Capitolo 15

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Non ha nemmeno scritto un messaggio. Nessun "mi dispiace", nessuna buonanotte, o buongiorno per iniziare con il giusto piede la giornata di oggi. Niente, non ha fatto assolutamente nulla.

Provo un'infinita rabbia per il suo comportamento, per le ore che ho trascorso domandandomi se parte della colpa non fosse mia. Forse lo è, non lo escludo, ma perché non scrivermi? Perché ignorarmi a tal punto?

E tutto è arrivato nel momento peggiore, quando mi domandavo se il suo non volermi presentare ai genitori non celasse un'insicurezza nel rapporto.

«Aurora qualcosa non va?» domanda mia madre dalla tavola, vedendomi incantata a fissare la fiamma del fornello.

«No mamma, tutto bene. Papà anche tu vuoi il caffè?»

«Sì grazie.»

«Sei sicura?» insiste ancora mia madre.

«Certo che lo sono.»

«Oggi esci con Marco?»

Dal suo tono comprendo che sta tastando il terreno. Se le dico di no, inizierà a fare domande fin quando non mi avrà tirato fuori ogni piccola verità.

«Sì, dovremmo vederci nel pomeriggio. È una bella giornata e non c'è nemmeno tanto freddo, quindi penso faremo una passeggiata.»

Verso il caffè, ringraziandolo di essere salito giusto in tempo per disinnescare altre domande.

Porgo la tazzina a mio padre, svegliandolo dal torpore nel quale il divano lo aveva guidato.

Quando arrivo a mia madre, gioca l'ultimo asso.

«Grazie. Dove hai detto che è andato ieri sera?»

«A cena dai suoi zii.»

Fortunatamente tengo bene a mente le menzogne. Devo ricordarmi di avvertire Marco.

«Adesso vado un po' a correre in spiaggia. Ti va di venire?»

La prima volta ha accettato, ma da allora non è mai più venuta. Troppo stancante dice.

«Se camminiamo sì.»

«No, spiacente.»

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Il rumore del mare scandisce le scene che si susseguono nella mia mente.

La libertà di poter correre da soli, o di uscire senza essere supervisionati, dovrebbe essere un diritto. Ma io ho dovuto guadagnare ogni cosa, e non posso permettermi di perderla. Così come non posso, per una stupida incomprensione o pretesa, allontanare colui che mi ha donato la normalità.

È sempre stato amorevole, mi ha regalato un gruppo di amici, una storia d'amore, mi ha fatto comprendere cosa significhi essere desiderata. Come se non bastasse, ci sono volte in cui riesce perfino a convincere me di quel che dice di vedere.

Una volta a casa, lo chiamerò scusandomi per il mio comportamento.

Mi guardo intorno per assicurarmi di essere da sola.

La distanza da casa è più che sufficiente, ma è sempre meglio prestare attenzione che non ci siano occhi indiscreti. In un posto come questo, le voci corrono veloci.

Certa che non ci sia nessuno, poggio una mano su uno scoglio, recupero fiato, e lascio che il buio emerga.

L'ombra di AuroraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora