"Devo fare le valigie quindi?" chiesi.
Eravamo ormai stesi in quella posizione da più di mezz'ora.Dopo aver fatto sesso, mi aveva trascinata sul cuscino, si era messo al mio fianco, mi aveva abbracciata e aveva iniziato ad accarezzarmi un fianco con dolcezza. Io invece mi ero limitata a farmi avvolgere dalle sue braccia e, travolta dal suo tocco e dalla calma che mi dava, avevo chiuso gli occhi per godermi a pieno quell'istante.
Ora, però, se davvero domani dovevamo partire, mi toccava alzarmi. Dovevo ammettere di essere ancora arrabbiata per quella storia. Avevano organizzato un viaggio senza che ne fossi a conoscenza e sapevo che fosse stato proprio il ragazzo al mio fianco ad aver avuto questa idea. Ma sapevo anche che visto che i nostri amici non erano a conoscenza di ciò che stesse accadendo tra di noi, Charles non aveva potuto fare tutto da solo. Altrimenti avrebbe destato sospetti e una serie di domande a cui sarebbe stato difficile rispondere.
Ero anche a conoscenza dell'altra persona che lo aveva aiutato. Chi se non Victoria? L'olandese non era a conoscenza della relazione che io e il pilota monegasco avevamo, ma nutriva dei sospetti e sapevo che, dopo il gesto di Charles, sarebbero aumentati o addirittura confermati.
Ma come avrei potuto avercela con entrambi? Victoria mi aveva sempre aiutata e sostenuta nonostante più volte mi fossi comportata come una stronza. E Charles, beh Charles aveva rivelato quale fosse il reale motivo di quel viaggio. Del segreto che stava mantenendo fino al giorno della partenza. Mi voleva con lui perché ne aveva bisogno. Perché il desiderio per me era così forte da non resistere neanche un giorno senza vedermi e toccarmi.
Dovevo ammettere che anche io ci avevo pensato. Insomma, restare per due settimane lontana dall'unica persona che ormai mi faceva sentire viva, voleva dire passare 14 giorni di sofferenza. Tornare all'indifferenza che prima di incontrarlo mi contraddistingueva. Restare nella solitudine che mi era sempre stata bene, ma che ora iniziava a starmi troppo stretta.
Perciò, anche se non amavo che gli altri prendessero decisioni per me, dovetti ammettere che quella non era stata una pessima idea.Mi afferrò il mento per portare il mio sguardo nel suo. Il sorriso che aveva sulle labbra e lo sguardo contento, crearono in me sensazioni nuove. E mi spaventai di nuovo, per l'ennesima volta. Stava diventando fondamentale per me. Le emozioni si facevano sempre più intense. Il cuore mi batteva all'impazzata per un solo suo sorriso. Mio dio, cosa mi stava succedendo?
"Si, direi di sì" rispose per poi far unire le nostre labbra in un bacio a stampo. Un bacio semplice, un tocco leggero, eppure così carico di senso.
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Ero sull'aereo lì con lui e, beh, anche con Victoria, Carlos, Lando, Daniel, Pierre e con mia grande sorpresa anche Max. E se vogliamo essere ancora più precisi, anche la fidanzata di Gasly, Caterina.
Dire che eravamo lontani, era poco. Quella mattina ci eravamo svegliati abbracciati dopo aver fatto le valigie fino a tarda notte. Non che fossi una di quelle ragazze che si portava tanti vestiti in vacanza, ma avevamo perso tempo tra un vestito e l'altro perché Charles si deconcentrava. Una volta aveva iniziato a baciarmi il collo, l'altra aveva iniziato a stuzzicare il mio seno e la terza volta mi aveva toccata lì dove ero già pronta per lui.
La scelta di non rivestirmi, e quindi di rimanere completamente nuda davanti a lui, si era rivelata una pessima idea. Così tra una sessione e l'altra di sesso, quando avevamo finalmente finito di chiudere la criniera, si era fatto tardi. Avevamo dormito si e no due ore e appena svegli il pilota numero 16 era uscito dalla mia camera per rintanarsi nella sua e non destare sospetti.
Non potevamo però evitare di lanciarci occhiate continue. E anche se quella notte ci avevamo dato dentro come mai nella vita, il desiderio era impresso ancora nei nostri occhi.
Ero ancora infuriata per quel viaggio, ma le motivazioni che mi aveva dato mi trattenevano dal dimostrarlo all'esterno. E ora, su questo aereo, con tutti loro, non mi sembrò una cosa così brutta.
Da troppi anni ormai, avevo imparato a non fidarmi di nessuno, se non di me stessa. Avevo cacciato via tutte le persone che provavano a restarmi accanto. Avevo una fottuta paura di soffrire ancora ed ancora, fino a non riuscire più a rialzarmi. E anche se quel terrore era ancora parte di me, non riuscivo a scansare del tutto quelle persone che ora mi circondavano.
Speravo solo di non uscirne peggio di prima."Siamo arrivati" disse con un sorriso Daniel.
L'australiano era stato al mio fianco per tutto il viaggio. Mi aveva tenuto compagnia o aveva fatto di tutto per non farmi riposare, dipendeva dai punti di vista. Almeno non avevo dovuto imbattermi in Victoria, che sapevo benissimo avesse capito della mia arrabbiatura nei suoi confronti, date le continue occhiataccie che le avevo rivolto.Mi alzai seguendo Ricciardo verso l'uscita e nel farlo passai di fianco al monegasco che, al contrario di me, non sembrava avere fretta di scendere. Proprio nel momento in cui stessi per sorpassarlo, sentii sfiorarmi la gamba. Mi irrigidii di scatto. Un solo istante di incertezza. Se mi fossi bloccata, avrei dato nell'occhio e non era di certo quello che volevo. Perciò, nonostante la voglia di fulminare con lo sguardo Charles, finsi che non fosse successo niente e continuai per la mia strada.
Se l'intenzione del pilota numero 16 per quella vacanza era di farmi impazzire, ci stava già riuscendo. Sapeva quanto solo un suo tocco causasse reazioni al mio corpo. E seppur semplice e apparentemente innocuo, quelle sue dita sulla mia gamba avevano acceso in me un desiderio.
Dovevo fare attenzione. Controllarmi. O tutti avrebbero capito ciò che c'era tra noi._________________________________
Sentii bussare alla mia porta. Eravamo arrivati da poche ore in Grecia e tutto ciò che avevamo fatto fino a quel momento era stato rintanarci in camera per un minimo di riposo. Il mio era stato interrotto bruscamente dall'olandese.
Quando le aprii, l'espressione sul suo volto non era la stessa che ero abituata a vedere. Se era sempre stata felice, ora invece aveva quell'aria colpevole. E aveva ragione nel sentirsi in quel modo.
Nonostante sapessi benissimo che ciò che aveva fatto era solo per aiutarmi, per non farmi tornare a 'casa', per non farmi passare da sola quelle due settimane, non potevo che essere irritata per non avermelo chiesto, per non averci provato neanche a propormelo prima di agire.
Potevo essere cocciuta quanto volevo, ma avrei accettato. Perché se c'era una cosa che odiavo più dell'essere aiutata dalle persone, era proprio tornare in quell'appartamento che non avevo mai sentito mio."Posso entrare?" chiese incerta. Non aveva ancora incrociato il mio sguardo. Preferiva tenerlo incollato a terra. Sentivo che era in imbarazzo, che sapeva avesse sbagliato. Ma prima di dirle che non importava, che l'avrei tranquillamente perdonata, come avevo già fatto con Charles, avevo bisogno che capisse quanto essere all'oscuro delle cose. Soprattutto se riguardavano anche la mia persona.
Non parlai, ma le feci cenno di entrare e quando si sedette sul mio letto e io mi appoggiai di fronte a lei, con le spalle al muro, alzò finalmente lo sguardo e lo posò sul mio.
"Mi dispiace per non avertelo detto, ma ero sicura che non avresti accettato. Ogni volta che provo ad aiutarti tu ti allontani e rifiuti. So che non torni a casa quando non ci sono Gran Premi e non voglio sapere il perché. Ma questa è la pausa estiva e lasciarti da sola in qualche parte del mondo mi avrebbe fatta sentire una pessima amica. Perciò se non vuoi parlarmi va bene, se vuoi lanciarmi occhiataccie per le prossime due settimane le accetto. Non mi pento di aver fatto quello che ho fatto perché almeno sei qui" disse tutto d'un fiato e, quando ebbe finito di parlare, tirò un sospiro di sollievo. Come se si fosse liberata di un peso.
Dovetti trattenere una risata. Quella ragazza mi sorprendeva sempre. Invece di chiedere scusa e di essere mortificata per avermi nascosto quel viaggio, aveva avuto il coraggio di dire che non si era pentita affatto. E ammiravo la sua sincerità. Erano meglio le persone che dicevano quello che pensavano senza paura piuttosto che quelle che si nascondevano per poi rimuginare dopo quando si trovavano da sole nella propria stanza. Ma dovetti restare seria. Perché anche io dovevo dire ciò che pensavo.
"So il motivo per cui lo hai fatto, ma nessuno ha il diritto di decidere per me. Me lo dovevi chiedere comunque perché avrei accettato e ci saremmo risparmiate questo discorso inutile. Odio quando gli altri prendono il controllo della mia vita. Faccio ciò che voglio quando voglio. Quindi, nonostante so che ciò che hai fatto è stato a fin di bene, ti pregherei di evitare di ripeterlo in futuro" risposi guardandola dritta negli occhi. Volevo che recepisse il messaggio. Che la prossima volta mi rendesse partecipe senza escludermi dalle decisioni. Perché quello che pensava lei poteva essere totalmente sbagliato. E mi auguravo che lo avesse capito anche il monegasco. Perché se lo avesse rifatto di nuovo, non so come avrei potuto reagire.
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I Need You // Charles Leclerc
RomanceLei non sapeva cosa volesse dire avere bisogno di qualcuno al suo fianco. Troppo impegnata a lasciare i sentimenti fuori per non soffrire. Troppo sovrastata dalle paure dovute al suo passato tormentato. Puntava solo a eccellere nel suo lavoro. Quell...