Capitolo 90

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"È bellissimo" dissi con un sorriso sulle labbra appoggiata sulla spalla di Charles.
Quella domenica mattina mi aveva portata su uno yacht per fare un giro della costa. Non ero mai stata su una nave o su una barca, non ero proprio mai stata in mare aperto. Ero sempre stata a riva senza mai superare le boe. Non perché avessi paura, sapevo nuotare benissimo, ma non avevo avuto mai l'opportunità di fare una cosa del genere. Il fatto che fossimo soli poi, circondati dalla pace, era inspiegabilmente sollevante.
Nessuno che ci guardava o spiava, nessuna possibilità di incontrare giornalisti o paparazzi, nessuna preoccupazione. Eravamo solo io e lui.

In quel momento eravamo stesi, lui con la schiena poggiata allo schienale delle panche dello yacht e io tra le sue gambe appoggiata al suo addome.
Intrecciai le mie mani alle sue mentre guardavo il tramonto farsi spazio davanti ai nostri occhi.
Avevamo passato la giornata a ridere, rilassarci e accarezzarci a vicenda. Era stato bellissimo e quasi non avevo voglia di tornare con i piedi sulla terra ferma. Di lì a pochi giorni saremmo dovuti tornare a lavoro e avremmo dovuto affrontare la realtà. Avremmo dovuto tornare ad essere attenti a non farci scoprire dal mondo esterno, a nasconderci quando avevamo voglia di baciarci. Perché non potevamo restare qui, in mezzo al mare, lontano da tutti e tutto.
"Si, è stupendo" sussurrò il monegasco alle mie spalle per poi lasciarmi un bacio nell'incavo del collo. Proprio sul punto che sapeva farmi impazzire. Voleva provocarmi. Lo potevo capire dall'erezione che sentii premermi sulla parte bassa della schiena. Chiusi gli occhi e sospirai. Era impossibile resistere all'attrazione che ci legava. Un semplice tocco e non potevamo fare a meno di unirci l'un l'altro.
"Charles" lo richiamai in tono di avvertimento. Sapevo che non potevamo essere visti, ma la prudenza non era mai troppa e farlo così in mare aperto poteva essere eccitante quanto pericoloso. Di certo non volevo finire nuda su qualche magazine.
"Siamo al sicuro. Non c'è nessuno. Lasciati andare Catherine" disse continuando a torturare il mio collo, mentre con una mano salì fino ad arrivare al mio seno destro coperto solo dal pezzo di sopra del costume. Si infiltrò al di sotto di esso e iniziò ad accarezzare il capezzolo. Un lamento uscì dalle mie labbra, ma cercai di rimanere composta. Non ero ancora sicura di lasciarmi andare. Almeno finché l'altra mano non entrò nel pezzo di sotto del costume. A quel punto non riuscii a trattenere un gemito e Charles lo prese come un cenno di assenso. Non potevo oppormi al desiderio che avevo di lui. Neanche con tutta la volontà possibile.
Pizzicò il clitoride prima di iniziare a compiere movimenti circolari con il pollice. Se c'era una cosa che mi provocava piacere, era essere toccata proprio lì. Era il fulcro di tutta la mia eccitazione e non ci volle molto prima che raggiungessi quasi il limite. Però il monegasco si fermò e non mi permise di venire. Tolse entrambe le mani dal mio costume e mi scostò dal suo corpo per alzarsi. Avevo ancora il fiatone, ma mi preparai ad inveirgli contro. Non poteva fare così. Non poteva lasciarmi con la voglia di lui. E non lo fece.

Proprio nel momento in cui lo fulminai con lo sguardo, si abbassò, mi afferrò per le cosce e mi sollevò invitandomi ad avvolgere le mie gambe al suo busto.
"Andiamo dentro" disse rispondendo alla mia confusione e iniziando ad avviarsi all'interno dello yacht.
Una volta chiusa la porta alle nostre spalle, si avvicinò al tavolo della piccola cucina posta all'interno. Mi depositò lì.
"Non puoi capire quanta voglia avevo di sbatterti qui sopra" disse sulle mie labbra prima di unirle con le sue in un bacio passionale. Se prima si stava trattenendo, ora aveva lasciato spazio alla lussuria. Non aveva barriere e né pazienza. Voleva soddisfare il suo desiderio all'istante e non perse tempo. Slacciò la parte sopra del costume e mi lasciò nuda dalla vita in su. Mi accarezzò entrambi i seni, senza neanche darmi il tempo di capire cosa stesse succedendo. Poi staccò la bocca dalla mia e sostituì una sua mano a torturarmi un capezzolo. Afferrai i suoi capelli con entrambe le mani. Non aveva pietà per me, non mi permetteva neanche di respirare. Mi stava letteralmente facendo impazzire.
Poi scese giù, una mano ancora a torturarmi un seno e le labbra vicino l'orlo del mio slip. Mi spinse a stendermi sul tavolo e non opposi resistenza. Divaricò per bene le gambe e si abbassò in ginocchio. Spostò di lato le mutandine. Sentii le sue dita allargare le mie grandi labbra, poi soffiò sul clitoride facendomi lamentare. Volevo essere toccata subito.
"Cosa vuoi Catherine?" mi chiese con tono divertito. Sembrava farlo eccitare ancora di più sentirmi sbuffare infastidita. Strinsi gli occhi per calmarmi.
"Charles smettila" dissi in tono di avvertimento. Questi giochetti non mi piacevano. Avevo bisogno di lui e lo sapeva benissimo. Non c'era bisogno neanche di dirlo.
"Cosa vuoi? Se non lo dici, non continuo" richiese per la seconda volta. Era una minaccia per caso?
"Non mi far incazzare" risposi invece io a denti stretti. Ero eccitata, con le sue dita ferme ma a contatto con la mia intimità. Il suo respiro che continuava a sbattere sul mio clitoride, il suo sguardo puntatomi addosso con desiderio. E allo stesso tempo sentivo la rabbia divamparmi dentro. Con le sue domande stupide, con la voglia che aveva di farsi pregare, con il desiderio che voleva di farsi lasciare il potere. Non sapevo che fare, se cedere e lasciarmi andare al piacere o chiudere le gambe e invergli contro.

Si alzò di nuovo in piedi mettendo fine ad ogni contatto tra i nostri corpi. Si chinò verso di me solo per far incrociare i nostri sguardi. Rimasi sorpresa nel vedere i suoi occhi vulnerabili.
"Ho bisogno di sentirtelo dire" disse in un sussurro, quasi pregandomi. Ed era allora che realizzai quanto ancora avesse paura. Quanto il terrore che potessi scappare di nuovo lo devastasse. E mi diedi della stupida per non averlo capito. Per come quella richiesta non fosse una ripicca per farmi sottomettere a lui quanto un bisogno che aveva di essere sicuro, di avere la certezza che non me ne sarei andata, che sarei rimasta accanto a lui d'ora in poi.

Alzai la schiena tornando a sedermi sul tavolo. Afferrai il suo volto con entrambe le mani e appoggiai la mia fronte alla sua.
"Charles io non vado da nessuna parte. Resto qui accanto a te perché ho bisogno di te, delle emozioni che mi fai sentire. Perciò sbattimi quanto vuoi su questo tavolo, fammi qualsiasi domanda, ma non dubitare mai più di questo" dissi scandendo ogni parola per fare in modo che capisse davvero quanto fossi sincera. Non avevo intenzione di lasciarlo o tirarmi indietro di nuovo. Anche perché volendo non avrei potuto. Ci avevo provato ma il bisogno che avevo di lui non mi aveva permesso di resistere neanche per due giorni. Era diventato necessario, non ne potevo più fare a meno dei suoi baci, delle sue carezze, del suo corpo.

Non se lo fece ripetere due volte. Dopo avermi lasciato un bacio sulle labbra, mi spinse di nuovo con la schiena sul tavolo, poi di fretta mi tolse gli slip.
"Ti prendo alla lettera" disse prima di afferrarmi entrambe le gambe, alzarle dritte davanti a lui e tenendo entrambe le caviglie con una sola mano.
Poi si tolse con la mano libera il suo costume, afferrò la sua erezione e entrò in me. Urlai sia per il dolore che per il piacere. In quella posizione la mia entrata era più stretta e la sensazione più intensa. Due emozioni che tra loro creavano un mix devastante. E quando prese a spingere più forte, i gemiti si fecero sempre più alti e incontenibili. Non avevo mai urlato così durante un rapporto sessuale. Non avevo mai goduto così tanto alle spinte sempre più a fondo. Non avevo mai avuto un orgasmo del genere, così intenso. Eppure guardarci così, io esposta completamente a lui, dopo avergli lasciato il comando e Charles muoversi per andare sempre più a fondo e gemere a sentire il suo nome uscire dalle mie labbra, mi fece esplodere come mai era successo in vita mia. Le gambe mi tremavano tra la sua mano, tanto che dovette aggiungere anche l'altra per cercare di tenermi ferma. Spinse ancora e sempre più a fondo e più velocemente, intensificando il mio orgasmo ma anche cercando il suo. E quando lo sentii venire dentro di me, lasciare la presa sulle mie caviglie, che cedettero automaticamente giù senza più forze, e crollare sfinito con la testa sul mio petto, capii che neanche lui poteva più fare a meno di me. Che anche lui non se ne sarebbe andato. Che anche lui aveva bisogno di me.

Gli accarezzai la schiena, mentre prendeva fiato per riprendersi. Quando fu sicuro di aver ripreso il controllo del suo corpo, si alzò sugli avambracci e uní il suo sguardo al mio.
"Grazie" disse semplicemente. Non sapevo per cosa mi stesse ringraziando e non mi diede neanche modo di chiederglielo. Mi lasciò un bacio sulle labbra, prima di alzarsi definitivamente, afferrarmi di nuovo per le cosce e distendermi sul divanetto.
Ci riposammo così, per brevi istanti, nudi, tra le braccia uno dell'altro.

I Need You // Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora