Capitolo 14

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Stiamo insieme ormai da quattro mesi. Lui conosce i miei genitori, è avvenuto per caso quando mia madre ci ha incontrati in un centro commerciale. Da allora capita che lo inviti a cena, nonostante mio padre non sia del tutto favorevole. Eppure Marco non ha nemmeno accennato a presentarmi ai suoi genitori.

«A cosa pensi?» chiede distogliendo lo sguardo dalla televisione. Come ogni sabato pomeriggio da un mese a questa parte, guardiamo un film a casa mia.

«Niente in particolare» dico non volendo affrontare il discorso.

«Non ti piace il film?»

Guardo la tv per ricordarmi cosa stiamo guardando.

«Sinceramente questo genere non mi fa impazzire.»

Se non altro è meglio di dirgli che non capisco se si vergogna di me o se c'è altro che non dice.

«Ma dai, "I Mercenari" è il mio film preferito. Fidati che se continui a guardarlo poi ti piace, non è soltanto sparatorie.»

Le mie labbra si piegano in un sorriso. Chissà cosa avrebbe detto Luisa di un'affermazione simile.

Ogni tanto penso a loro, chiedendomi cosa ne sarà stato. Il pensiero di tutte mi dona una dolce malinconia, eccetto quello di Serena. Se ripenso a quella notte, l'inquietudine continua a raggiungermi anche dopo due anni.

L'ultima visita settimanale l'ho effettuata un anno fa, e dopo aver salutato Maria ho rivolto lo sguardo al corridoio che portava alle camere. Mi è sembrato di rivedere i paramedici correre, e ho provato ad immaginare cos'avrei visto se fossi uscita dalla mia camera.

Mi avvicino a Marco in cerca di protezione.

Il suo telefono squilla.

«Antonio chiede se questa sera andiamo a ballare. Gli dico sì?»

Sono ancora scossa dalla pizza di ieri, non ho voglia di stare nuovamente male. Questa sera speravo di rimanere a casa, al caldo e in compagnia di un film da me scelto.

«Non mi va tanto sinceramente, preferisco stare a casa per oggi.»

«D'accordo.»

Digita qualcosa sulla tastiera, poi torna ad abbracciarmi. Sono felice che non abbia insistito, temevo provasse a convincermi.

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Il film è durato più di quanto pensassi. Sono le cinque e mezza, e a breve dovrebbero tornare i miei genitori. Di certo mia madre lo inviterà per cena, quindi decido di anticiparla.

«Ti va di rimanere per cena?»

«Per cena?» chiede sorpreso.

«Sì. Che c'è di così strano?»

«Lo sai che devo andare a ballare.»

Ed io che credevo non avesse insistito perché gli andava di rimanere da solo con me. Forse non gli va di avermi intorno.

«Colpa mia, credevo non andassi nemmeno tu» dico seccamente.

«Perché non dovrei? Sai che mi piace andare.»

«Sì ma andiamo praticamente ogni sabato. Speravo ti andasse di rimanere da solo con me.»

«E infatti mi va, non siamo soli adesso? Se per una sera stiamo separati non succede nulla.»

Non aggiungo niente, mi alzo dal divano e mi avvicino alla porta.

«Marco forse è meglio che tu vada. Non vorrei rubarti troppo tempo.»

«Ma perché devi fare così? Vieni e smettila di fare la bambina.»

Il sangue mi ribolle nelle vene.

«Marco, te lo ripeto. Vattene.»

Ci guardiamo per un minuto buono. Quando vede che la mia espressione rimane invariata, finalmente si alza.

«Non ci posso credere. Meglio che me ne vada.»

Esce sbattendosi la porta alle spalle.

Mi dirigo verso il frigo, avventandomi su qualunque cosa mi capiti a tiro.

L'ombra di AuroraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora