Capitolo 26

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«Ti piace il mare?»

Non risponde, continua a camminare perso nei pensieri.

La musica di un lido lontano ci raggiunge, ricordandomi che c'è vita oltre i nostri passi illuminati dal chiaro di luna.

«Sai, quando avevo cinque anni un amico di mio padre lo invitò a pescare. Mi portarono con loro, ed imparai le basi della pesca da terra. Dopo quella volta divenne quasi un appuntamento fisso. Mio padre ed io andavamo ogni fine settimana» dice guardando un ricordo.

«E adesso? Non andate più?»

«Adesso non c'è spazio per la tranquillità, e senza quella non si può andare a pescare. Quando venivamo di notte spesso mi addormentavo. Si arrabbiava perché così lo costringevo a fare anche il mio lavoro, però ricordo che cercava della legna per accendere un piccolo falò, così non sentivo freddo. Queste cose devo ammettere che mi mancano un po'.»

È la prima volta che appare sensibile ai miei occhi.

«Dev'essere bello pescare» dico sperando che continui a lasciarsi andare. Voglio che mi parli di sé, ma preferisco evitare linterrogatorio.

«Lo è.»

Si china per prendere un pezzo di legno che il mare deve aver rifiutato.

«Guarda» dice mettendosi a pochi passi dall'acqua, con lo sguardo diretto sul fascio di luce della luna. Incastra parte del legno sotto il braccio, e con una mano simula il movimento che si fa per raccogliere la lenza con il mulinello. Riconosco il gesto perché anche mio padre pescava una volta, e mi è capitato di vederlo.

«Vedi Aurora, proprio non capisco chi pesca con le reti. Va bene se lo fai per lavoro, ma c'è chi lo fa per avere la soddisfazione di catturare più pesci. Così perdi il piacere della caccia, e giochi una partita in cui è quasi certo che tu vinca. La tua preda non ha alcun vantaggio.»

«Da terra è tanto diverso? Anche tu usi delle trappole.»

«Certo, ma sono trappole facilmente evitabili. Ci sono alcuni pesci che riescono persino a rubarti l'esca senza che tu te ne renda conto. E poi devi essere abile. Quando raccogli, succede che se un pesce inizia a mangiare l'esca avverti una vibrazione» mima un tremolio e sorride, come se stesse vivendo in questo istante la sensazione «e allora tu puoi pazientare e dargli il tempo di agganciarsi, oppure puoi peccare di premura e farlo fuggire. È molto più semplice perdere una preda che catturarla, perché anche quando sei certo di averla in pugno, può sfuggirti fino all'ultimo istante. Non è raro che fuggano nell'attimo in cui si sollevano dall'acqua. Basta un movimento sbagliato, una loro ultima mossa, ed ecco che rimani come un idiota a fissare l'acqua. Con la rete non vivi nulla di tutto questo.»

Poggia nuovamente il pezzo di legno sulla spiaggia e riprendiamo a camminare.

«Non ami avere troppo vantaggio quindi.»

«No, credo che ogni cosa perda senso. È più bello riuscire ad ingannare qualcuno che ha le tue stesse possibilità di vittoria, e vale tanto nella pesca quanto nella vita.»

Mi chiedo quali siano i suoi assi nella manica. Una delle cose che subito mi è saltata all'occhio è la sua capacità di non farsi vedere. Arriva senza che nessuno lo noti, per divenire poi un protagonista. Questo almeno è quanto ho potuto constatare osservandolo in mezzo agli altri.

Tutti stanno a sentirlo, a patto che sia lui a volersi far ascoltare.

Mi avrebbe mai incuriosita se mi fossi resa conto del suo arrivo?

«Quindi è stata la pesca ad insegnarti la pazienza?»

«Sì. Quella, il pugilato ed il biliardo.»

«Non avrei mai messo il pugilato tra le cose che richiedono pazienza» dico manifestando tutta l'ignoranza in materia.

«Male, finiresti per correre rischi inutili. Andavo in una palestra gestita dal miglior maestro che abbia mai conosciuto. Non posso dire di aver preso parte a dei veri incontri, non ho mai partecipato ad una competizione, ma lì dentro si combatteva sempre. Ci sono allenatori convinti che basti insegnarti le linee per farti scontrare con degli avversari, ma fortunatamente il maestro non la pensava così. Ci faceva combattere tra di noi, e ho capito a mie spese quanto sia stupido essere certi di battere qualcuno solo per un vantaggio di stazza, o scagliarsi subito a tirare pugni a testa bassa. Sul ring devi studiare chi ti sta di fronte, capire quali sono i suoi punti di forza e le sue debolezze, e sfruttarli per assestare un buon colpo. Il tutto evitando di farti mandare a terra nel frattempo. Se c'è una cosa di cui sono certo che mi pentirò, è di non aver intrapreso la carriera da pugile.»

«Perché non lo hai fatto?» questa volta la domanda è dobbligo.

«Per una lunga serie di ragioni.»

Forse ho preteso un po' troppo.

Il mare di notte rende malinconici, e Tyler sembra ormai in balia del passato. Ma c'è unaltra cosa oltre alla malinconia che si può avvertire ascoltando le onde, ed è la voglia di lasciarsi andare.

«Tyler, qualche anno fa sono stata in una clinica per disturbi alimentari» dico di getto, senza concedermi il tempo di cambiare idea.

Lui non dice niente, mi guarda come per dire "ti ascolto".

«Non lo sa nessuno di quelli che conosco, a parte i parenti ovviamente. Quando accadde andavo in un'altra scuola, non uscivo quasi mai e quindi nessuno qui sapeva chi fossi. E adesso mi impegno affinché non lo sappiano le amicizie che finalmente ho.»

«Perché è così importante che non si sappia?»

«Mi vergogno tutt'ora di quel periodo, e ricordo bene quanto nessuno mi volesse intorno.»

Accendo una sigaretta sperando di prevenire l'ansia. Lui ne prepara una per non lasciarmi fumare da sola.

«Aurora se realmente nessuno ti voleva intorno, di certo tu non avevi colpe. Erano loro che avevano qualcosa di cui vergognarsi, non tu.»

«Perché? Perché a quell'età non volevano pensare a cose simili? Perché non volevano uno sbaglio come amica?»

Si ferma, poggiandomi una mano sul braccio per fermare anche me.

«Non credo tu abbia capito. Solitamente la gente tende a prendere di mira qualcuno per due motivi: o è stupida, o ha qualcosa di cui vergognarsi. In entrambi i casi è meglio indossare una maschera per non farlo capire agli altri, così creano una vittima innocente. E poi, non ho mai parlato di sbaglio. Ognuno fa cose diverse dagli altri. Pensi che le persone che conosci non abbiano dei segreti? Pensi che anch'io non faccia o abbia fatto cose che preferisco non far sapere? Non c'è niente di sbagliato in te.»

«Volevi dire che non "c'era" niente di sbagliato.»

Distoglie lo sguardo.

No, non può essere. Sono stata attenta.

«Tyler, cosa credi di sapere?»

L'ombra di AuroraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora