Capitolo 31

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 "SANEM!" quel grido disperato gli fece accapponare la pelle e Can si girò di scatto giusto in tempo per vedere un suv che, in retromarcia, stava per investire Sanem.

Agì d'istinto, senza pensare, e con in balzo le fu addosso, la spinse di lato e lei cadde rovinosamente a terra insieme a lui che cercò in qualche modo di proteggerla.

"Stai bene?" le chiese aiutandola a rialzarsi.

Lei lo guardò con gli occhi sbarrati: "Sì....credo di sì....grazie!" gli rispose con voce tremante.

Intanto un piccolo gruppetto si era radunato attorno a loro per accertarsi delle loro condizioni.

"Sanem, Sanem, giuro che non ti avevo visto..." era Cemal spaventato e pallido che, fermato il suv, era accorso da lei.

Can fuori di sé dalla rabbia si scagliò contro di lui: " Non te la caverai anche questa volta Cemal" lo minacciò "ed ora vattene immediatamente da qui, prima che io faccia qualcosa di cui possa pentirmi" gli ordinò prendendolo per il bavero della giacca.

"Sig. Can, la prego si calmi, non l'ha fatto apposta" intervenne Sanem per evitare che la situazione precipitasse "lo lasci andare, la prego, non è successo niente..."

Il suono della sua voce lo fece rinsavire e Can mollò la presa per spostare la sua attenzione su di lei.

"Sali in auto Sanem, ti riporto a casa!" le ordinò.

Lei non fiatò e fece come le aveva detto.

Quando furono soli in macchina, Can si accorse che lei tremava come una foglia ed una macchia scura sui pantaloni, all'altezza del ginocchio, faceva intuire che si fosse ferita.

"Ti porto in ospedale" sentenziò.

"Non è necessario, sig. Can...davvero. Mi porti da Osman, passerò la notte da lui, non voglio che mio padre mi veda in queste condizioni..."

"Osman??? Non se ne parla proprio, verrai da me...ho una camera degli ospiti..."

Sanem non lo aveva mai visto così alterato e preferì non opporsi, anche se quella soluzione non le piaceva per niente.

Durante il tragitto, di tanto in tanto, Can le lanciava delle occhiate per accertarsi che non svenisse e, quando vide che riprendeva colore e che anche il tremore diminuiva, si tranquillizzò.

Sanem, dal canto suo, era in completa confusione. Aveva trovato la reazione di Can nei confronti di Cemal a dir poco esagerata e poi non capiva che fine avesse fatto Melis. Se erano tornati insieme perché non era andato con lei al Sortie? Di nascosto lo guardava: la mascella contratta, la fronte corrugata, gli occhi puntati sulla strada. Perché era così arrabbiato?

Dopo quella che le sembrò un'eternità arrivarono a destinazione: una bella villa recintata, con un grande giardino. Can l'aiutò a scendere e la condusse in casa. "Aspetta un attimo qui" le disse "vado a prenderti qualcosa...Non puoi rimanere con quegli abiti e poi è meglio medicare la ferita al ginocchio."

Una volta rimasta sola Sanem si guardò attorno. Si trovava in un ampio ingresso che si apriva direttamente su un soggiorno dotato di vetrate scorrevoli attraverso le quali era possibile accedere direttamente al giardino. Una libreria occupava un'intera parete e un caminetto troneggiava in un angolo.

"Ecco qui. Puoi indossare questa." le disse Can, che era sopraggiunto alle sue spalle, porgendole una maglietta " la camera degli ospiti è in fondo al corridoio sulla sinistra. C'è anche un bagno con degli asciugamani puliti. Intanto che tu ti sistemi io recupero il necessario per medicarti"

"Va bene...grazie"

Mentre aspettava Can ripensò alla serata appena trascorsa. Niente era andato come doveva. Sembrava, quasi, che tutte le forze della natura fossero contro di lui. L'unico aspetto positivo era il fatto che adesso lei fosse lì con lui, anche se avrebbe preferito che le circostanze fossero diverse.

Si avvicinò alla porta della camera e bussò leggermente.

"Venga pure" lo invitò Sanem.

Quando entrò, lei apparve dal bagno. Era scalza, con indosso la sua maglia che le arrivava a metà coscia e che lei si ostinava a voler allungare ancora di più tirandola lungo i lati. Aveva sciolto i capelli e lavato via il trucco dal viso. Sembrava una ragazzina e gli fece un'infinita tenerezza.

"Siediti che ti disinfetto il ginocchio" le disse.

"Posso farlo da sola" replicò lei

"Lo so, ma voglio farlo io!" di nuovo quel tono autoritario che la faceva capitolare ogni volta.

Senza dire una parola si sedette sul bordo del letto sempre tenendo stretta la maglia e tirandosela vicino.

Fortunatamente la ferita non era profonda ed aveva smesso di sanguinare. Can si inginocchiò davanti a lei e, facendo attenzione a non farle male, gliela pulì e poi ci mise sopra una garza:

" Tienila ferma un attimo intanto che ti metto il cerotto" le ordinò. Lei ubbidì ma per farlo dovette lasciare la presa sulla maglia, che si sollevò leggermente ed allora Can comprese. Non era pudore il suo, o meglio non era pudore per la propria nudità, ma vergogna per un'orribile cicatrice che le partiva a lato del ginocchio destro e risaliva lungo la coscia.

Con gentilezza le scostò la mano e alzò il viso a guardarla. Stava piangendo in silenzio e lui si sentì morire per tutta la sofferenza che lesse nei suoi occhi.

Lentamente la invitò ad alzarsi in piedi e la condusse davanti allo specchio del bagno ponendosi alle sue spalle.

"Sai cosa vedo Sanem?" Le chiese. Lei scosse il capo e lui continuò "Vedo una bellissima donna, forte, determinata e tremendamente desiderabile...una donna di cui mi sono innamorato e che non riesco a togliermi dalla testa..."

LA MAGIA DELL'IMPERFEZIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora