Capitolo 22

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Divenni donna a diciotto anni. Di quell'esperienza ricordo l'emozione prima che accadesse.

Il cuore che scalpitava, il fiato spezzato, la pelle più sensibile e le grandi aspettative.

Ricordo cosa indossavo, perfino ogni parola detta prima che tutto accadesse.

Ricordo anche i pensieri che mi accompagnavano mentre, piena di aspettative, mi dirigevo verso quell'attimo da tante definito come rivoluzionario, qualcosa in grado di cambiare una persona, di farle conoscere tanto sul suo conto.

Ogni giorno ricordo che, del ricordo che ad oggi vorrei avere, non c'è niente.

Quell'esperienza fu per me insignificante, o sarebbe meglio dire significativa per il suo squallore. Ma si sa, spesso continuiamo a fare qualcosa che sappiamo essere sbagliato, come fossimo soggiogati da una forza che non riusciamo a contrastare. C'è chi chiama questo processo "coazione a ripetere", una delle tante definizioni apprese da Maria.

Così ebbi altre esperienze ugualmente prive d'anima, e quando tornavo a casa correvo sotto la doccia, lavandomi con acqua più calda del solito e piangendo taglienti lacrime, certa che potessero aiutarmi ad eliminare la vergogna.

Mi sentivo sporca, usata, ma soprattutto sentivo di tradire me stessa. Non so in che senso potessi tradirmi, ma so che è quello che pensavo.

Poi arrivò Marco, e con lui fu diverso. Sentivo di amarlo, di stare accompagnando il sesso al sentimento, ed era bello. Ogni volta che mi baciava, che mi accarezzava, che vedeva la mia nudità, mi sentivo pura.

Di lui sì che ho un ricordo vivido: ricordo che la prima volta che mi amò, desiderai ardentemente cancellare chi prima di lui diceva di amarmi.

Il dolore però aiuta a fare scelte sagge, così accettai di non poter cambiare quel che era stato, perché era avvenuto in funzione di un cambiamento che, pazientemente, mi aveva condotta tra le sue braccia.

Adesso ho vent'anni, sono aggrappata al ragazzo che fino a poco tempo fa mi donava l'amore mentre, con il motorino che in passato appariva come il destriero di un principe, mi riporta a casa dopo avermi posseduta su una spiaggia. Ho fatto sesso con Marco, e adesso non vedo l'ora di tornare a casa per potermi liberare di questa spiacevole sensazione.

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Perché ho accettato di vederlo?

L'unica persona alla quale vorrei chiederlo è anche la stessa verso la quale mi sento in colpa. Sono certa che lui saprebbe spiegarmelo, o che potrebbe capire. Non c'è alcun legame tra noi, non so nemmeno se si possa parlare di frequentazione o di amicizia, ma sento di averlo tradito.

Mi sento divisa, tra quel che credo di aver sempre voluto, e quel che sto iniziando a credere che in realtà ho sempre cercato.

Marco ha rappresentato per me la tanto ambita accettazione, e forse continua a rappresentarlo.

Tyler, invece, sembra parlare ad una parte di me che sto iniziando a scoprire. Lui rappresenta ciò da cui fuggivo e che adesso mi ha trovata, non so come potrei spiegarlo meglio.

Con le parole, con delle semplici uscite, sta stravolgendo ogni cosa.

Marco però è la piacevolezza della tranquillità, e forse è proprio questo il motivo che mi ha spinto a rivederlo. Sto attraversando delle strane giornate, e lui è la cosa più familiare, o l'illusione più lieve, alla quale posso ancora aggrapparmi.

Ma se la sua illusione è tanto amata, perché piango sotto una cascata bollente?

L'ombra di AuroraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora