Mi ripresi dallo stato di trance dovuto alle sue parole.
"Che cosa ti aspettavi, eh? Che dicessi che stiamo insieme quando non sappiamo neanche noi cosa siamo? Quando io ancora non sono pronta neanche a dirlo alla mia migliore amica, figurarsi al mondo intero?" urlai, facendolo fermare. Cosa si aspettava da me? Ero stata chiara fin dall'inizio. Non volevo che si sapesse. Non ero pronta.
Si girò di nuovo verso di me, e per la prima volta da quando mi aveva raggiunta lì fuori, incontrai i suoi occhi. Vidi il dolore e la delusione che anche io stavo provando.
"Io so cosa siamo, sei tu che continui ad avere dubbi. E poi dimmi... Sarai mai pronta a dirlo agli altri? Supererai mai le tue cazzo di paure? Eh, Catherine... Hai veramente voglia di provarci o stai solo cercando di rimandare il momento in cui mi mollerai?" rispose Charles con rammarico. E allora io mi zittii completamente. Aveva dannatamente ragione. Non potevo biasimarlo. Ero io il problema. Io che non riuscivo ad andare avanti. A mettere da parte i miei problemi. A dare un nome a quello che avevamo per paura di non riuscire a tornare indietro. Ad evitare l'inevitabile. A fargli del male.
Una risata amara fuoriuscí dalle sue labbra quando capí che non avrei risposto.
"Proprio come pensavo" disse con un sorriso rassegnato sulle labbra. Poi girò le spalle ed andò via. Stavolta non lo fermai, consapevole che non avrei potuto più fingere. Che il momento in cui sapevo si sarebbe stancato di me era arrivato. E il dolore che provai in quel momento fu più forte di qualsiasi dolore avessi mai avuto in passato. La certezza di averlo perso, di aver rinunciato a quella che sarebbe potuta essere la mia felicità, era devastante e straziante. E per la prima volta mi concessi di dare il via libera ad un unica e sola lacrima. La prima che versavo da ormai troppo tempo._______________________________
Passai il resto della notte insonne. Troppi pensieri invadevano la mia testa. Avrei voluto fosse diverso. Avere la forza di cambiare tutto, di cambiare io. Ma purtroppo non ce l'avevo. La paura mi buttava giù nel baratro e non riuscivo ad affrontarla. Perciò il giorno successivo feci finta di nulla, comportandomi in maniera normale. La mia maschera di indifferenza totale era tornata più forte di prima. Non diedi neanche troppo nell'occhio perché era ciò che tutti si aspettavano da me, tranne Daniel e Pierre che avevano assistito a tutto ciò che era successo ieri, meno che la conversazione fuori con Charles. O almeno lo speravo. Loro lanciavano qualche occhiatina sia a me che al monegasco senza ottenere però alcuna risposta. Il pilota numero 16, invece, sembrava aver riacquistato quella rabbia repressa che lo contraddistingueva, se non addirittura in maniera peggiore. E mi fece ancora più male. Tutto quello lo avevo provocato io. Tutta la sua sofferenza era colpa mia. Avrei voluto tornare indietro e non accettare quel posto in Ferrari. Avrei voluto non avergli tenuto testa, non essermi fatta baciare, non essermi spinta a fare sesso con lui, non averlo coinvolto nel casino che era la mia vita. Non avrei dovuto fargli tutto quello.
Il sabato però fu diverso. Quando scesi a fare colazione, trovai tutti riuniti tranne lui. Ma non potetti chiedere dove fosse e né tanto meno bussare alla sua camera.
Solo poche ore dopo capii se ne fosse andato. Nessuno lo disse apertamente e nessuno sembrò esserne sorpreso. Tranne Pierre e Daniel. Loro cercarono di capire cosa pensassi, ma non lo sapevo neanche io cosa pensare. Dove era andato? Perché se ne era andato? Se qualcuno doveva togliersi di mezzo, quella ero io. Quelli erano amici più suoi che miei e, diavolo, mi odiai ancora di più per avergli rovinato anche quello. Anche le sue fottute vacanze estive.Mi rinchiusi in camera per il resto della giornata con la banale scusa di non sentirmi bene. Anche se effettivamente non stavo bene, ma non fisicamente come avevo voluto far credere. Ero devastata a livello mentale ed emotivo. Sentivo il bisogno di lui, di sapere che stava bene, di saperlo al sicuro. E non potevo.
Rifiutai le continue chiamate di Victoria anche la domenica, e ignorai il suo continuo bussare. Volevo semplicemente stare sola. Sperare che il dolore che sentivo dentro sarebbe sparito. Ma non lo avrebbe fatto. Potevo ignorarlo, soffocarlo, sarebbe rimasto sempre dentro di me pronto a ricordarmi come fossi una tale stronza a comportarmi da egoista e una totale stupida ad averlo lasciato andare.
Poi quella sera qualcosa cambiò. Qualcuno bussò alla porta della mia stanza e pensai fosse ancora l'olandese, ma non era così.
"Catherine, so che non hai voglia di vedere nessuno, ma ho bisogno di parlarti" disse quello che riconobbi essere il pilota dell'AlphaTauri. Fui sorpresa di ciò. Gasly non era mai stato troppo espansivo. Non si era mai intromesso nei problemi degli altri. Non aveva mai ribattuto nelle conversazioni dei suoi amici. Aveva sempre ascoltato e assimilato. Ma non era mai intervenuto. Perciò se era lì dietro a quella porta e diceva di aver bisogno di parlarmi, doveva essere qualcosa di importante e fondamentale.Allora, anche se a malincuore, spinta dalla curiosità, uscii dalle coperte del mio letto, in cui mi ero rifugiata per tutto quel tempo e aprii la porta. L'espressione che mi ritrovai davanti appena mi guardò, mi fece capire di non avere un bell'aspetto e mi pentii di non essermi guardata prima nello specchio. Dovevo avere un'aria distrutta. Rispecchiava esattamente come mi sentivo dentro.
Imbarazzata gli feci cenno di entrare e richiusi la porta. Mi girai e lo vidi guardarsi intorno completamente a disagio.
"Cosa volevi dirmi?" chiesi per toglierlo da quella situazione. Sapevo quanta fatica avesse fatto a fare quel passo e ci doveva essere per forza una ragione a tutto ciò.
Portò lo sguardo nel mio e sembrò riflettere sulle parole da pronunciare.
"Charles è a Monaco" disse senza giri di parole lasciandomi confusa. Perché me lo stava dicendo? Okay, ero contenta di sapere dove fosse. Ed essere a conoscenza del fatto che avesse la propria famiglia e i propri amici a fargli compagnia, un po' mi sollevavano. Ma oltre questo cosa dovevo farmene di quella rivelazione? Non potevo andare da lui sapendo entrambi che aveva ragione. Avendo la certezza che se non fosse ora, lo avrei fatto soffrire comunque in futuro.
Sembrò capire la mia confusione perché sospirò e riprese a parlare.
"È andato a Monaco, ma era già previsto. Non è stata una decisione presa dopo il litigio dell'altra sera. Dovevate andarci insieme, dovevate partire lunedì" disse lasciandomi a bocca aperta. Voleva che andassi con lui, che passassimo una settimana a casa sua. Me lo aveva tenuto nascosto. Io pensavo saremmo rimasti qui un'altra settimana.
"Voleva chiedertelo giovedì quando saremmo rientrati dal locale, lo aveva deciso il giorno prima. Ma poi è successo quello che è successo ed ha lasciato perdere" continuò spiegandomi ciò che realmente era successo. Restai senza parole. Non riuscivo a dire niente completamente sconvolta da quella notizia. Io lo avevo trattato di merda, mi ero sentita ferita per il suo non intervenire a quella litigata stupida con la biondina, mentre lui non pensava a nient'altro che tornare in hotel e chiedermi di andare a Monaco insieme. Non me lo meritavo, ne ero sempre più consapevole.
"Voleva presentarti ai suoi amici, anche senza dire che state insieme. Era disposto a mentire pur di farteli conoscere. Catherine, Charles potrà non essere bravo con le parole, non essere in grado di esternare i suoi sentimenti, ma ci tiene davvero a te. E so che hai dei problemi a fidarti delle persone. Che hai paura di lasciarti andare. So osservare e comprendere le persone molto bene. Però, ti prego, fai davvero uno sforzo, provaci con tutte le tue forze. Non lasciarlo andare. Non perché Charles è il mio migliore amico, ma perché te ne pentirai. E Catherine, pentirsene quando è troppo tardi è peggio di quello che provi ora" concluse. Il suo sguardo e il suo tono supplichevole mi fece capire perché il monegasco tenesse tanto a lui. Pierre era una persona differente da tutte le altre. Era buono, onesto e fedele. Lo era stato con Charles e lo era stato anche con me in questo momento. Nonostante sapesse che il motivo della sofferenza del suo amico ero proprio io, ora era lì a dirmi di non rinunciare e a mettercela tutta per cambiare.
Non risposi neanche in quel caso, ancora scossa da tutto ciò che mi aveva detto.
"Pensaci" mi disse il francese, per poi tirare fuori qualcosa dalla tasca posteriore dei jeans e lasciarla sul mio letto sfatto.
Solo quando uscì dalla mia camera, mi avvicinai per vedere cosa fosse. Un biglietto aereo per Monaco per domani.
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I Need You // Charles Leclerc
RomanceLei non sapeva cosa volesse dire avere bisogno di qualcuno al suo fianco. Troppo impegnata a lasciare i sentimenti fuori per non soffrire. Troppo sovrastata dalle paure dovute al suo passato tormentato. Puntava solo a eccellere nel suo lavoro. Quell...