«Avevo forse nove anni. Ero in classe alle elementari, con i compagni di sempre che come al solito mi ignoravano. Sul foglio stavo scarabocchiando un disegno, che non so dirti cosa fosse. La mia compagna di banco lo prese e lo lanciò a quelli seduti alle nostre spalle. Non c'era niente di male in quello schizzo, e non ricordo che questa cosa sia mai accaduta, però nel sogno mi sentii incompresa. Nessuno aveva capito cosa volessi dire con quella matita.»
Mi fermo lasciandomi convincere dalle mie stesse menzogne. Perché una bugia regga, bisogna che il primo a crederci sia colui che la pronuncia. Nel mio caso può essere rischioso, ma se non introduco qualcosa in cui credo non potrò mai convincere l'attenta Maria.
«Qualcuno bussa alla porta, ed io non mi volto certa che si tratti della bidella. Quando però arriva a pochi passi da me, sollevo lo sguardo e rimango incredula. Sono io, io come mi vedi tu adesso. Mi prende per mano e mi conduce all'esterno, e da quel momento credo che diventi la mia coscienza. Mi parla di tanti episodi, mi ripete le frasi che più mi hanno umiliata. Non ricordo molto, ma alla fine di tutto mi ha chiesto: "Vuoi davvero che vincano?". Poi è sparita, ed io mi sono ritrovata di fronte ad una lapide, accanto alla quale mia madre gridava insulti. Ho provato a parlarle, a dirle di stare tranquilla, ma non poteva sentirmi. Tutto è finito quando mio padre è arrivato, l'ha presa per mano, e sono andati via senza nemmeno lasciare un fiore.»
Qui non mento, temo davvero che se mi capitasse qualcosa potrebbero odiarmi più di quanto già non facciano.
«Credi di dare ai tuoi genitori tutti gli strumenti necessari a comprenderti?»
«Non avrei dovuto dirti niente. Finisce sempre così.»
Provo ad alzarmi ma mi trattiene per un braccio.
«Non ho detto che tu non lo faccia, perché che ci creda o no sono certa che ci abbia provato più di una volta. Magari in un modo che non hanno compreso, ma questa non è una tua colpa. Se adesso vuoi andare va, la conversazione è stata molto stimolante anche se breve. Prima però dimmi: sei certa di voler rimanere qui anche durante il fine settimana? Serena è l'unica a farlo, ma per motivi ben diversi.»
Ignoro quali siano i motivi di Serena, ma ho ben chiaro il mio obiettivo.
«Maria, non me ne stavo andando perché credo che mi giudichi. Comunque sì, ne sono certa. Vorrò tornare a casa quando capirò come andare incontro alle uniche persone che so che mi vogliono bene, anche se provo molta rabbia.»
«Va bene. Anche se li chiamassi io sai che vorrebbero parlarti, quindi potrebbero venire qui.»
«Mi aiuterai a spiegargli perché?»
È già successo che parlassimo tutti insieme, ed è stato un po' più semplice.
«Certo. Ma non cantare ancora vittoria, devo parlare anche con la direttrice.»
«Grazie» dico abbracciandola.
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«Ora dimmi qual è il senso.»
Anna non concorda con Luisa sull'ennesimo film che stiamo guardando. Tra di loro scoppiano spesso piccole liti, dalle quali mi tengo sempre distante. Serena non siede con noi sul divano, sceglie sempre di godersi lo spazio della poltrona.
«Anna ma perché non capisci?»
«Perché non c'è niente da capire. Guarda che se tutti dicono che un film sia bello non significa che lo sia realmente.»
«Prima di conoscermi, il film più sensato che avessi visto era...»
«Perché entrambe non vi mettete dietro il televisore?» le interrompe Serena.
«Ma senti quello che sta dicendo?»
«Sì Luisa, perché non sto sentendo altro. Sono le sette, tra uno'ra e mezza ceniamo, e speravo, dico speravo, di poter stare un po' tranquilla senza pensare a niente. Ma ogni volta che guardiamo qualcosa, finite a litigare. Quindi lo chiedo a te: perché non vi mettete dietro il televisore e fate un bello spettacolino? Almeno vedo anche quello che sento.»
Bisogna ammettere che ha ragione. Nemmeno io ho capito molto della trama. Serena continua ad incitarle ad alzarsi, mentre entrambe tacciono.
«Dovremmo riuscire a discutere dei film dopo averli visti, che ne dite? Almeno avremmo qualcos'altro da fare, dato che ogni volta ci ritroviamo senza nulla da fare.»
Sembrano accettare la proposta ed il film riparte. La pace però dura non più di dieci minuti.
«Se non me ne vado finisce che vi faccio male» sbotta Serena lasciando la stanza.
«Ma perché reagisce così?»
«Anna, ci credi se ti dico che fino ad ora non ho capito niente? Non ha senso guardarli così, ha ragione.»
Mi pento quasi subito di averlo detto.
«Perché non chiedi di mettervi in camera insieme? Ci fosse una volta che non le dai ragione.»
«Ma che c'entra? Ho solo detto che nemmeno io ho capito molto.»
«Basta adesso, davvero. Che ne dite di raggiungere Serena? Magari con un thè di scuse.»
Senza che Luisa dica altro, ci alziamo dal divano e prepariamo i quattro bicchieri. Una volta fuori troviamo Serena appoggiata alla ringhiera del balcone. Stranamente però non sta fumando. Ora che ci penso, oggi non l'ho ancora vista farlo.
«Tieni Sere, e scusaci.»
Luisa e Anna le si avvicinano sinceramente dispiaciute.
«Vi ringrazio. Vi giuro che ucciderei per un caffè, e anche per una sigaretta. Immagino che voi non ne abbiate.»
Nessuna di noi può tenerne, caffeina e nicotina ci sono vietate. Serena, essendo maggiorenne, è l'unica a cui è concesso fumare, a patto che ne fumi non più di tre al giorno. Quando compra un pacchetto lo consegna a Maria, la quale, ogni mattina, gliene dà soltanto tre. È una soluzione che hanno concordato, mentre invece quello di non fumare davanti a noi è un ordine. Disobbedendo rischierebbe di essere mandata via, ed essendo qui di sua spontanea volontà ci tiene particolarmente a rimanere.
«Hai già fumato le tre del giorno? Di solito ne tieni sempre una per dopo cena.»
«In realtà non ne ho.»
Noto un tono di tristezza. Forse non avrei dovuto farle la domanda.
«Non era mai successo» interviene Anna vanificando il mio silenzio.
«Già, non avevo ancora del tutto toccato il fondo. Ho bisogno di andare a sdraiarmi un attimo, non mi sento molto bene.»
Serena si allontana ringraziando ancora per il thè.
«Forse dovevo stare zitta» dice Anna sinceramente dispiaciuta.
«Dite che se provo ad andare a parlarle si infastidisce?»
«Aurora, quante volte Serena ha parlato con qualcuno senza essere lei ad iniziare?»
La domanda di Luisa è giustificata, ma sento che questa volta potrebbe essere diverso.
«Voglio provarci.»
Scatto verso la sua camera, ma nel corridoio vengo intercettata da Maria.
«Aurora, ho bisogno di parlarti un attimo.»
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L'ombra di Aurora
RomanceAurora, costretta a 17 anni in una clinica per disturbi alimentari, decide di trovare un compromesso per non rimanere sotto osservazione. Le sue scelte la condurranno lungo un cammino costellato di menzogne, dolore, rabbia taciuta e finte gioie, fin...