Capitolo 19

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Da quando l'ho conosciuto, Tyler c'è sempre. Ad ogni uscita, lui è presente, e ogni volta mi tratta come se fossi l'unica dotata di qualcosa da dire. Nonostante non sia abituata a tante attenzioni, non mi sento a disagio. Anzi, ne sono compiaciuta.

C'è qualcosa però che non comprendo. Da come parla, è fin troppo evidente che poco sopporta le persone della sua età. Odia andare a ballare, odia i social, odia la superficialità che a suo dire ormai invade non soltanto la vita, ma anche l'arte sotto ogni sua espressione. Colloca nei suoi coetanei, ma anche in coloro poco più grandi e nei più giovani, la causa di quello che definisce come fallimento culturale.

Molti starebbero attenti ad essere tanto critici, ma lui no. Al contrario, i discorsi di accusa che non perde occasione di pronunciare, invece di allontanare i suoi destinatari, glieli avvicinano sempre di più. È dotato della capacità di farsi ascoltare, sembra un leader nato. Eppure, rimane distaccato, evita di farsi raggiungere da chi lo circonda.

Ma oltre queste contraddizioni, la cosa che meno capisco è perché si interessi a me, che non credo di essere diversa da coloro da cui si allontana.

Cosa vede di tanto interessante da invitarmi ad uscire da sola con lui proprio questa sera?

Lo ha fatto ieri, dopo una serie di coincidenze che ci hanno portati a rimanere da soli per non più di un'ora. Eravamo io, lui, Leonardo e Lucia, e d'un tratto la coppia di fidanzati ha detto di dover andare a casa di lui perché la madre aveva bisogno di qualcosa.

Al loro ritorno, Tyler aveva il mio numero, tutto il mio interesse, ed un appuntamento, che però ha definito "incontro". Usciremo dopo cena, giusto per bere qualcosa. Verrà a prendermi in auto, e andremo distanti, in un bar che era solito frequentare con il padre.

Per quanto possa essere un caso, apprezzo che non mi abbia invitata a cena. Forse sarebbe stato un appuntamento a tutti gli effetti, e non credo che sia realmente interessato a frequentarmi, ma da queste parti c'è sempre l'abitudine di mangiare insieme, qualunque sia il rapporto.

Involontariamente quindi, ha avuto l'accortezza di pormi nelle condizioni migliori per poter parlare piacevolmente.

Non so cosa aspettarmi da questa conoscenza, non ho accettato con chissà quale idea. Esattamente come la prima volta che l'ho visto però, la curiosità mi ha pervasa a tal punto che da questa mattina non penso ad altro.

Sento di aver incontrato una persona fuori dal comune, e credo che parlarci sarà molto piacevole.

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«Davvero un bel locale» dico guardandomi intorno.

Siamo seduti all'esterno, arredato con tavolini in legno al centro dei quali ci sono dei piccoli lumini. Nessun gazebo a coprire le stelle, nessuna musica a volume troppo alto, ma semplicemente dei tavolini circondati da alberi di ulivo. È bello.

«Semplice, per questo mi è sempre piaciuto. E soprattutto non c'è mai nessuno a quest'ora.»

Adesso che me lo fa notare, mi rendo conto che siamo gli unici clienti.

Il cameriere arriva e, con un po' di imbarazzo, ordino solo un caffè. Tyler fa lo stesso.

«Grazie ragazzi. E tuo padre dove sta lavorando?» chiede il cameriere a Tyler.

«Per ora a Messina centro, deve ristrutturare un appartamento. Ma penso che nel fine settimana lo vedrai.»

«Mi raccomando, salutamelo.»

Si allontana velocemente, per tornare pochi minuti dopo con i due caffè.

«Tyler se vi serve qualcosa chiedi pure, mi trovi dentro.»

«Ti ringrazio Giacomo.»

Torniamo ad essere soli e, prima di poter fare la domanda, ottengo la risposta.

«Lui e mio padre sono amici da tempo. Giacomo è il proprietario del locale, non un cameriere. Ama talmente tanto questo posto che ci passa intere giornate. Di sera, in estate, è un posto non frequentato, ma di giorno c'è un continuo via vai e raramente si trova posto. Lui però sembra non stancarsi, ed è una cosa che rispetto.»

«Non credo che ci sia qualcosa di più bello di amare il proprio lavoro» dico dopo aver bevuto l'ottimo caffè.

«Di cosa vorresti occuparti?»

Ora sì che mi mette in difficoltà.

«Non so rispondere, non ci ho ancora pensato con la giusta attenzione.»

«Meglio che uno ci rifletta bene prima di lanciarsi in qualcosa che non dà soddisfazione. Non si lavora bene, e non si vive bene.»

Si prepara una sigaretta e ne approfitto per girargli la domanda.

«Tu invece?»

«Quando capirò come, inizierò a studiare psicologia» dice gettando la prima boccata di fumo.

«Che significa come?» mi limito a chiedere evitando di fare qualche battuta.

«Ho sempre pensato che bisogna capire non soltanto quel che si desidera fare, ma anche come lo si vuole fare. Io amo la psicologia, ma odio la direzione che sta prendendo. Prima di iniziare, voglio avere un progetto ben definito, così da poter rimediare ai danni che tanti, in quel settore, stanno causando. Si deve avere a che fare con le persone, non con delle macchine, e prendere alla leggera quel mestiere significa non avere il senso di responsabilità.»

Sorrido ammirata dal ragionamento.

Sì, parlare con lui sarà piacevole.

L'ombra di AuroraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora