Warren indicò la via a Daw. L'incontro sarebbe avvenuto nei pressi di una piccola caverna, che non era un ingresso al Sottosuolo ma avrebbe permesso al contatto di non esporsi troppo. Con i mantelli calati sui volti, Warren cancellava le tracce subito dopo che erano passati. Lo trovarono già in attesa, un Drow relativamente altro, gli occhi rossi e la chioma candida tipici della specie e i tratti estremamente gradevoli. Si salutarono e Warren presentò Daw come un membro della compagnia con conoscenze peculiari. Il Drow, di nome Afrema, lo salutò freddamente con un cenno del capo. «Quali novità porti con te?» gli chiese Warren. «Confermo che la famiglia è in disgrazia.» rispose con voce bassa e non melodica come quella degli elfi di superficie. «Anche il loro esercito personale si sta sgretolando. La matrona è sempre più sola.»
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Daw salutò con un cenno appena del capo. Ascoltò quanto avevano da dire e infine intervenne, ne avevano già discusso con Warren, sembrava l'opportunità migliore. «Mi farete entrare e io, poi, aprirò definitivamente le porte della magione per un attacco più massiccio. Se nessuna delle altre famiglie interverrà allora dovremmo farcela.» All'osservazione sul fatto che non avrebbero avuto modo di farlo entrare furtivamente Daw rispose che avrebbe mutato il suo aspetto in ciò che la matrona desiderava di più in quel momento. «Può funzionare, devo mantenere il mio inganno solo il tempo di aprire le porte.»
«Se ti recherai da lei come prigioniero non avrai nessuna possibilità di aprire la magione,» osservò il Drow, scettico.
«Ma non lo farò io di mio pugno, mi basterà entrare in contatto con uno qualunque dei servi presenti nel palazzo, lo farà lui per me nel momento stabilito. Ho i miei mezzi,» rispose freddamente.
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Definirono il modo in cui far penetrare le forze offensive nel Sottosuolo. Quella sarebbe stata un'altra parte delicata, perché avrebbero dovuto usare incantesimi di metamorfosi e sopratutto permettere alla maggior parte di loro di vedere una volta nelle caverne. A quello avrebbero pensato alcuni maghi, anche grazie a oggetti magici. «Cercheremo di ottenere la collaborazione di due dei suoi soldati, dovremo pagarli però,» precisò il Drow.
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«Cosa servono? Soldi? Gioielli? Farò in modo di farli avere a Warren in pochi giorni.»
Discussero ancora alcuni dettagli e fissarono un nuovo incontro per attuare il piano.
Daw e Warren tornarono alla locanda, era notte fonda quando il Fey'ri rientrò nella stanza che condivideva con Lashrael, trovandolo seduto a gambe incrociate sul letto, al buio.
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Quando Daw richiuse la porta, Lashrael non si mosse né aprì bocca, si limitò a osservarlo senza parlare, era curioso di vedere se e cosa avrebbe detto, anche se probabilmente non sapeva che Dyra lo aveva informato dell'incontro con il Drow.
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Entrò e si avvicinò al tavolo. «Ti spiace se accendo la luce? Devo finire questa pergamena.»
Piegò lentamente le dita della mano ferita, pulsava di dolore, ma avrebbe comunque dovuto riaprire la ferita.
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«Avresti potuto finirla prima,» replicò, proteggendosi gli occhi.
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«Ci vorrà tutta la notte per finirla, temo.» Si avvicinò alla lampada e la accese. «Terrò la fiamma bassa,» disse. Cominciò a sfasciarsi la mano, ma si fermò, voltandosi a guardare il compagno. «Ho visto Warren stasera, sono andato con lui a un incontro con il contatto Drow per capire se il piano può essere davvero attuato. A breve Warren vi convocherà per mettervi a conoscenza di tutti i dettagli.»
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«Incredibile. Quindi ci farete l'onore di mettere al corrente pure noi delle vostre decisioni?» chiese.
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Sollevò un sopracciglio. «Quindi sapevi dell'incontro? Warren voleva tenerlo segreto il più possibile, prima di attivare la comunità intendeva capire se potessero esserci problemi. I suoi contatti sono piuttosto schivi.» Finì di sfasciarsi la mano e osservò che si erano già formate piccole croste. «Mi sembra di capire che sei arrabbiato. Era per questo che Dyra non ha fatto altro che fulminarmi con lo sguardo, a cena?»
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«Ero l'unico a non sapere niente, nonostante l'argomento dell'incontro fosse una visita alla mia adorata genitrice,» replicò.
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«Credo che anche gli altri non avrebbero dovuto sapere niente, ma a quanto pare è difficile mantenere i segreti qui. Comunque te ne avrei parlato appena rientrato, ma i dettagli sarà Warren a fornirli, il vostro gruppo avrà un ruolo decisivo.» Sistemò di nuovo la bacinella con l'inchiostro e prese il pennino, prima di uscire lo aveva pulito, era di nuovo scintillante e terribilmente aguzzo.
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Non replicò e si alzò per uscire dalla stanza.
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«Lashrael!» Lo richiamò, si umettò le labbra. «Dove vai?»
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«A fare una passeggiata al chiaro di luna. Questo è permesso?» gli chiese, soffermandosi prima di aprire la porta.
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«Sì, certo...» Avrebbe voluto dirgli che gli dispiaceva, che non voleva ferirlo, che non voleva escluderlo, ma forse quello non era il momento giusto. «Certo, mi troverai sveglio al tuo ritorno, se vorrai... Parlare.»
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Sospirò. «Beh, mi piacerebbe essere informato quando vengono decise cose che mi coinvolgono in prima persona, o forse è proprio questo il punto?»
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«Warren ha ritenuto...» Prese fiato. «Warren e io abbiamo ritenuto di doverci muovere preventivamente per capire se il piano fosse davvero attuabile, se ti avessi detto che avevo un incontro, da solo, con i Drow, non credo che avresti gradito. So che riguarda te in prima persona, ma non riguarda solo te. Riguarda tutta la compagnia dei Ranger, riguarda l'intera zona e riguarda anche me.»
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Ascoltò, stringendo i denti. «Mi è comunque concessa la passeggiata al chiaro di luna?»
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«Lashrael, ti prego... Mi dispiace, non è mai stata mia intenzione escluderti, credo che anche Warren si sia comportato semplicemente in modo pragmatico.» Scosse la testa, cosa dire che non sembrasse una scusa o suonasse come un'ammissione di debolezza. «Dei! Tutto quello che voglio è che questa storia finisca! Ma deve finire nel modo giusto, non posso perderti di nuovo!»
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«Credo che la speranza che finisca presto sia un desiderio condiviso da più persone, sicuramente lo è da me.» Si voltò a guardarlo ma non si mosse. «E non mi hai mai perso.»
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«Ho rischiato di perderti due volte, e, ti giuro, non ne sopporterei una terza.» Lo guardò mestamente.
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«E quindi cosa dovrei fare secondo te?»
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«Quello che ti senti, amore mio, se vuoi andare a passeggio e stare un po' solo va bene, se vuoi farmi altre domande, ti risponderò. Se vuoi insultarmi, prometto che non ribatterò.»
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«Non ho motivo di insultarti. Per il momento. In quanto alle domande, mi hai già detto che sarà Warren a spiegare, ma è stato anche veloce a cambiare idea, visto che due giorni fa non era propenso a prendere posizione. Anche questo immagino che dovrà spiegarlo lui.»
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«Abbiamo trovato un sistema per entrare nel palazzo della Matrona, il momento è propizio perché le altre Casate non interverranno.» Indicò verso la scrivania. «La pergamena che sto scrivendo è una maledizione vergata con la Magia del Sangue. Servirà all'occasione, le porte verranno aperte dall'interno,» spiegò. «Voleva solo essere sicuro che avremmo avuto un accesso, altrimenti avremmo potuto fare ben poco.»
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Annuì. «Mi piacerebbe comunque fare la mia passeggiata. Ti prometto che torno,» aggiunse sarcastico.
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«Va bene, mi troverai qui.»
Sospirò quando Lashrael uscì e richiuse la porta. Tornò mestamente alla scrivania e si conficcò il pennino nel palmo ferito, riprendendo a scrivere la maledizione. Il dolore e restare concentrato lo avrebbero aiutato a dimenticare le preoccupazioni.
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Cercò un luogo tranquillo dove poter ammirare le stelle senza essere disturbato. Avrebbe preferito allenarsi con i nuovi coltelli, ma a quell'ora rischiava di attirare l'attenzione delle guardie e ritenne che non fosse il caso. Aveva comunque bisogno di calma. Trovò la quiete necessaria nel boschetto più vicino alla palizzata di legno che circondava il paese. Mentre si rilassava, notò un movimento accanto a sé, incuriosito seguì gli steli d'erba che si piegavano e alla fine comprese: la sensazione era inequivocabile, stava comunicando con un nuovo famiglio. Si mise a ridere da solo, non conosceva tanti ranger che avevano ragni velenosi come famigli, ma, del resto, in qualche modo il suo retaggio doveva farsi sentire!
Verso l'alba tornò verso la locanda e salì in camera.
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Daw vergò l'ultima parola proprio quando la porta si aprì. La mano ferita gli tremava e la testa gli girava spaventosamente. Poggiò il pennino sul bacile, scostò la pergamena più vicino alla finestra affinché si asciugasse e si alzò, per girarsi però il terreno venne a mancargli sotto i piedi, cadde a terra, sbattendo sul bordo del letto.
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Non fece in tempo a entrare che sentì il tonfo, si voltò e vide Daw a terra, con il capo pericolosamente vicino al letto e gocce di sangue tutto intorno. Si precipitò al suo fianco, chiamandolo. «Daw, mi senti?» Poco distante si trovava anche la pergamena vergata in rosso con la grafia precisa ed elegante del Fey'ri. Recitò un incantesimo di cura, sperando che servisse a farlo riavere in fretta.
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Sbattè le palpebre confuso. «Sto bene... Sono solo un po'...» Cercò di alzarsi, ma dovette aggrapparsi a Lashrael. «...stordito.» La mano comunque non sanguinava più.
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«Aspetta, non avere fretta,» gli disse facendolo riadagiare. «Hai battuto la testa, rilassati un po'. Il pavimento non è il massimo, ma per il momento non possiamo fare altro.»
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Fece come gli era stato detto. «Sei ancora arrabbiato?» chiese, guardandolo, si sentiva molto debole, ma almeno il mondo aveva smesso di girare.
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«Hai rischiato di farti veramente male e ti preoccupi del mio umore?» gli chiese, inarcando un sopracciglio. «Sei proprio strano Fey'ri. Sono arrabbiato sì, ma non pensiamoci ora. Vuoi bere?»
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«Non ho bisogno di bere, devo solo riposare un po', ho perso sangue, niente di grave.» Alzò la mano e gli sfiorò la guancia, scostando una ciocca di capelli.
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«Ecco perché ci sono tracce di sangue,» borbottò, prendendogli la mano. «Dove ti sei ferito?» gli chiese.
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«Sul palmo, ma la ferita si è chiusa, sei stato tu?» constatò. C'era ancora il segno, ma sembrava già cicatrizzato.
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«Sì, ho cercato di farti riprendere il più velocemente possibile, a quanto pare ho curato qualcos'altro.» sorrise lieve.
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Cominciò a mettersi seduto. «Meglio se mi stendo sul letto, che ne dici?»
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«Indubbiamente,» confermò. «Ce la fai a tirarti su o devo prenderti in braccio?» gli chiese con il sorriso sulle labbra.
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«Basta solo che tu mi dia una mano,» Sedette sul materasso e infine si distese, mentre Lashrael gli accomodava i cuscini dietro la schiena.
«Anche stanotte in bianco, eh? Sarebbe la quarta, non hai neanche un po' di voglia di stenderti qui e dormire?»
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«Mi sono addormentato nel bosco,» mentì il ranger. «Adesso è bene che sia tu a riposarti. Quanto sangue hai perso, benedetto te?» chiese, mettendosi a sedere sul giaciglio.
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«Non poi così tanto, ma credo che mi riposerò questa mattina.» Lanciò un'occhiata alla pergamena. «Non toccarla, l'inchiostro deve asciugare bene. Non è necessario che tu mi faccia compagnia, se vuoi scendere a fare colazione, ma se vuoi restare...» Si spostò leggermente di lato.
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Lo scrutò rimanendo un poco in silenzio. «Cosa gradisci che io faccia, tesoro?» domandò, immaginando già la risposta.
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Daw sorrise, "tesoro" gli faceva pensare che non fosse più poi così arrabbiato. «Resta.»
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«Vuoi che recuperi qualcosa da mangiare per te, prima di dormire?» domandò.
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Scosse il capo. «Farò un pranzo abbonante.»
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«Sei comodo? Hai bisogno di altro?»
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«Sono comodo,» assentì e gli fece cenno di stendersi accanto a lui.
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Si tolse mantello, corpetto e stivali e si distese su un fianco rivolto verso Daw. «Riposati, hai dormito meno di me,» mormorò.
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Si accomodò vicino a lui, lo guardò per alcuni secondi, gli sorrise lievemente, poi chiuse gli occhi. Non si addormentò immediatamente, ma lo fece, senza praticamente rendersene conto.
Si svegliò proprio perché il suo stomaco aveva iniziato a borbottare, la sera prima aveva mangiato poco, aveva perso sangue tutta la notte. Aveva fame!
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Strange Story - Daw e Lashrael
FantasiaDaw è un Fey'ri e Lashrael un mezzo Drow, due creature improbabili le cui strade si intrecciano casualmente sullo sfondo di una terra fantasy, popolata da umani, elfi, goblin e altri esseri con cui avranno a che fare. Daw e Lashrael sono abituati a...