la famiglia è isolata e per questo è il momento migliore per attaccare. Non uscirà allo scoperto, perché può essere una maledetta stronza ma di sicuro non è stupida e sa di essere vulnerabile, per cui non c'è altra via che stanarla nella sua stessa tana. Vuoi forse portare avanti un assedio nel Sottosuolo, Dyra?»
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«Non è una questione di orgoglio.» Si alzò anche Lashrael. «È una questione di quale osso del collo mettere in gioco. Da solo non posso fare niente, questo è un dato di fatto, eppure l'osso del collo sacrificabile dovrebbe essere il mio e invece mi si chiede di stare nelle retrovie mentre altri rischiano la pelle al posto mio.» Avrebbero discusso davanti a tutti? Probabilmente sì. «O, se preferisci, un altro rischia il collo al posto mio.»
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Spostò l'attenzione su Lashrael. «Sono quello che più di chiunque di voi ha speranza di farcela, sono resistente agli incantesimi oscuri, posso competere con lei in fatto di magia e, inoltre, sono l'unico, l'unico! che può lanciare la maledizione del burattino che permetterà di aprire le porte! Trovami dei validi motivi per cui dovresti andare tu e non io!»
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Lo guardò duramente, ma Daw lo aveva messo alle strette e non poteva controbattere. Si rimise a sedere scocciato, voleva dire arrendersi, ma non poteva fare altro. Avrebbe scelto di volta in volta come agire.
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Daw rimase in piedi, staccò a fatica gli occhi da Lashrael. «Qualcun altro ha dubbi, domande od osservazioni da fare?»
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Altri fecero le loro domande, Warren rispose oppure passò la parola a Daw. Lashrael non ascoltava e si concentrò piuttosto sul far rimanere Dyra al proprio posto.
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Alla fine di quella estenuante discussione Daw uscì dalla sala, aveva un ulteriore incontro quella sera con Warren per definire gli ultimi dettagli.
Non attese Lashrael, non aspettò Dyra, non si lasciò avvicinare neanche da Ben, era stanco e arrabbiato e aveva bisogno di focalizzare le energie, il giorno dopo probabilmente il piano sarebbe partito e aveva davvero la necessità di stare concentrato, di nutrire la sua magia.
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«Vado a discutere con Warren,» disse Dyra.
Lashrael la fermò «Verresti piuttosto con me a cercare chi può incantare i coltelli? Mi sento indifeso senza le mie vecchie armi,» le disse con un mezzo sorriso.
La donna lo guardò, pronta a rimbeccare anche lui. Poi parve arrendersi. «Hai ragione, andiamo, almeno utilizzeremo il tempo in qualcosa di proficuo.» Vi trascinò anche Nik, con la scusa che avrebbero fatto bene a cercare qualche nuova arma anche loro.
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Tornò in camera solo per prendere la pergamena e uscì. Uscì proprio da North Post, non conosceva molto bene il territorio, ma dopo dieci anni aveva anche lui alcuni luoghi tranquilli in cui poteva recarsi. Lesse e rilesse la pergamena che lui stesso aveva scritto, fino a conoscerne a memoria ogni più piccolo sbuffo di inchiostro e infine lanciò un incantesimo di protezione e si distese alle radici di un albero, chiudendo gli occhi. Con molta fatica riuscì a zittire i pensieri, il cuore che continuava a battere a un ritmo irregolare, il magone che aveva da quando era uscito. Poteva non essere un male se tra lui e Lashrael qualcosa si fosse rotto, magari avrebbe sofferto di meno se a Daw fosse successo qualcosa.
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L'incantatore conosciuto da Nik non era tra i più economici, ma era rinomato per le sue qualità. Nel suo laboratorio aveva anche oggetti già incantati pronti per la vendita o oggetti magici. Lashrael era indeciso su cosa fare, ma alla fine lasciò i propri coltelli per farli incantare e acquistò una scimitarra magica, dando fondo a quanto aveva con sé. Doveva essere il giorno fortunato dell'uomo, perché anche Dyra fece compere, contrattando in modo spietato. Se non altro ottennero un trattamento relativamente soddisfacente. Rientrarono alla locanda, ma il mezzo Drow declinò l'invito. In tanti avevano protestato quando aveva discusso con Daw e non aveva voglia di fornire altre spiegazioni. Mentre Dyra e Nik andarono in cerca di Warren, Lashrael preferì rimanere fuori della locanda e fece fatica a resistere alla tentazione di tornare a casa.
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Rientrò a North Post poco prima dell'ora dell'incontro con Warren, doveva mangiare qualcosa, anche se non aveva fame. Quando entrò nella locanda vide parecchie facce conosciute, ma non Lashrael, sospirò e andò al bancone.
Mangiò rapidamente, cercando di schivare ogni possibile conversazione e infine si recò da Warren come stabilito.
Neanche quella sera Lashrael rientrò nella camera, Daw dormì poco, scrisse una lunga lettera che avrebbe consegnato a Warren, ma alla fine non resistette più e la mattina presto uscì, lanciando l'incantesimo di individuazione fu in grado di raggiungere Lashrael. Mentre usciva dalla zona cittadina per addentrarsi nel bosco adiacente si disse che in effetti l'incantesimo era stato superfluo, avrebbe dovuto immaginarselo di trovarlo lì. Lo vide e Lashrael vide lui, seduto ai piedi di una grossa quercia, camminò con calma fino a raggiungerlo. «Questa notte, a mezzanotte, partirà il piano,» esordì.
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«D'accordo,» rispose alzandosi.
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«D'accordo? Questo è tutto quello che hai da dire?»
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«Cosa dovrei aggiungere? Mi è già stato indicato il mio compito, quindi ho un'idea di cosa dovrò fare e quello farò.»
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Daw lo fissò in silenzio, poi annuì. «Molto bene, allora, in bocca al lupo.» Guardò verso il sentiero, le gambe che non volevano muoversi, ma cosa doveva fare? Pregarlo? Chiedergli perdono? Alla fine tornò sui suoi passi, rigido, col cuore a pezzi.
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«Vedo che neanche tu hai altro da aggiungere,» gli disse mentre si allontanava.
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Si fermò e si voltò. «Cosa dovrei fare? Mi stai evitando, no? Sei... cosa? Arrabbiato? Ti senti escluso? Sei preoccupato? Cosa? Cosa provi?»
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«Ecco, metti insieme tutto ciò che hai appena detto e forse avrai una vaga idea di come possa sentirmi in questo momento,» replicò. «In più mi condanni a vederti andare verso il rischio di morte quasi certa, senza darmi la possibilità di fare niente, spacciandoti per me. Cosa dovrei provare, secondo te?»
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«Non ho nessuna intenzione di morire, non vado lì con l'idea di sacrificarmi al posto tuo, vado lì più che intenzionato a combattere. Mi stai già dando per morto, e questo è il tuo modo di elaborare un lutto?» Parlò con amarezza.
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Quelle parole gli fecero male, non era mai stato bravo a esprimersi, ma non voleva credere che non potesse capirlo. «Se non vai lì per sacrificarti al posto mio, perché non posso affrontarla io?» sbottò. «Lei cerca me, non qualcuno che mi somigli! L'abominio che ha creato e che cerca sono io!» gli disse con un groppo in gola.
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«Perché tu non hai i mezzi per affrontarla direttamente!» Daw alzò la voce. «Non puoi pensare di entrare in quel palazzo e tenerla a bada mentre apri le porte affinché gli altri possano entrare! E se questo ti offende, mi spiace, ma è la verità: sei un ranger, sai combattere, sai tirare con l'arco, ti sai orientare in un bosco, sai comunicare con gli animali, ma non puoi competere con una matrona Drow direttamente, soprattutto se vieni condotto davanti a lei come un prigioniero!»
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«E tu sai difenderti da un attacco fisico? Hai mai assaggiato le loro fruste fatte di serpenti velenosi, o i dardi delle loro balestre?» gli chiese sull'orlo della disperazione. «Non sarà una gita di piacere per nessuno, neanche per te!»
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Si girò verso di lui. «Non ho mai pensato che sarà una passeggiata, sono consapevole che sarà difficile e che se qualcosa va storto rischierò di non uscirne vivo. Ma, credimi, ho sopportato settanta anni di torture, posso sopportarne per qualche ora in più. Ma così abbiamo una possibilità, forse l'unica, e non ci sono altre alternative e tu lo sai, Dyra lo sa, Warren lo sa! E dato che va fatto allora cerchiamo di pensare che funzionerà piuttosto che ragionare su quello che andrà storto!»
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«E rischiare di perdere l'unica cosa che ho?» disse infine con le lacrime agli occhi, un opprimente nodo alla gola che rese le parole incomprensibili alle sue stesse orecchie.
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«Sei uno sciocco! Al contrario io ti perderei di sicuro! Non lo capisci? Non ci sarebbero speranze! Ti hanno strappato da me già due volte! Dovrei dunque stare a vedere che ti fanno a brandelli per la terza volta e raccogliere ciò che resta sperando di riuscire a salvarti? L'ultima volta mi hai guardato con il terrore negli occhi!» Stava gridando.
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«Forse sarebbe la cosa più semplice se finissero ciò che hanno iniziato,» mormorò con i pugni stretti fino a fargli male, ricacciando le lacrime in gola.
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Lo guardò come se gli avesse dato una pugnalata. Chiuse la bocca, scosse il capo, una parte di lui gli gridava di raggiungerlo e abbracciarlo, un'altra parte insisteva per seppellire ogni emozione, per far emergere quella metà oscura e gelida che in passato lo aveva salvato dalle sofferenze, ragionare per obiettivi e andare avanti senza più guardarsi indietro. «Se è questo che pensi allora forse dovresti andare da Warren e dirgli che non vuoi partecipare a questa missione, che non ha un significato, che non è nulla di importante. Per quanto mi riguarda farò quello che va fatto e farò tutto quello che è in mio potere per farla a pezzi!» Si girò e si allontanò.
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Non lo seguì. Sarebbe stato inutile. Non avevano altro da dirsi, a quanto pareva. Si guardò le mani tremanti e si chiese dove fosse sparito quella metà di lui che tanti anni prima aveva tentato deliberatamente di strappare il cuore a Dyra. Comunque fossero andate le cose, avrebbe lasciato la compagnia. Per il momento, avrebbe richiamato la vedova nera e l'avrebbe portata con sé nel Sottosuolo.


Strange Story - Daw e LashraelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora