Capitolo 25

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 Il bar nel quale si incontrarono era dotato di un bellissimo giardino interno e Can scelse un tavolino appartato perché, non solo desiderava un po' di intimità, ma, se aveva incominciato a conoscere un po' Sanem, sapeva che lei detestava essere al centro dell'attenzione.

Mentre aspettavano le ordinazione cercò di riordinare le proprie idee poiché tante erano le domande che voleva farle, ma lei lo precedette: "Com'è Londra?" gli chiese.

"Piovosa" rispose di getto.

Sanem rise. Una risata spontanea che scaldò il cuore di Can.

"Londra è come una vecchia signora: al primo impatto ti appare austera e di antiche maniere, ma poi, quando impari a conoscerla, è ospitale e ti mette a tuo agio. A Londra puoi essere tutti o nessuno. Ci sono angoli della città dove il tempo sembra si sia fermato e tu hai l'impressione di essere catapultato in un'altra epoca. Da un momento all'altro ti aspetti di veder comparire, da dietro l'angolo, una carrozza trainata dai cavalli..."

"Dev'essere meravigliosa" osservò Sanem con sguardo sognante "Quando ero ragazzina immaginavo di venir scritturata dalla Royal Ballet e di girare il mondo, esibendomi nei teatri più famosi: Londra, New York, Milano...ma poi, beh poi ho dovuto rivedere i miei sogni..."

" E adesso cosa sogni?" le chiese Can

Sanem lo guardò come se le avesse fatto una domanda senza senso: "Adesso ho semplicemente smesso di sognare..."

Furono interrotti dall'arrivo dei panini e cominciarono a mangiare continuando a chiacchierare tra un boccone e l'altro, ma spostando la conversazione su temi più frivoli.

Can scoprì in Sanem un'interlocutrice spiritosa e attenta e, a differenza delle donne che aveva frequentato fino ad allora, un'amante del cibo, il che era una vera gioia per gli occhi. Detestava uscire a pranzo o a cena con persone che ordinavano dal menù calcolando le calorie delle varie pietanze e alla fine finivano col farsi portare solo "due foglie" di insalata. Era desolante. La tavola doveva essere un momento di convivialità, un'occasione per conoscersi in maniera rilassata, non una punizione.

"Dolce?" le chiese immaginando che si tirasse indietro.

"Ohh sì! Qui hanno una torta al cioccolato davvero deliziosa!"

Can la guardò sbigottito: "ma dove metti tutta la roba che mangi?"

Sanem smise di sorridere e divenne seria: "Dice che ho esagerato?"

"No, no, assolutamente" si affrettò a tranquillizzarla " ma vedi tu sei così, così...insomma hai un corpo così perfetto che immaginavo seguissi una dieta ferrea..."

Sanem cercò di nascondere l'imbarazzo e ripose: "Beh, la danza in questo mi aiuta...certo se fossi una ballerina professionista dovrei stare più attenta, ma non lo sono..."

"Quando hai cominciato a ballare?"

"A dir la verità mi pare di averlo sempre fatto. Danzare mi permette di esprimere me stessa: c'è chi lo fa con le parole, chi con la musica o la pittura, io lo faccio ballando, è parte di me. Per questo anche dopo l'incidente non ho rinunciato. Non è questione di bravura ma di sopravvivenza.."

Adesso sembrava che stesse parlando più con se stessa che con Can e lui ne rimase colpito. Avrebbe voluto afferrarle la mano e stringerla nella sua, ma si trattenne e le chiese ancora: "Cosa ricordi dell'incidente?"

"A dir la verità non molto. Avevo appena finito di allenarmi ed ero uscita dalla palestra di Osman. Avevo gli auricolari e stavo ascoltando della musica...forse per questo non ho sentito sopraggiungere la macchina che mi ha investito...è stata anche colpa mia..."

"Non dirlo neanche per scherzo!" esclamò Can alzando la voce più di quanto volesse "scusami non volevo sembrare brusco, ma non credo assolutamente che tu sia responsabile di quello che è capitato"

Sanem lo guardò incuriosita ma non commentò, limitandosi ad aggiungere:" In ogni caso non ricordo altro e, purtroppo, nessuno ha visto niente, quindi nessun colpevole..."

Can strinse la mascella trattenendosi a fatica.

"Adesso, però, parliamo un po' di lei sig. Can" lo spronò Sanem, che ormai aveva perso l'iniziale timidezza.

"D'accordo, cosa vuoi sapere?"

"Tutto!"
"Tutto? Ne sei proprio sicura?" le chiese in tono canzonatorio.

Sanem sgranò gli occhi arrossendo violentemente: "Perché le piace tanto mettermi in difficoltà sig. Can?"

"Scusami.... Allora, sono nato qui ad Istanbul, mio padre, prima di andare in pensione, faceva il giudice e mia madre l'insegnante. Si sono separati quando io ero adolescente ma hanno gestito bene la cosa ed io non ne ho risentito. Ho frequentato l'università a Londra e mi sono laureato con ottimi voti in Economia e Finanza. Lì ho anche conosciuto quelli che ora sono i miei soci."

"Non le manca Istanbul, la sua famiglia...?"

"Sono figlio unico ed i miei genitori pur amandomi molto mi hanno sempre spronato a viaggiare, a vivere esperienze fuori dal mio ambiente, mi hanno cresciuto come uno spirito libero per cui non ho mai messo radici profonde e poi...."

A parte Luke nessun altro sapeva come si fosse sentito e cosa avesse passato dopo il rifiuto di Melis, ma Can decise che, se voleva ottenere la fiducia di Sanem, doveva fare il primo passo e così continuò: " e poi volevo stare lontano da qui, allontanarmi da tutto ciò che mi ricordava Melis..."

"La signorina Demir?" lo interruppe Sanem, per assicurarsi di aver capito bene.

"Già" confermò lui " ho conosciuto Melis che ancora frequentavo l'università a Londra. Ci siamo innamorati subito e appena potevo tornavo in Turchia per stare con lei. Quando poi mi sono laureato lei mi ha raggiunto in Inghilterra ed abbiamo vissuto insieme per un po'. Ero al settimo cielo, non mi mancavo nulla, mi sentivo completo come non mai. Le chiesi di sposarmi ma lei mi disse che voleva fare la modella e che quella era la sua priorità. Mi lasciò e tornò ad Istanbul. Non la vidi più."

"Mi dispiace" sussurrò Sanem prendendogli istintivamente la mano che aveva abbandonato sul tavolo. Can la strinse nella sua traendo un grande appagamento da quel semplice tocco.

" Da allora" continuò " non sono più riuscito a lasciarmi andare con nessun'altra donna e tanto meno ne ho parlato con una donna.....Tu sei la prima!"

Sanem lo guardò, non sapeva davvero cosa dire, gli appariva così vulnerabile in quel momento e così sincero! Ma non poteva dimenticare cosa le aveva detto a proposito di quel bacio che si erano scambiati.

Lui sembrò leggerle nella mente: " Non ho mai finto con te Sanem. Quando ti ho baciato lo desideravo e lo desidero anche adesso, in questo preciso momento, ma non voglio farti del male né voglio farne a me stesso. Prima devo essere sicuro che con Melis sia davvero finita..."

"Certo, lo capisco sig. Can. Per guardare avanti bisogna prima chiudere con il passato ed io le auguro con tutto il cuore di riuscire a farlo, perché vivere con il rimpianto di ciò che poteva essere, ma non è stato è un fardello pesante da portarsi dietro!" 

Quelle parole, pensò Can, sembrava non fossero destinate solo a lui ma fossero rivolte anche a se stessa e ne ebbe la conferma quando scrutandola vide i suoi occhi umidi di lacrime.

LA MAGIA DELL'IMPERFEZIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora