Non l'avevo più incontrato nei giorni successivi, fortunatamente. Anche perché, dato l'accaduto, avevo cercato di uscire il minimo possibile. Era inutile dire che avevo rimuginato più volte sull'accaduto. Soprattutto sul suo sguardo in quel vicolo che sembrava volesse scavarmi dentro. Sembrava voler sapere tutto di me. Le mie paure, il mio passato, i miei pensieri. Non riuscivo a togliermelo dalla testa. Come anche le mille sensazioni che avevo provato con un semplice tocco, per la seconda volta. Ero fortunata ad essere brava a mascherare le mie emozioni, altrimenti sarei stata spacciata. A lui di me non, sarebbe mai importato nulla. La sua non era voglia di conoscermi, ma semplice curiosità. Perché sennò non si spiegava il suo essere così scostante. Non potevo permettermi di abbassare le mie difese. Non potevo essere ferita di nuovo.
Anche Victoria era arrivata quella sera a Montecarlo e sarebbe passata a prendermi tra meno di mezz'ora per andare, a detta sua, in uno dei locali più belli che abbia mai visto. Avevo fatto un eccezione quella sera dal mio piano di 'reclusa in hotel per non incontrare Charles Leclerc'. D'altronde, le possibilità che ci potessimo incrociare anche lì, erano davvero basse. E poi avevo bisogno di lasciare in pace per qualche ora la mia mente. Forse, però, avevo esagerato un po' con il bere. Infatti ringraziai che stessi tornando in stanza, anche se a fatica, sulle mie gambe. Pregai di non inciampare e cadere a terra. Era già ridicola così, questa situazione. Victoria, invece, era messa peggio di me. Cercava in tutti i modi di rimanere in piedi reggendosi al corrimano. Tutto ciò, poteva essere evitato, se l'olandese non avesse sofferto di claustrofobia. Non avevamo preso l'ascensore per questo e ora ci toccava fare tre piani per raggiungere le nostre stanze. Mi girai di scatto quando la sentii lamentarsi. Era caduta a terra e si teneva il braccio su cui probabilmente era caduta. Dovevo riprendermi o non saremmo mai arrivate a letto. Perciò, sbattei le palpebre un paio di volte e riaquistai un minimo di lucidità. Piano piano, scesi i gradini e la raggiunsi.
"Reggiti a me" suggerii prendendole un braccio, per poi attorcigliarlo intorno alle mie spalle. Non con poca fatica, riuscì ad alzarsi e lentamente arrivammo davanti la porta della sua camera. Pensavo avessimo fatto poco rumore, ma quando quattro porte nel corridoio si aprirono, capii di non essere state molto silenziose.
"Che cazzo hai fatto, Victoria?" chiese Verstappen. Ovviamente doveva essere il solito stronzo. Non sapevo, come la ragazza appoggiata a me, riuscisse a sopportarlo.
"Sta zitto" sbiascicò la sorella. Era ridotta ad uno straccio. Se non avesse costretto anche me, a bere qualche shot di troppo, probabilmente sarei stata lucida abbastanza per impedirle di continuare. Infatti, mentre io ad un certo punto mi ero fermata, decidendo di aver raggiunto il mio limite, lei, non la voleva sapere di smettere. Continuava a ripetere che era grande abbastanza per decidere da sola quello che voleva fare e per prendersi le responsabilità delle sue azioni, per poi imprecare contro il fratello. Quindi probabilmente avevano litigato e lei, a quanto pare, non l'aveva presa poi così bene. Forse non era stata una buona idea uscire.
"Sta attenta a come parli" l'ammoní il fratello. Detto da lui sembrava alquanto ridicolo. Soprattutto dopo il tono e le parole, che aveva rivolto a me, più volte.
La sorella non rispose, forse mugulò qualcosa, che però nessuno capí. Chiuse gli occhi stanca e si appoggiò completamente a me. Imprecai cercando di tenere l'equilibrio. Con i tacchi addosso, e l'alcool ancora in circolo, era difficile sostenere sia me che lei.
"Lasciala a me, Catherine" disse Carlos, venendomi in aiuto. Lo ringraziai, sospirando sollevata, quando finalmente ritornai ad essere in perfetto equilibrio. Inconsciamente Victoria si aggrappò, più del normale, a Sainz circondandogli il collo con le braccia e appoggiando la testa sul suo petto.
"Ehi mollala!" urlò Max accorgendosene e avvicinandosi al pilota della rossa. Fortunatamente Ricciardo si mise in mezzo prima che potesse raggiungerlo.
"La sta solo aiutando amico" intervenne, poggiando le mani sulle spalle del pilota della Redbull e facendolo indietreggiare di qualche passo.
"Non mi interessa! Deve toglierle le mani di dosso" continuò ad urlare furioso. Sembrava un pazzo in questo momento. Doveva essere stata pesante la litigata per reagire così. Che poi non capivo perché se la prendesse così tanto con Carlos. Era stata Victoria ad avvicinarsi maggiormente.
"Amico, calmati. Non è successo niente" provò di nuovo, il pilota della McLaren. Ma Verstappen non sembrava demordere. Anzi si infervorí ancora di più.
"Non è successo niente?! Davvero?! Mia sorella è ubriaca fradicia nel corridoio di un albergo. Non riesce neanche a tenersi in piedi e si è avvinghiata alla prima persona che si è trovata vicino. Come può non essere successo niente?!" urlò contro il suo ex compagno di squadra.
"Si stava solo divertendo e si è aggrappata a Sainz perché credeva che fosse ancora Catherine. Ti devi calmare fratello. Stai facendo un dramma per niente" ribatté Daniel, iniziando a perdere, anche lui, la pazienza. E come biasimarlo. Tutta questa situazione era surreale. E il povero Sainz c'era finito di mezzo per il solo fatto di essere accorso in mio aiuto, visto che, se non fosse intervenuto, pochi minuti dopo saremmo cadute entrambe a terra.
"Perché non ne stai fuori, eh?" chiese Max in tono minaccioso. Okay basta. Volevo solo chiudermi nella mia camera e dormire. Avevo bevuto e anche Victoria, stavamo bene e non era successo niente. Questa conversazione ridicola doveva finire subito.
"Possiamo darci tutti una calmata?" intervenni attirando l'attenzione. Avrei voluto anche continuare, se il pilota della Redbull, non mi avesse aggredita per l'ennesima volta.
"Tu devi stare solo zitta. Non è neanche un mese che sei entrata nelle nostre vite e hai già causato abbastanza problemi. Questo è solo colpa tua. Sapevo che avevi una cattiva influenza su mia sorella, e stasera ne è una dimostrazione lampante. Sta lontana da lei, ti avviso, altrimenti renderò la tua vita un inferno" mi minacciò avvicinandosi sempre di più al mio viso, nonostante Ricciardo e Norris cercassero di tirarlo indietro.
Sorrisi divertita. Forse non se ne rendeva conto, ma non ero io a portarla sulla cattiva strada. Era lui stesso, con le sue restrizioni e il suo carattere che tendeva a far scappare tutte le persone che si avvicinavano a sua sorella. Quelle poche che rimanevano poi erano solo perché volevano arrivare alla fama del pilota. Quindi, anche quello, indirettamente, era colpa sua.
Mi avvicinai, anche io di qualche passo, arrivando ad essere faccia a faccia con l'olandese. Mi sfidava con lo sguardo, ma non aveva ancora capito con chi aveva a che fare. Non avrei ceduto per nessuna ragione al mondo.
"Potrai colpevolizzarmi e minacciarmi quanto vuoi Verstappen. Ma fossi in te mi guardei allo specchio e mi chiederei se non fosse anche colpa mia tutto questo. Ripensa a quello che hai detto e fatto nei confronti di tua sorella e capirai molte cose. E se vuoi rovinarmi la vita, inizia già da ora. Non starò lontana da lei" risposi.
Non ribatté più. Rimase in silenzio, forse, a processare le mie parole, poi preso nell'orgoglio, si allontanò, togliendosi di dosso Daniel e Lando e si chiuse in camera chiudendo con violenza la porta.
Non stemmo a pensare molto a quello che era successo. Aiutai Sainz a mettere a letto Victoria, poi entrambi, uscimmo dalla stanza per lasciarla dormire in pace. Salutai gli altri e camminai verso il fondo del corridoio, dove finalmente avrei potuto riposarmi.
Nel farlo, passai davanti la porta aperta dell'unica persona che non aveva detto una parola. Ma probabilmente aspettava solo il momento in cui fossimo stati soli, per sorprendermi di nuovo con i suoi sbalzi d'umore.
"Perché hai bevuto?" chiese Charles, proprio nel momento in cui gli passai davanti. Mi fermai, senza però rivolgergli lo sguardo.
"Perché continui a farmi domande, a cui sai, non riceverai mai risposta?" risposi con un'altra domanda. Al contrario suo, non aspettai rispondesse e quando mi chiusi la porta alle spalle, sentii la sua sbattere violentemente.
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I Need You // Charles Leclerc
RomanceLei non sapeva cosa volesse dire avere bisogno di qualcuno al suo fianco. Troppo impegnata a lasciare i sentimenti fuori per non soffrire. Troppo sovrastata dalle paure dovute al suo passato tormentato. Puntava solo a eccellere nel suo lavoro. Quell...