Capitolo 39

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Stiamo guardando "Harry ti presento Sally", che a dire di Tyler è un classico che non può non essere visto, qualcosa che non passerà mai di moda.

L'interrogativo che pone il film è se possa o meno esserci una sincera amicizia tra uomo e donna, e lo fa tramite il rapporto dei due protagonisti, che si sviluppa nel corso degli anni intaccando ogni ambito delle rispettive realtà. Ho visto film meno datati trattare l'argomento, ma devo dire che questo è indubbiamente il migliore.

Mi domando, dalla prima mezz'ora, perché Tyler abbia scelto proprio questo.

Se non vuole illudermi, sta sbagliando tutto.

«Per te può esserci?» gli domando mentre i due protagonisti cantano in un negozio.

«No.»

«Quindi non credi che, in alcuni casi, uomini e donne possano essere amici?»

«Credo che potrebbe succedere, ma è estremamente raro. O meglio, credo accada dopo un po' che ci si conosce. Però sono convinto che, quasi sempre, uno dei due provi qualcosa in più, anche se non lo ammetterebbe mai.»

Se non ci crede, perché passa tanto tempo con me?

Abbassa il volume, facendomi intendere che attende che questa domanda la rivolga a lui.

Inizio a percepire l'agitazione, ma dopo aver aperto questa parentesi non posso tirarmi indietro.

Prendo un lungo respiro.

«Quindi, se tutto quello che dici è vero, perché...» il suono della serratura mi impedisce di proseguire. Tyler mi guarda con un'espressione indecifrabile. Non fa in tempo a parlare, che mia madre irrompe nella scena.

«Oh. Ciao Aurora, chi è il tuo amico?» chiede, anche se so che ha capito di chi si tratta. Di tanto in tanto gliene ho dovuto parlare.

«Piacere signora, mi chiamo Tyler» mi anticipa lui, andando a stringerle la mano.

«Piacere mio, e chiamami Angela. Quindi sei tu il ragazzo con cui mia figlia passa tanto tempo.»

Sapevo che lo avrebbe detto, e di certo proverà a comprendere se tra noi c'è qualcosa.

«Quindi sua figlia si è già lamentata di me?» chiede Tyler ridendo.

«No, ha solo belle parole. Tyler, te lo ripeto, dammi del tu.»

Iniziano a parlare, tagliandomi fuori dal discorso.

Mia madre prova a raccogliere più informazioni possibili, e Tyler mi sorprende per i modi che adotta. Non ricordo di averlo mai visto tanto cordiale, sembra essere diventato il ragazzo che ogni madre sogna per la propria figlia. Ha una capacità di adattarsi alle situazioni che mi spaventa. Qualunque siano gli abiti che indossa, riesce ad essere convincente.

Forse è un metodo che usa anche con me, forse non ho idea di chi sia realmente, ma non ha nessuna importanza. Quel che conta adesso è che probabilmente mia madre, tornata prima per chissà quale motivo, mi ha fermata in uno dei rari istanti in cui ero convinta di muovere un passo decisivo.

«Ti fermi a cena con noi stasera?»

Eccola, la temuta domanda arriva senza che io possa fare niente per evitarla. Non avrei voluto fosse lei ad invitarlo a cena per la prima volta.

«Se non disturbo, certo, mi farebbe molto piacere» risponde Tyler sorridendo.

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«Non vado a pescare ormai da anni. Molti dicono che non ne vale più nemmeno la pena» dice mio padre porgendo del pane a Tyler, che ormai ha conquistato entrambi i miei genitori.

«Non sbagliano. Da qualche anno va di moda calare le reti a riva, e come se non bastasse stringono anche le maglie, così da intrappolare perfino i pesci più piccoli. In pratica, stanno rovinando l'equilibrio marino.»

In tavola ci sono più tipi di carne, mia madre ha cucinato per un esercito.

Era per questo che desideravo che Tyler venisse a cena soltanto quando mi sarei sentita pronta, per non essere sola anche in sua compagnia. Non abbiamo mai cenato insieme se non contiamo la sera in cui ci siamo conosciuti, e questo ha permesso ad entrambi di gestire il mio segreto con la giusta delicatezza. In questa situazione, però, lui riuscirà a non osservare il mio piatto, anche solo per benevola ingenuità?

Il mio desiderio di sapere se prova o meno qualcosa per me, svanisce tra il rumore delle posate, tra la masticazione, tra la fame dei miei compagni di tavola. Silenziosamente, senza che nessuno se ne renda conto, mi ritiro in un sogno, in una realtà in cui, su questa sedia, rimane soltanto la mia rappresentazione.

Dall'alto assaporo la leggerezza che mai potrò raggiungere. Osservo il mio corpo ingurgitare cibo provando un senso di invidia. Quando non mi trovo al suo interno sembra stare bene, e vorrei che si comportasse così anche in mia compagnia.

Fluttuo sopra mia madre, che corteggia Tyler vedendo in lui qualcosa di positivo.

Raggiungo mio padre, al quale vorrei chiedere scusa per non essere il figlio maschio che ha sempre voluto e che adesso sembra risiedere in colui sul quale, muovendomi, verso lacrime di dispiacere. Riuscirei a renderlo felice, senza risultare un peso? Mentre il mio fluttuare si fa sempre più concreto, qualcosa di inaspettato accade senza che nessuno di fisico possa rendersene conto: Tyler percepisce la lacrima che dall'alto scorre. Lo osservo rabbuiarsi, e il suo interesse torna vivo sul mio corpo. Non guarda il piatto però, quello sembra non rientrare nel suo campo visivo. Torno ad animare la massa informe al mio posto.

«Aurora, potresti indicarmi il bagno?» chiede Tyler parlandomi con gli occhi.

«Certo, ti accompagno.»

Si scusa con i miei genitori, seguendomi subito dopo lungo il corridoio.

«Perdonami, non credevo che tua madre mi chiedesse di rimanere a cena. Mi ha colto di sorpresa e non so dire di no in occasioni simili.»

«Non devi scusarti, non hai fatto nulla di male.»

«Invece ho sbagliato. Avrei dovuto attendere che fossi tu a chiedermelo.»

Mi fermo di fronte alla porta del bagno. Lo abbraccio, gli sussurro un "grazie", e torno a tavola senza dargli il tempo di aggiungere altro. Qualunque cosa sarebbe di troppo, ha pronunciato le esatte parole che avevo bisogno di sentire.

Ha capito, e questo basta a farmi stare meglio.

L'ombra di AuroraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora