Capitolo 69

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Dopo aver trascorso un'ora con Victoria ancora scossa dall'accaduto della sera precedente, mi sono preparata per andare a lavoro.
Era giovedì. Il weekend stava per iniziare e rispetto alle altre volte, per tutto quello che era successo negli ultimi giorni, eravamo in ritardo. O meglio, ero in ritardo.

Cercai di non pensare al fatto che Charles se ne fosse andato quella mattina senza dire niente. Mi dava fastidio, questo era certo. Il fatto che si fosse lamentato per primo di quel mio atteggiamento e che poi lo avesse fatto di riflesso, mi dava sui nervi.
Allo stesso tempo, però, mi incuteva timore. Avevo paura che non credesse alle mie parole. Che non volesse darmi più alcuna altra possibilità di dimostrargli quanto in realtà ci tenessi a lui. Che fosse arrivato al limite. Che non poteva più aspettare.

Perciò quando entrai nei box, nonostante i miei occhi avessero il desiderio di vederlo, andrai dritta per la mia strada. Non volevo avere risposte, anzi, avevo paura di averle. Se veramente non avesse voluto più avere a che fare con me? Se non ce la faceva davvero più ad attendere che mi aprissi con lui? Non ci volevo pensare. Non ero pronta a saperlo.

Mi rinchiusi nella mia stanza e uscii solo lo stretto necessario per confrontarmi con Jack, l'ingegnere di pista del pilota numero 16. Quest'ultimo sapevo non fosse più nei paraggi. Perché quel giorno, essendo giovedì, i piloti dovevano affrontare le interviste pre gara. Quindi potevo stare tranquilla.

Il problema arrivò quando la sera dovemmo tornare tutti a casa. E nonostante il pensiero di rimanere ancora lì fino a tardi per essere sicura che non ci fosse più nessuno all'interno del paddock, ero stanca e avevo bisogno di riposarmi. Anche se non lo davo a vedere, ciò che era successo ieri, mi aveva scossa. E il fatto che la notte, poi, non abbia dormito così tanto, non aveva aiutato.
Quindi mi armai di coraggio, e dopo aver afferrato tutte le mie cose ed averle infilate all'interno della borsa, mi diressi fuori dai box, percorrendo il paddock per arrivare al parcheggio e quindi alla mia auto. Per tutto il tempo continuai a guardare davanti a me, non distogliendomi neanche un secondo per non imbattermi in persone che in quel momento non volevo vedere.

Sembravo essere riuscita nel mio intento, almeno finché non arrivai alla macchina.
Appoggiata ad essa, con le braccia conserte e un sorrisetto sulle labbra, Charles mi attendeva.
"Ehi" salutò felice di vedermi. Ehi un cavolo. Feci solo un cenno del capo di sfuggita e cercai di superarlo. Non avevo né voglia di litigare, né voglia di fingere che vada tutto bene. O almeno fino a quella mattina andava davvero tutto bene. Poi lui aveva deciso di comportarsi da stronzo per vendicarsi del mio atteggiamento di un paio di settimane fa.
Aprii la portiera del guidatore, ma con uno scatto la richiuse.
"Che ti prende?" chiese confuso. Non potevo vederlo in faccia visto che gli davo le spalle, ma ero abbastanza sicura che sul suo volto fosse comparso un cipiglio tra le sopracciglia.
"Vorrei tornare in hotel" risposi semplicemente. Volevo davvero tornare in albergo. Ero stanca e volevo solo riposarmi. Ma lui ovviamente non aveva intenzione di lasciar perdere. Mi afferrò per il polso e mi costrinse a girarmi verso di lui.
Evitai il suo sguardo e se ne accorse, tanto che, arrabbiato, mi afferrò il viso con decisione e mi costrinse ad unire i nostri occhi.
"Credo tu debba staccarti. C'è gente" dissi con sguardo indifferente. I nostri corpi erano troppo vicini e non eravamo al sicuro tra le porte della mia camera. Eravamo alla mercé dei paparazzi, e sinceramente non volevo finire sui giornali. Soprattutto dopo quella mattina.
"Credo tu debba dirmi che cosa è successo" ribatté con tono adirato. Davvero non sapeva cosa ci fosse che non andava? Per lui era normale aver criticato me per essere scappata dal suo letto e aver fatto la stessa identica cosa poche ore prima?
"Pensavo fosse tutto apposto. C'eravamo chiariti ieri sera" continuò spiegando le sue perplessità sul mio atteggiamento.
"Anche io lo pensavo" risposi a tono fulminandolo con lo sguardo. Se credeva di poter prendermi in giro, si sbagliava di grosso. Voleva vendicarsi e c'era riuscito.
"E allora cosa è successo? Perché sei così distante?" chiese confuso e al limite della pazienza. Mi pregava con lo sguardo di dargli una motivazione, una spiegazione.
"Dovrei chiedere io a te cosa è successo. Stamattina non sono stata io a scappare dal tuo letto" risposi dandogli ciò che voleva. Non aveva senso stare lì a discutere e perdere tempo. Anche se sapeva benissimo perché mi comportavo in quel modo, glielo avevo detto. Volevo solo entrare in quella cavolo di macchina, tornare in camera e mettere fine a quella giornata andando a dormire.
"Ma io non sono scappato" disse più confuso di prima. Sbuffai. Davvero voleva continuare a fare finta di nulla. Mi divincolai dalla sua presa, approfittando di un suo momento di distrazione e lo spinsi lontano dal mio corpo. Poi di fretta cercai di aprire di nuovo la portiera. Riuscii a sedermi sul sedile, ma nel momento in cui cercai di richiuderla, Charles si posizionò in mezzo impedendomelo.
Si abbassò alla mia altezza. I nostri visi erano fin troppo vicini per essere nel bel mezzo di un luogo pubblico. Cercai di tirarmi il più indietro possibile.
"Non hai letto il mio messaggio" disse con un sorrisetto sulle labbra. Per quanto potesse essere irritante vedere qualcuno con cui sei arrabbiata sorridere, non potei fare a meno di pensare quanto potessero essere attraente anche in quel momento. Ero convinta di aver ormai perso la ragione.
"Che messaggio?" chiesi questa volta io confusa. Non avevo ricevuto nessun messaggio. O almeno credevo.
Afferrò il telefono dalla tasca posteriore dei suoi jeans, smanettò qualche istante sullo schermo e poi me lo mostrò.

Buongiorno Catherine. Sono dovuto scappare presto. Andrea mi ha chiamato. Mi ero dimenticato della mia sessione di allenamento. Non ho avuto il coraggio di svegliarti, dormivi così tranquilla che mi sarei sentito in colpa. Ci vediamo dopo al circuito.

~Charles~

Dio ero stata così stupida. Afferrai immediatamente il telefono per vedere se mi fosse arrivato. Ed era vero. Mi aveva davvero inviato un messaggio, ma quando Victoria mi aveva chiamata, avevo ignorato completamente qualsiasi altra cosa. E dopo quel momento non avevo più ripreso il cellulare in mano. Che stupida.
Mi vergognavo per essermi comportata in quel modo. Non perché non avessi visto il messaggio e quindi non avessi motivo di arrabbiarmi con lui, ma per il semplice fatto che io non avrei mai reagito così. Anche se la cosa mi avesse dato fastidio, non l'avrei mai dato a vedere. Il mio muro stava pian piano crollando e non sapevo a quel punto se fosse davvero un bene.

Non ebbi il coraggio di girarmi a guardarlo, ma lo sentii ridere. Cercai di nascondere il mio imbarazzo e guardando fisso davanti a me, gettai il telefono sul sedile del passeggero.
"Scusami, non l'ho proprio visto" pronunciai a fatica.
"Mmh, ti perdono se mi dai un passaggio per recuperare la mia auto. Sai questa mattina ero proprio di fretta e non ho potuto" rispose continuando ad essere divertito. E prendendomi anche leggermente in giro.
Lo fulminai con lo sguardo. Ma non riuscii a rimanere seria più di un secondo quando vidi la sua espressione divertita.
"Sali" dissi cercando di trattenere un sorriso che spontaneamente stava uscendo dalle mie labbra.
Ridendo si allontanò dal mio corpo, chiuse la portiera, fece il giro dell'auto e si posizionò al mio fianco.
Proprio mentre stavo per mettere in moto, Charles decise che non ne aveva ancora abbastanza.
Si avvicinò al mio collo, dove posò un bacio. Precisamente sul punto che sapeva mi facesse impazzire. Poi risalí verso il mio orecchio, mi morse il lobo e sussurrò "Non potrei mai scappare da te. Neanche volendolo"

I Need You // Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora