Capitolo 9

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Continuano a scenderle lacrime, eppure non perde la compostezza. Rimango incantata dalla sua bellezza.

«Quello che sarebbe diventato il padre del mio bambino è un ragazzo di qualche anno più grande. Ci siamo conosciuti per caso, per un brutto scherzo del caso. Inizialmente mi dava tante attenzioni, nessuno mi aveva mai guardata in quel modo, corteggiata tanto e parlato così a lungo. I mezzi lo hanno certamente aiutato, ha una sua indipendenza, una sua casa, e i familiari gli hanno assicurato un futuro privo di preoccupazioni. Avevo appena diciotto anni, frequentavo ancora la scuola, immagina come mi sentissi ad avere al mio fianco un ragazzo già uomo per tanti aspetti. Quando capii che non voleva una fidanzata ma un oggetto, era troppo tardi.»

Fa una pausa scandita da singhiozzi. Porta una mano sul ventre, e ricomincia il racconto.

«I miei genitori non condividevano. Sai, credo che a volte i genitori si facciano una strana idea di educazione, si convincono che i figli abbiano precocemente gli strumenti che servono per fare scelte autonome. Mi hanno cresciuta così, e quando le mie scelte mi portarono da quel ragazzo, non mi diedero gli strumenti per comprendere, ma provarono per la prima volta ad impedirmi di fare qualcosa. Non funzionò, ed io mi trasferii da lui. Mi usò Aurora, in tutti i modi possibili. Sapeva che avevo bisogno di quel luogo e lui non ci perdeva nulla. Lasciai la scuola quando scoprii di essere incinta, e lui non la prese bene. Mi disse di abortire, ed io finsi di essere d'accordo. Tornai dai miei genitori supplicandoli, ma non vollero sentire ragioni. Credo che lo stress ed il nervosismo fecero capire al mio bambino che sarebbe stato meglio non venire al mondo. Ebbi un aborto spontaneo, da sola, nel bagno di una casa che ormai era una prigione.»

Torna a guardarmi e i suoi occhi sembrano gridare.

«Lui continuò ad usarmi, prestando solo un po' più di attenzione. Ero sola, senza un soldo, senza un tetto e senza nessuno su cui contare. Cercai lavoro, lo cercai tanto, ma c'era sempre qualcosa che non convinceva chi avrebbe dovuto assumermi. Quando trovai un ristorante che mi prese in prova, alla quarta sera caddi al suolo. Chiamarono un'ambulanza e in ospedale scoprii i miei problemi con il cibo. Non mi ero nemmeno resa conto di essere dimagrita tanto, per me non c'era nulla che non andasse. A diciannove anni scoprii questo posto, ed è ormai da un anno che mi trovo qui. Ci sono giorni in cui credo di stare meglio, e altri in cui mi rendo conto di essermi costruita una gabbia intorno.»

«Ma Serena tutti i discorsi che abbiamo fatto, i tuoi sogni, i desideri. Puoi raggiungerli tranquillamente, hai solo bisogno di tempo.»

Sorride, e mi meraviglio ancora una volta dell'impatto di questa bellezza che sembra sospesa tra la vita e la morte.

«Ricordi quando non avevo sigarette? Era perché avevo finito i soldi. Da allora è Maria che me le compra, quella ragazza non merita il modo in cui la trattiamo.»

Distolgo lo sguardo, ferita da quest'ultima frase.

«Aurora, non sono nemmeno in grado di trovare lavoro. Sia il mio corpo che il mio cervello mi remano contro, e nonostante sia qui da un anno, mi convinco sempre più di poter solo sognare.»

«Mi dispiace, davvero. Nemmeno immaginavo tutto questo» dico per giustificare la mia cecità.

«Ci sono cose che non si possono intuire. Però io ho capito quello che stai facendo. Aurora hai 17 anni, genitori che anche se sbagliano ti amano, e la possibilità di cambiare vita.»

«Serena, per favore non...»

«No, adesso mi ascolti» dice impedendomi di interromperla «perché serve sempre qualcuno che dica le cose come stanno, anche se consapevole che possano non piacere. Dicevo, hai solo 17 anni. Da quel che ho capito, il tuo piano geniale è fingere, soltanto questo. Fingere per poter poi trovare i compromessi per evitare di cambiare davvero, non è così? Magari riuscirai davvero ad essere una persona diversa da quella che sei davvero, almeno superficialmente. Ma tutto questo ti condurrà inevitabilmente alla solitudine. E sai quanto avrei voluto qualcuno accanto in questi anni? Nemmeno riesco ad immaginare cos'avrei potuto fare.»

«Serena ci sono cose che non sai.»

«Lo so, non ho certo la presunzione di sapere tutto quello che ti ha condotta fin qui. Immagino però che c'entri la stupidità della gente» si alza dal letto dirigendosi verso la porta.

«Dove vai?»

«Un'altra cosa che ho capito di te è che sei molto intelligente. Quindi non penso serva che ti dica altro, giusto?»

«Giusto.»

«Perfetto. Un'ultima cosa Aurora: nei periodi di confusione, chiediti cosa faresti se sapessi di avere le ore contate. Adesso vado a fare una doccia prima di cena.»

«Ci vediamo dopo allora.»

Esce chiudendosi la porta alle spalle, senza lasciarmi il tempo di controbattere, di oppormi, o di consolarla un po' di più. Se ne va lasciandomi come una stupida, se non altro, con qualche riflessione in più.

L'ombra di AuroraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora