Sapevo anche io che ciò che avevamo fatto era un errore. Ma forse l'errore migliore della mia vita. Per quanto potesse essere stato sbagliato, era anche stato un momento talmente intenso da non riuscire a dimenticare. Avevo ancora la sensazione delle sue mani addosso al mio corpo. E avrei voluto continuare a toccarla all'infinito, se non fosse scappata a gambe levate.
Il terrore che avevo visto nei suoi occhi, subito dopo essere venuti, mi aveva fatto sentire un pezzo di merda. Forse avrei dovuto fermarmi, forse non avrei dovuto spingermi oltre, ma quando mi aveva toccato in quel modo, non ero più riuscito a trattenermi, e quando avevo visto i suoi occhi pieni di desiderio, pensavo che anche lei volesse ciò che volevo io.
Sapevamo entrambi che il giorno dopo, sarebbe tornato tutto come sempre, ma mi sembrava di aver capito che quella notte, entrambi, avessimo deciso di lasciarci andare alle emozioni. Anche se per una sola volta.
Adesso non ne ero più tanto convinto e averla vista tremare, mi rendeva ancora più preoccupato. Era uscita come un fulmine dalla mia stanza e non avevo fatto in tempo a vedere la direzione in cui era andata, che era già sparita. Avevo provato a bussare alla sua camera, anche se sapevo che non si trovava lì. Ero uscito dall'albergo per provare a vedere se fosse nei dintorni, ma ancora niente. Ero rientrato dentro perlustrando ogni centimetro di quell'hotel, ma di lei nemmeno l'ombra. Frustrato avevo tirato un pugno al muro, peggiorando ancora di più la situazione della mia mano destra. La stessa con cui avevo picchiato l'olandese.
Dove ti sei cacciata Catherine?
Volevo solo verificare che stesse bene. Il modo in cui era spaventata, non voleva lasciare la mia testa. Sembrava come incosciente di ciò che stesse succedendo intorno a lei. Sembrava che non sentisse le mie parole, che fosse immersa nel suo mondo. Avevo paura che fosse dovuto a qualcosa del suo passato. Che qualcuno avesse potuto averle fatto del male. Che l'avesse costretta a fare qualcosa che non voleva. Io non lo sapevo e speravo vivamente che non fosse così. Sentivo la rabbia crescermi al solo pensiero. Ma avevo bisogno di scoprirlo o altrimenti non mi sarei dato pace.
Perciò mi piazzai davanti la porta della sua camera. Prima o poi sarebbe tornata, o almeno lo speravo.............................................................
Non mi resi conto di essermi addormentato, finché non sentii un leggero tocco sfiorarmi la guancia destra. Aprii gli occhi di scatto, riconoscendo perfettamente la persona. Quelle sensazioni me le trasmetteva solo lei.
Quando si accorse che ero sveglio, si allontanò immediatamente, alzandosi. Mi alzai anche io.
"Dovrei entrare in camera" disse evitando il mio sguardo. Probabilmente non era sua intenzione svegliarmi.
"Non finché non mi avrai detto cosa ti è preso" risposi con tono serio. Non mi sarei mosso da davanti la porta della sua camera fino a quando non avesse spiegato cosa fosse successo, poche ore prima, nella mia stanza.
"Niente. Semplicemente mi sono resa conto che è stato un errore" disse continuando a evitare i miei occhi. Nonostante avessi la consapevolezza, che ciò che aveva detto fosse vero, non potei fare a meno di provare un po' di delusione. Ma tralasciai questa sensazione, perché non era questo che volevo sapere. La sua reazione non era dovuta a ciò che aveva detto. C'era dell'altro.
"Ti hanno toccata contro la tua volontà in passato?" chiesi di getto, non riuscendo più a resistere a questo dubbio.
"Cosa?" chiese scioccata, per la prima volta guardandomi.
"Ti ho chiesto se in passato qualcuno ti ha toccata senza il tuo consenso" ripetei di nuovo, ansioso di ricevere una risposta. Lei mi guardò ancora esterrefatta e confusa.
"Charles perché me lo chiedi?" chiese sconvolta.
"Perché tremavi e... Sembrava stessi vivendo qualcosa nella tua testa. Non mi sentivi e io-" spiegai freneticamente prima di essere interrotto.
"Non è mai successo qualcosa del genere" disse e dovetti esaminare il suo sguardo per capire se stesse dicendo davvero la verità. Quando ne ebbi conferma, tirai un sospiro di sollievo.
"Ma Charles, ciò che abbiamo fatto prima, non può riaccadere. Sappiamo entrambi che non possiamo andare oltre un semplice rapporto lavorativo" aggiunse, anche se i suoi occhi dicevano il contrario. Anche lei, aveva costantemente una lotta interiore con sé stessa. Anche lei era divisa in due, tra la voglia di cedere al desiderio e la paura di cadere a pezzi per il dolore.
"Lo so, Catherine. E non riaccadrà" risposi. In realtà, però, dentro di me, in una piccola parte profonda, desideravo che tutto ciò accadesse ancora e più volte. Una parte che doveva rimanere lì dove stava. Perché lei aveva ragione. Non potevamo andare oltre.......................................................
"Mio fratello è proprio un coglione" disse Victoria per poi bere il suo caffè. Eravamo nella caffetteria del paddock. Ero in pausa e mi aveva costretta a vederci dopo aver saputo cosa era successo tra l'olandese e il monegasco. Quello che non sapeva però era il motivo. E in un certo senso non lo sapevo neanche io. Charles ieri non mi aveva detto, precisamente, le parole esatte che Verstappen aveva fatto uscire dalla sua bocca. Non ero neanche sicura di volerle sapere in realtà. Ma la sorella aveva dato per scontato che la colpa fosse stata di Max. Lo conosceva molto bene e sapeva che era un bravo istigatore. Soprattutto, poi, amava provocare Leclerc e portarlo al limite. Godeva nel vederlo uscire fuori di testa. Non sapevo da cosa fosse nata tutta questa rivalità tra loro due, ma doveva essere qualcosa di importante altrimenti non si spiegava.
"Io non mi esprimo" dissi scrollando le spalle con disinteresse. Poteva dire tutto quello che voleva. Come avevo imparato da ormai un bel po' di tempo, il miglior disprezzo è la non curanza. Se mi fossi arrabbiata, gli avrei dato la soddisfazione di essere riuscito nel suo intento. Quindi poteva dire quel che voleva, l'importante è che io avessi la consapevolezza di ciò che realmente ero.
"Invece dovresti. Se fossi stata in te, avrei trovato il peggiore dei modi per fargliela pagare" ribatté l'olandese digrignando i denti. Sembrava che fosse lei il soggetto della questione. E questo faceva abbastanza ridere.
Ma mi trattenni perché invece lei era serissima.
"È tuo fratello. E poi non mi interessa. Può dire tutto ciò che vuole, basta che io so che non è vero" risposi e poi cercai di cambiare argomento. Parlare di questo, mi riportava alla mente ciò che era successo dopo, e anche se quella mattina, sia io che Charles, avevamo fatto finta che quel nostro momento non sia mai esistito, il mio cervello non smetteva di riportarmi alla mente quelle immagini. Lui sopra di me, i suoi occhi nei miei, le nostre mani sull'intimità dell'altro.
"Catherine! Ci sei?" mi richiamò Victoria. Scrollai la testa tornando nel presente e vidi la ragazza davanti a me preoccupata. Probabilmente mi stava chiamando da un bel po'.
"Si, scusami. Dicevi?" risposi con un sorrisetto, facendo finta che andasse tutto bene. Sembrò incerta se insistere o meno sulla mia distrazione, ma poi lasciò perdere, fortunatamente.
Mi raccontò di come stava andando con lo spagnolo. Parlava tutto il tempo con un enorme sorriso sulle labbra e un'aria sognante. Mi faceva piacere vederla così spensierata e stare bene davvero per la prima volta nella sua vita. Ero contenta che avesse trovato un ragazzo che la facesse sentire sicura e felice come non lo era mai stata. Se lo meritava.
Io, invece, tutto questo non potevo averlo.
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I Need You // Charles Leclerc
RomanceLei non sapeva cosa volesse dire avere bisogno di qualcuno al suo fianco. Troppo impegnata a lasciare i sentimenti fuori per non soffrire. Troppo sovrastata dalle paure dovute al suo passato tormentato. Puntava solo a eccellere nel suo lavoro. Quell...