Capitolo 48

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Sono appena rientrata a casa, dopo una serata che mai avrei voluto terminasse. Però è successo, e adesso non mi resta che abbandonarmi ad un letto che avvertirà un peso diverso. Sono così felice che mi sembra di non toccare alcuna superficie, sento di volare.

Ho dato il mio primo bacio al ragazzo che amo, sarà questo quel che mi ripeterò ripensando alle mie prime esperienze.

Se non posso tornare indietro per cancellare quel che è stato, voglio almeno scegliere di ignorarlo.

Scelgo adesso di rinascere, e nessuno può impedirmi di farlo. Il futuro non appare più opprimente, immenso, irraggiungibile. Tutto quel che posso immaginare, e non, è illuminato da una nuova luce, un bagliore che investe il mio corpo fondendosi con la pelle, i capelli, l'anima e le viscere. Adesso, io, mi sento parte di qualcosa.

Vorrei svegliare i miei genitori per dir loro quanto è successo. Vorrei prendere il telefono e contattare ogni conoscente per metterlo al corrente della realizzazione di un sogno.

Il mio pensiero, però, non può che andare alle uniche vere amiche che abbia mai avuto: le ragazze della clinica. Se fossero qui con me, vorrei mi raccontassero dei loro giorni più cupi. Innumerevoli sono le volte in cui, tutte insieme confessavamo, senza mai realmente farlo, le nostre vergogne.

Nessuna si sentiva all'altezza del mondo e dei suoi abitanti, nessuna credeva di poter meritare uno sguardo differente da quello dell'impietoso specchio. Io forse non lo credo tutt'ora, ma qualcosa è cambiato, ed è per questo che vorrei vederle. Forse il mio brillare donerebbe loro speranza.

Mi veniva detto continuamente quanto non fossi io il problema. "Si tratta di una questione di tempo" dicevano, "bisogna resistere fin quando non arrivano gli amici desiderati e l'amore sognato." Non credevo nemmeno a una parola, rispondendo che se tutte le persone conosciute si comportavano al medesimo modo, allora il problema non potevo che essere io.

Nemmeno quelle splendide ragazze riuscirono a farmi cambiare idea, poiché ognuna di noi percepiva il nostro rapporto come obbligato dalle circostanze. Un sistema chiuso, protetto da sguardi e parole, difeso da spesse mura, entro il quale nessuna doveva preoccuparsi.

In clinica le stranezze erano normali, e la nostra impressione era di trovarci lì per essere riavviate, per cambiare al fine di poter vivere ordinariamente. Fuori da quel posto, nessuna si sarebbe più rivista. Il rischio era che passando del tempo insieme, saremmo tornate al punto di partenza.

Su questo letto però, c'è ora una persona differente. L'Aurora che riflette su quei giorni, sulle parole che respingeva e sulle persone che conosceva, può osservare il tutto da un'altra prospettiva, non potendo più negare che si trattava di una questione di tempo, e che quella clinica non era il sistema chiuso che credeva. Per questo vorrei averle qui con me, per fornire loro una prova.

"Se qualcuno ha visto me, allora qualcuno vedrà voi" vorrei poter dire ad Anna, Luisa e, più che a ogni altra, Serena. Forse dovrei cercarle...

Il telefono squilla, facendomi sorridere di riflesso. È un messaggio di Tyler.

"Aurora, è stato un errore. Non dovrà più succedere."

Rimango incredula a fissare le poche parole, sperando che cambino, o che arrivi un messaggio a smentirle. Passano i minuti, ma Tyler non scrive altro. Decido di rispondere, limitandomi a dirgli che la penso come lui. Spengo il telefono, spengo ogni fonte di luce, e più pesante che mai mi accascio sul letto.

Attendo che i rimasugli di euforia svaniscano, così come i bei pensieri che, ancora una volta, mi hanno illusa fino a qualche attimo fa. Lascio che le lacrime trovino strada, accompagnate da un senso di finitudine che alimenta paure e annienta speranze.

Ringrazio di non aver detto niente a nessuno, e soprattutto ringrazio di non aver avuto modo di essere per Serena e le altre quel che questo bacio è stato per me: l'ennesima, intollerabile menzogna.

Credevo di aver fatto tutto nel migliore dei modi.

Credevo che questo ragazzo mi apprezzasse senza pretendere alcun cambiamento.

Credevo di poter finalmente credere, ma adesso so a cosa è dovuto ogni fallimento, così come ogni allontanamento.

Sentendo la necessità di tornare a un dolore conosciuto, abbandono con fatica il letto, dirigendomi all'altare del mio male per portargli in dono quel che è suo di diritto.

L'ombra di AuroraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora