Capitolo 72

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Lo squillo incessante della sveglia, che risuonava nella stanza, mi portò ad aprire gli occhi.
La prima cosa che vidi fu il viso rilassato di Charles. Aveva ancora gli occhi chiusi, come se non avesse intenzione di svegliarsi. Ma quel giorno ci sarebbero state le prove libere, per cui, se pur a malincuore, dovetti porre fine al suo sonno.
Gli lasciai un bacio sul collo, prima di arrivare al suo orecchio. C'eravamo addormentati abbracciati. Io con il capo sul suo petto e un braccio a circondargli la vita. E lui con la mano sulla mia schiena e le gambe intrecciate alle mie.
"Charles, devi svegliarti" sussurrai. Il rumore della sveglia aleggiava ancora per tutta la stanza. Intrappolata dal suo corpo non potevo alzarmi a spegnerla.
Si lamentò e mi strinse ancor di più al suo corpo.
"Charles, davvero. Svegliati" dissi, questa volta più decisa. Non mi diede retta neanche questa volta.
"Charles" alzai il tono di voce.
"Mmh.. Torna a dormire Catherine" rispose, affondando la testa nel mio collo, depositando un bacio su quest'ultimo e continuando a tenere gli occhi chiusi.
Mi trattenni dal sorridere. Avrei voluto restare in quel letto all'infinito, ma purtroppo non potevamo.
"No, devi aprire gli occhi. Facciamo tardi a lavoro, sia tu che io, se non ti muovi" dissi in tono autoritario.
Poi afferrai la sua mano che era scesa sul mio sedere e la tolsi dal mio corpo prendendolo alla sprovvista.
Sbuffò e finalmente potei tornare a vedere quegli occhi verdi.
"Buongiorno" disse contrariato.
"Buongiorno" risposi con un sorriso sulle labbra, che quella volta non riuscii a trattenere. E poi, non so per quale motivo, mi avvicinai e gli diedi un bacio sulle labbra. Questo gesto per me significò molto. Non ero abituata a dare manifestazioni d'affetto e questo per me lo era. E lo sapeva anche Charles. Perché nonostante fosse stato svegliato anche se non voleva, ora aveva quel luccichio negli occhi e quel sorriso sulle labbra che dimostravano quanto, dopo quel semplice bacio, fosse felice.
Infatti, non mi diede neanche il tempo di allontanarmi, che mi afferrò il viso e immediatamente fece riunire le nostre labbra. Al contrario di ciò che avevo fatto io, però, Charles voleva di più. Perciò diede vita ad un bacio intenso. Fatto di un continuo rincorrersi di lingue. Di completa passione, desiderio che provavamo l'uno per l'altro anche in quel momento. Appena svegli, stanchi dopo aver passato l'intera notte a fare sesso. Non ne avremmo mai avuto abbastanza. Non saremmo mai stati soddisfatti. Avremmo sempre voluto di più l'uno dall'altro.

Ci staccammo quando la suoneria della sveglia fu sostituita dal suono di una chiamata. Qualcuno stava cercando Charles, e quel qualcuno era il suo preparatore atletico. Era in ritardo.

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Cercare di non farci scoprire diventava sempre più difficile. Essere gli unici due a non essere ancora arrivati al circuito sicuramente aveva creato dei sospetti. Ma avevamo fatto tutto il possibile per depistarli.

Innanzitutto avevamo preso entrambi la propria macchina. E poi, una volta arrivati, Charles era entrato per primo; dopo dieci minuti mi ero fatta viva anche io.

Ora stavo guardando dai monitor del muretto l'andatura dell'auto. Non avergli potuto dire niente prima che iniziassero le prove libere per la prima volta mi aveva infastidita. Avevo paura che qualsiasi parola avessi pronunciato, o anche un solo semplice sguardo che gli avessi rivolto, potesse far venire tutto allo scoperto. E nonostante la voglia di baciarlo o anche solo toccarlo, era forte dentro di me, l'avevo repressa dando spazio alla ragione.

La macchina sembrava andare bene. Ovviamente non così tanto da raggiungere le Redbull e le Mercedes, ma abbastanza da permetterci di competere con le McLaren. Era l'unica cosa a cui potevamo aspirare quell'anno.

Quando la prima sessione di prove libere giunse al termine, Charles e Carlos rientrarono ai box. Purtroppo non potetti aspettare di vederlo uscire e togliersi il casco. Dovevo correre in riunione con il team per discutere su nuove modifiche che avrebbero migliorato l'andamento di entrambi i piloti.
Non potevamo perdere tempo, non quando era evidente a tutti che fossimo in difficoltà.
Mattia Binotto approvò alcune idee dei meccanici di apportare delle modifiche all'ala e a qualche altra parte del telaio. Quando tutto fu detto e deciso, tornammo ai box.

Mi rifugiai nella mia stanza e mi misi a studiare per l'ennesima volta il circuito cercando qualsiasi punto in cui poter racimolare qualche decimo in meno.
Proprio nel momento in cui mi stavo alzando per andarmi a prendere un caffè, in modo da essere più concentrata, il rumore della porta che si apriva mi fermò. Mi girai di scatto verso quest'ultima per capire chi fosse e perché non avesse bussato prima di entrare. Mi trovai davanti due occhi che ormai conoscevo bene.
Richiuse frettolosamente la porta dietro di sé e grandi passi mi raggiunse, spostò la sedia dal tavolo, girandomi verso di lui, si abbassò alla mia altezza e, dopo aver afferrato il mio viso con entrambe le mani, uní le sue labbra alle mie.
Non fu un bacio dolce e romantico. Per niente. Come la maggior parte dei baci che io e il monegasco ci scambiavamo.
Era dettato dalla passione, dalla voglia di averci l'un l'altro. Probabilmente, come me, aveva sofferto il fatto di non poterci toccare o baciare liberamente. Ma forse non era una brutta cosa. L'attesa aumenta il desiderio, dicevano in molti. E mi auguravo che fosse così. Perché altri, invece, affermavano che i segreti distruggono, che le lontanaze aumentano ancor di più. Me lo auguravo vivamente che Charles non si stancasse di tutto ciò. Della mia paura di mostrarmi alle persone, di raccontare qualcosa di me. Io ormai non potevo più fare a meno di lui.

Quando si staccò, tenne ancora per qualche istante gli occhi chiusi.
Come a voler concentrarsi. Come a voler imprimere quel momento.
"Non puoi capire quanta voglia avessi di farlo prima di entrare in quella monoposto. Se avessi potuto, ti avrei baciata davanti a tutti proprio come ho fatto ora, credimi" disse in un sussurro. E io gli credevo. Eccome se gli credevo. Era la stessa voglia che avevo anche io, ma che come lui, avevo dovuto reprimere.
Gli accarezzai con una mano la guancia, come ad invitarlo ad aprire quegli occhi. A guardarmi di nuovo. E quando lo fece, quando il suo sguardo si incollò al mio, mi sentii completa. Era una sensazione strana da spiegare e ancora difficile da digerire per chi, come me, aveva badato a sé stessa da sola per tutta la sua vita. Ma con lui mi sembrava di stare diecimila volte meglio. Come se fino ad adesso non avessi vissuto davvero. Come se la mia vita fosse stata da sempre una finzione e solo ora iniziava ad essere reale. Era decisamente strano. E mi fece paura. Dannatamente paura. La sentii entrarmi sotto pelle e irrigidire tutto il mio corpo. Perciò distolsi lo sguardo e lo portai sui fogli che prima stavo osservando. Speravo non avesse capito ciò che stava succedendo. Che non avesse visto come, ancora una volta, scappavo dai miei sentimenti, da ciò che provavo per lui. E mi costrinsi a calmarmi, a cercare di scacciare quel sentimento. Avrei voluto dirgli che avevo provato le sue stesse sensazione. Che anche io morivo dalla voglia di baciarlo lì davanti a tutti. Ma le parole mi morirono in bocca.

Allora, per far sì di fargli capire senza aprire bocca, di quanto anche io avessi bisogno di lui, mi alzai dalla sedia, lo feci sedere al mio posto e, dopo essermi seduta sulle sue gambe, afferrai la sua mano e la intrecciai alla mia in una presa ferrea. Lo guardai un istante negli occhi, per comunicargli che quel gesto non era fatto a caso. E anche se per gli altri poteva essere banale per me era tanto. Non mi ero mai lasciata andare con qualcuno così tanto, non avevo mai fatto gesti romantici, non avevo neanche solo permesso a nessun uomo di toccarmi se non durante il sesso. Volevo che Charles lo sapesse, che lo comprendesse. E quando un sorriso nacque sulle sue labbra e si avvicinò per darmi un bacio a stampo, seppi che ebbe capito. Allora mi rilassai e la tensione abbandonò il mio corpo.
"Allora che stavi guardando?" chiese osservando i fogli sparsi sul tavolo di fronte a noi.
Gli sorrisi grata di non aver detto niente su quel momento e aver cambiato argomento.
Presi a spiegargli ciò che avevo esaminato. E lui con il mento appoggiato alla mia spalla, concentrato, mi ascoltò attentamente.

I Need You // Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora