Capitolo 10

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Un forte trambusto mi sveglia. Ancora insonnolita cerco di scandire i suoni, ma non riesco a dividerli dall'insieme. Sembra che tutti stiano correndo, come se ci fosse un pericolo. Mi avvicino alla porta, la apro e vedo cinque operatori vicino alla camera di Serena.

Scatto fuori, ma Maria mi vede e mi ferma.

«Aurora torna dentro!»

«Ma che succede? Come sta Serena?»

«Ti ho detto di rientrare!»

Mi prende per un braccio e quando ci voltiamo verso camera mia, vedo due paramedici muniti di barella.

«Maria dimmi che succede!» grido iniziando a piangere.

Lei mi abbraccia e, questa volta, mi chiede di seguirla. Una volta in camera chiude la porta.

«Aurora, per favore, io devo andare da loro. Ti prego, rimani qui, non saresti di nessun aiuto a Serena venendo di là, ostacoleresti soltanto il lavoro dei soccorsi.»

Cerca di rimanere calma ma il suo volto sembra una maschera di dolore.

«Serena è morta?» chiedo ormai certa del peggio.

«No. Ma sta molto male. Dopo ti spiegherò meglio. Ti prego Aurora, non muoverti.»

«Maria fammi uscire, per favore» la supplico speranzosa che cambi idea.

«Aurora basta! Dovrei essere con lei e mi stai trattenendo qui! Ubbidisci e non uscire da questa stanza!»

Esce sbattendo la porta.

Pensieri catastrofici si affacciano alla coscienza. Cupi e opprimenti, mi accusano di non aver visto quanto era limpido e cristallino.

Serena mi ha parlato perché voleva che mi accorgessi del suo stato, e mi ha salutata volendomi dare un ultimo aiuto. È sempre stata disponibile, ha sempre ascoltato tutte noi, ed io non ho fatto altro che ripeterle frasi fatte. Come ho fatto ad essere tanto insensibile?

Mi butto sul letto a faccia in giù, premendo il viso contro il cuscino per trasmettergli il dolore, nella speranza che possa liberarmene.

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Sono trascorse tre ore. Io e i pochi superstiti del fine settimana vaghiamo nella sala comune, con la televisione in sottofondo per distrarci dai pensieri. Nessuno ha cenato, di fronte ad un simile evento ogni cosa passa in secondo piano. Tre ore durante le quali i pensieri accusatori non hanno fatto che aumentare.

Dei passi pesanti e stanchi attirano l'attenzione di tutti. Maria fa capolino nella sala.

«Serena è stabile, con ogni probabilità si riprenderà presto. Non chiedete cosa è successo perché nessuno ve lo dirà. Adesso, anche se è tardi, preparatevi per la cena.»

Si dirige verso il suo studio, ma sbaglia se crede che mi accontenterò di queste poche parole. Lascio trascorrere qualche minuto, non per gli altri presenti perché so bene che nessuno di loro ha un legame con Serena, ma per dare tempo a Maria di sistemarsi. Poi vado a bussare alla sua porta, aprendola prima che possa darmi il permesso.

«Aurora, davvero non ho alcuna intenzione di dire cos'è successo.»

«Non so nemmeno se voglio saperlo ad essere sincera. Non è difficile da immaginare, e sentirmelo dire non sarebbe d'aiuto.»

«E allora perché sei qui?»

«Per sapere se sta davvero bene.»

«Per il momento è stabile.»

Mi siedo sulla sedia di fronte alla scrivania.

«Oggi mi ha parlato molto. Mi ha raccontato quel che credo tu sappia già.»

«Immagino di sì. Serena è una guerriera, per questo sono certa che ce la farà. Aurora, è colpa mia» dice cercando di contenere le lacrime.

«Non credo Maria, non lo penso affatto.»

«Invece è così, inutile girarci intorno. Non ho fatto abbastanza.»

Lotto contro l'impulso di dirle la verità sul mio conto, vederla così mi distrugge.

«Mi ha detto anche quanto le sei stata accanto. Non so se lo sai, ma anche il semplice gesto delle sigarette per lei è stato molto importante. Tu hai fatto tutto quello che potevi, lo fai per ognuna di noi.»

«Ma non basta, non basta mai nel mio mestiere. Mi domando che senso abbia se poi il risultato dev'essere questo.»

«Ma non è sempre così, lo sai bene. Questi sono casi isolati.»

Se abbandona questo posto, le prossime ospiti non conosceranno una grande persona.

«Sono vite Aurora, non casi.»

«Ed è per questo che devi rimanere, perché tu ci vedi come persone, a tratti sembri addirittura un'amica. Credimi, per noi è molto importante non sentirci malate. Ogni persona che viene qui si è già sentita dire fin troppe volte quanto è sbagliata, e solo qualcuno come te può far cambiare idea.»

«Ti ringrazio Aurora, ma terminati gli studi avrò tanto su cui riflettere.»

«Basta che non abbandoni nessuno.»

Se penso di dover tornare qui ogni settimana, l'unica cosa che mi rincuora è la sua presenza.

«Adesso va in sala comune, io ho alcune cose da sbrigare.»

L'ombra di AuroraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora