Capitolo 46

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«Quindi, abbiamo appurato che non è stato così terribile, e che non ti aspettavi un padre tanto giovane. Poi però non abbiamo più parlato di questo pomeriggio, e sono pronto a scommettere che c'è altro che vorresti dire.»

Siamo a cena fuori, in una piccola e sconosciuta pizzeria. Sono stata io a proporlo, ed è la prima volta che faccio una cosa simile.

«Non voglio essere invadente, non entro nel merito delle famiglie» dico nel momento in cui il cameriere porta le comande.

«Io con te, in un certo senso, l'ho fatto.»

«È vero, ma non hai fatto nessuna domanda.»

Ho preso una margherita, la mia preferita. Sono quasi commossa dopo la prima fetta, avevo dimenticato il suo sapore. In generale, avevo dimenticato cosa significasse assaporare il cibo.

«Quindi ti aspetti che anch'io, volendoti raccontare qualcosa, lo faccia senza attendere domande. Però sbagli, qualcuna io l'ho fatta.»

«Sempre dopo che te le ho servite su un piatto d'argento.»

È possibile cambiare senza realmente farlo? Si può davvero giungere ad accettarsi, e da lì provare a migliorarsi, soltanto grazie ad una persona?

Spesso coloro che si trovano ad avere a che fare con chi, come me, ha un rapporto differente con il cibo, si convincono che sia l'appetito a mancare. Ma non è sempre così. Tyler sta dando legittimità al mio desiderio di cibo, ed è la chiave che non ho mai trovato.

Dire che tutto è già cambiato, non corrisponde a verità. Non riesco ancora ad osservare il mio riflesso allo specchio senza precipitare nella vergogna, così come non riesco ancora ad andare a letto senza liberarmi di quel che mi causa tanto dolore. Però, non consumavo una simile cena da non so quanti anni, il che mi porta a pensare che, nonostante io non abbia ancora preso la chiave che chi siede di fronte a me ha posto sul tavolo, la stia osservando con crescente interesse, domandandomi dove questa potrà condurmi.

«Aurora, non tutti si confidano allo stesso modo. Non prendere come rifiuto il fatto che io non mi esponga, piuttosto domandati cosa faccio per dimostrare che avrei voglia di...»

Non prosegue. Poggia il pezzo di pizza nel piatto, si pulisce le mani, e scusandosi si dirige verso il bagno.

Io vengo illuminata da un'intuizione che, per quanto fulminea, impiega più del dovuto a pormi una domanda. A cosa si stava riferendo Tyler?

Non tenendo a freno la fantasia, rischierei di adattare una frase ad un mio desiderio, senza chiedermi se davvero possano associarsi. Eppure, la sua reazione lascerebbe credere che...

«Perdonami» dice raggiungendomi.

«Tyler, qualcosa non va?» chiedo non sapendo in quale risposta sperare.

«No, va tutto bene.»

Questa volta non devo lasciarlo andare.

«Tyler, non sono ancora così stupida. Avanti, dimmi che succede.»

«Sei passata dal non voler chiedere nulla a pretendere una spiegazione?» chiede sorridendo.

«No, ho soltanto colto il tuo invito. Stavi per dirmi qualcosa, quindi vuoi che ti aiuti a farlo. Almeno, penso sia così.»

Intravedo la possibilità, seppur flebile, di ottenere una risposta senza dover chiedere. Ormai non importa se il mio sia uno sparo nel buio, sono colta dall'irrefrenabile pulsione di assecondare una mia fantasia. Sempre meglio questo, che il mio eterno silenzio.

«Devo stare più attento a cosa dico allora, mi si è ritorto contro nell'arco di cinque minuti.»

«E ti dispiace?»

Ormai non sembro nemmeno io.

«No.»

«Quindi? Cosa stavi dicendo?»

Ho bisogno di saperlo, a costo di sembrare in preda ad una crisi isterica.

«Finiamo di cenare, poi ne riparliamo.»

«Bel modo per evitare un discorso.»

Ed ecco che l'energia mi abbandona, riportando il grigio tutto intorno a me.

«Aurora, ti giuro sulla cosa più cara che ho al mondo che non chiudo qui il discorso. Solo che voglio farlo quando saremo del tutto soli.»

L'ombra di AuroraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora