Capitolo 17

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Non avrei preso parte al Gran Premio quel giorno. Purtroppo la botta che avevo dato, aveva danneggiato la macchina, a tal punto, da non poter gareggiare. Dire che ero infuriato, era dire poco. Non solo avevo perso la possibilità di partire primo, ma anche di poter correre durante il circuito più importante per me. Non potevo prendermela con nessuno, se non con me stesso. Ma non c'era stato solo questo a farmi passare la notte in bianco. Non riuscivo a togliermi dalla testa quel bacio. In nessun modo, l'immagine delle mie labbra sulle sue, mi aveva lasciato in pace. E sapere che quella mattina l'avrei rivista, rendeva la situazione ancora più peggiore. Fare finta di niente poteva essere difficile, se lavoravi fianco a fianco, e ogni giorno, insieme a quella persona che volevi evitare.

Ed eccomi qui nei boxe, il giorno della gara a cui non avevo potuto partecipare, e con la persona, che meno di tutte avrei voluto vedere, dopo ieri, neanche a 2 metri di distanza. Fosse per me non mi sarei presentato qui, ma come al solito la facciata della Ferrari doveva essere mantenuta. E da una parte Sainz meritava che il suo compagno di squadra lo sostenesse. Soprattutto dopo che si era qualificato in prima fila, solo dopo Verstappen. Ero contento per lui, davvero.
"Puoi stare al muretto, Charles" mi disse Mattia Binotto, dandomi una pacca sulla spalla in segno di conforto. Annuii, anche se in quel modo sarei stato l'obiettivo delle telecamere. Ma anche quello faceva parte della facciata. Mi sembrava di essere un'altra persona quando fingevo di essere felice e fiducioso durante le interviste. Io non ero per niente felice e tantomeno fiducioso che le cose potessero cambiare. E potevano darmi tutti i soldi possibili e immaginabili, ma stavo arrivando ad un punto di rottura. Non facevo questo lavoro per il denaro. Lo facevo perché lo amavo. Perché desideravo vincere. Perché era l'unica cosa che mi faceva sentire libero. E avrei voluto essere campione del mondo un giorno, perché era il mio sogno, e poi perché lo avevo promesso a lui.

Il risultato, rese più amaro il mio errore. Se solo non fossi andato a sbattere, probabilmente sarei finito sul podio. Sainz, infatti, si era classificato secondo percorrendo una gara pressoché perfetta. Tutta la squadra era orgogliosa di lui e anche io nel mio piccolo. Perciò, anche se comunque mi era stato imposto, andai sotto il podio per festeggiare la prima volta della Ferrari, quest'anno. E mentre guardavo Carlos alzare il suo trofeo, non potei fare a meno di chiedermi, se sarei salito anche io, prima o poi, su quel podio, quest'anno. E la paura di non farcela, mi fece vacillare per un attimo. Sapevo che in quel momento il senso di delusione si poteva percepire perfettamente nel mio sguardo. Ne ebbi ancor di più conferma quando distogliendolo da quell'immagine che mi causava dolore, incontrai quello di una persona che avevo conosciuto da poco, ma che comunque aveva già fatto tanto. Non so ancora se in senso buono o meno. E non ci tenevo neanche a scoprirlo. In ogni caso, però, non gli erano sfuggite le mie emozioni. Lo potevo capire dall'incertezza che percepivo in lei di decidere se venire o no a confortarmi. Decisi io per lei, tornando ad essere quello di sempre.

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Non ero stato in grado di rifiutare la festa dei tre vincitori della giornata. Anche perché, uno dei tre, era il mio team mate. Non ero dell'umore di festeggiare, ma ero comunque lì a sostenere Carlos. Invece per quanto riguardava Verstappen, cercavo di tenermi il più lontano possibile da lui. Non mi era piaciuto come si era rivolto, per l'ennesima volta, a Catherine quella sera in cui lei e Victoria erano tornate in hotel brille. O meglio la prima era brilla, l'olandese, invece, non si reggeva neanche in piedi. Però invece di prendersela con sua sorella, ha fatto ricadere la colpa sull'altra ragazza, minacciandola anche, di rovinarle la vita. Quel ragazzo non aveva limiti. Non ero intervenuto perché l'unica cosa che riuscivo a pensare era il motivo per cui Catherine avesse bevuto. Tanto che glielo avevo chiesto quando gli animi si erano calmati e tutti erano rientrati nelle loro stanze. Domanda che, però, non ebbe una risposta. Ma lei, era sempre stata così da quando l'avevo conosciuta. Tutto ciò che poteva mostrare qualcosa di lei, tendeva a sviarlo. C'era qualcosa di cui aveva paura. Probabilmente qualcosa del passato. Avevo fatto caso al fatto che non parlava mai delle sue origini o della sua famiglia. Tutto ciò che si sapeva di lei, erano il nome e il cognome e ovviamente la sua carriera universitaria. Per il resto niente. Neanche la città di nascita. Un fatto avvenuto anni fa, l'aveva profondamente segnata, non c'erano dubbi. E non ero certo di voler sapere cosa le era successo.
Soprattutto quando la vidi traballare ubriaca, per la prima volta, in mezzo alla pista da ballo. Insieme a lei c'erano anche Victoria, Carlos e Lando. E stavano ridendo tutti e quattro. Probabilmente anche gli altri erano piuttosto alticci. Vederla così spensierata, mi lasciò allibito. Di solito era sempre così controllata. Certo che io non ero nessuno per giudicarla, visto che ero identico a lei. Ma forse Catherine mi superava in quest'aspetto.

Non potei non provare fastidio, quando uno dei ragazzi che si trovavano dietro di lei, probabilmente amico di qualcuno dei piloti presenti a questa festa, l'afferrarono per non farla cadere. La ragazza gli fece un gran sorriso per ringraziarlo, ma lui era concentrato più sulla scollatura del suo vestito, che su quel dettaglio. E io provai gelosia, non perché quel ragazzo la stesse guardando con il desiderio di spogliarla, ma per non aver rivolto a me quel sorriso.
"Credo che ci voglia qualcuno che li riporti in hotel" disse Gasly, sedendosi al mio fianco. Distolsi lo sguardo, risvegliandomi dai miei pensieri. Stavo diventando un rammollito. Dovevo riprendermi.
Comunque annuii dandogli ragione. E sapevo anche chi lo avrebbe fatto. Non avrei retto a vederla andar via con qualsiasi altra persona. Anche perché se fosse stato quel ragazzo, mi sarei logorato tutta la notte su quello che sarebbe potuto succedere. E anche Gasly lo sapeva. E da bravo amico mi avrebbe aiutato a portare anche gli altri. In modo, anche, da non destare sospetti. La stampa non ci metteva molto a creare storie dal nulla. Anche se quella storia non sarebbe mai esistita.
Perciò quando la festa raggiunse il capolinea, ci alzammo per raggiungere i quattro che ormai si reggevano a fatica in piedi.
"È ora di andare" disse Pierre, afferrando Sainz e Norris per un braccio e aiutandoli a dirigersi verso l'uscita. Ovviamente si lamentarono dicendo di voler rimanere ancora un po' a divertirsi.
Rimasto da solo con le due ragazze, decisi di afferrare prima Victoria, perché sapevo sarebbe stato più facile. Infatti, appena le dissi che era il momento di tornare in hotel, accettò il mio aiuto, aggrappandosi al mio braccio. Quando mi girai verso Catherine, invece, stava lì a braccia conserte, a trucidarmi con lo sguardo. Era arrabbiata con me. E potevo anche immaginare il motivo, ma mentre da sobria, poteva fingere che quello che era successo non l'avesse toccata, con un po' di alcool in corpo, le era impossibile.

I Need You // Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora