Capitolo 39

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Vedere la preoccupazione nel suo sguardo, mi fece ridestare dal mio stato di sconforto. Vedermi così debole, lo avrebbe portato a fare delle domande a cui io non avevo intenzione di rispondere. Aveva già dei sospetti che qualcosa in me non andasse. Mi aveva già beccata una volta in procinto di uno dei miei attacchi di panico, ma in quel caso ero riuscita a bloccarlo. Ora invece ero nella fase post, priva di forze e di barriere in grado di proteggermi. Non potevo permettermi di mostrarmi vulnerabile ai suoi occhi. Perciò cercai di riprendermi al meglio e sotto gli occhi dell'olandese e del monegasco, appoggiai le mani a terra tentando di rialzarmi. Fu tutto inutile. Le gambe non reggevano alcun peso e, ben presto, caddi di nuovo con il sedere a terra.
"Cavolo, fermati! Ti aiuto io" disse Victoria, rimproverandomi. Ma non ebbe neanche il tempo, perché Charles lasciò cadere il casco, che teneva ancora in mano, a terra e si avvicinò in fretta a me. Afferrandomi per le braccia, delicatamente, mi sollevò. Poi vedendo che non avevo molto equilibrio, sembrò pensare qualcosa, ma sembrava combattuto se fare o meno ciò che aveva pensato.
D'un tratto prese una decisione. Mi afferrò per i fianchi, mi sollevò e fui costretta ad allacciare le gambe al suo bacino e le braccia attorno al suo collo. In quel momento i suoi pensieri mi furono chiari. E le emozioni che provai, nell'istante in cui il mio corpo fu vicino al suo, anche. Purtroppo o per fortuna, dipendeva dai punti di vista, il contatto tra noi, era uno stato di necessità per entrambi. E per quanto ci ostinassimo a resistere e dire che era sbagliato, non potevamo farne a meno. Tutte le volte che accadeva, le emozioni crescevano e in quel momento eravamo solo noi due. Il resto non contava.
Infatti, mentre mi trascinava da qualche parte, a me ancora ignota, non mi curai del fatto che l'olandese fosse ferma nel luogo in cui mi avevano trovata. Sembrava stupita da ciò che stava succedendo, e come biasimarla. Ci aveva visti solo litigare e non rivolgerci neanche una parola. Anche io ero stupita dalla preoccupazione del ragazzo che ora mi teneva tra le sue braccia, ma ormai ero abituata a non poter più comprendere ciò che gli passasse per la testa.

Quando mi accorsi che Charles smise di camminare, riaprii gli occhi. Ci trovavamo nel suo motorhome. Lui era seduto sul divanetto e io ero ancora avvinghiata al suo corpo. Cercai di staccarmi, rendendomi conto di sembrare ridicola, ma non me lo permise. Piantò le mani sui miei fianchi per impedirmi di spostarmi da sopra di lui e anche se in imbarazzo, smisi di porre resistenza, non ne avevo le forze necessarie.
"Che cosa è successo?" chiese guardandomi dritto negli occhi. Mi sentivo stupida ad aver reagito così. Ma il fatto che fosse in pericolo, aveva oscurato la mia razionalità. In fondo sapevo che tutti i piloti, entrando in quell'auto, avessero la possibilità di non fare più ritorno. Però, in quel momento, non ho capito più niente e mi sono fatta trascinare dalla paura che possa essergli accaduto qualcosa. Tutto ciò era ridicolo, dato il fatto che io e Charles non avevamo neanche un rapporto stretto, ma davvero non sapevo che cosa mi fosse preso. Non riuscivo a spiegarmelo. E tantomeno sarei riuscita a spiegarlo a lui.
Quindi evitai il suo sguardo, volutamente ignorando la sua domanda.
Mi afferrò il viso e fece incrociare di nuovo i nostri occhi. In quello stato di vulnerabilità in cui mi trovavo, sarebbe stato difficile resistergli. Soprattutto se mi guardava con uno stato di necessità di avere una risposta.
"Non lo so" decisi di dire una mezza verità. Perché si, il mio attacco di panico era dovuto a quel quasi incidente che aveva subito due volte, ma non sapevo spiegare perché avessi paura che potesse succedergli qualcosa.
"Dimmi la verità" incitò ancora, attaccando la mia fronte alla sua, proprio come anche io avevo fatto la volta precedente, per farmi dire il motivo della sua gelosia. E come lui aveva ceduto, anche io lo feci.
"Ho avuto paura" ammisi, chiudendo gli occhi per cercare di non riportare a galla quei sentimenti.
"Apri gli occhi, ti prego" disse continuando a tenere il mio viso tra le sue mani. Sospirai e li riaprii.
"Per quale motivo hai avuto paura?" chiese subito dopo esaminando il mio sguardo. E allora sciolsi la lingua, liberandomi di quel peso che mi stavo portando.
"Perez ti ha sbattuto fuori e avresti potuto perdere il controllo, e io.... E io ho realizzato che ti fosse potuto succedere qualcosa, e allora mi... Mi sono fatta prendere dal panico e non riuscivo a respirare... E ora non so neanche perché te lo sto dicendo, perché tu non dovresti saperlo" dissi frenetica, pentendomi l'esatto secondo dopo delle mie parole. Ma ormai era troppo tardi e lui aveva questa strana influenza su di me, che anche io avevo su di lui. Vulnerabili, senza armi o muri con cui proteggerci, e con il contatto o un semplice sguardo, ci affidavamo l'un l'altro. Anche se per poco, anche se per un solo istante.
Sembrò sorpreso dalle mie parole, e ci mise un po' a metabolizzarle. D'altronde ciò che avevo detto era importante. Avevo ammesso che avessi paura di perderlo. Domani mi sarei pentita di questa confessione e avrei cercato di dimenticare questo momento, mentre lui lo avrebbe impresso nella sua mente. E infatti, quando realizzò realmente ciò che avevo detto, nei suoi occhi lessi un pizzico di gioia.
"Sto bene, Catherine" disse rassicurandomi con lo sguardo. Sapevo stesse bene ora, ma il problema era se la paura mi sarebbe tornata ogni volta che sarebbe rientrato in quella monoposto. Non potevo permettermi di lasciarmi travolgere da quella emozione. In passato ci ero già caduta e a fatica mi ero rialzata. Perciò mi auguravo, vivamente, che fosse un caso isolato.

Non so perché lo feci. Se per far smettere il mio cervello di pensare o semplicemente lo volessi, ma in quel momento avevo voglia solo di far combaciare le mie labbra alle sue. E lo feci. Le appoggiai con irruenza e bisogno e feci partire un bacio, che durò a lungo. Ma a me non bastava, volevo di più. Perciò mi staccai dalle sue labbra e procedetti con baci lenti sulla sua guancia. Una volta arrivata all'orecchio, mi soffermai sul lobo, mordicchiandolo e leccandolo per un po' di tempo. E quando ne ebbi abbastanza anche di quello, scesi a torturare il suo collo, soffermandomi su un punto ben preciso, che dal suo ansimo, individuai essere il suo punto debole. Sorrisi contro la sua pelle, per l'effetto che il mio corpo aveva sul suo e che potevo sentire, anche attraverso la tuta che non aveva avuto il tempo di togliere, tra le mie gambe. Non persi tempo e sotto il suo sguardo carico di desiderio, portai le mani sulla cirniera, già leggermente aperta, per aprila del tutto. Gli tolsi le maniche, lasciandola cadere sulla sua vita, e, subito dopo, tolsi anche la maglietta termica, lasciandolo a petto nudo davanti a me. Ripresi a torturarlo con i miei baci per tutto il petto, mentre con le mani percorrevo il suo addome fino ad arrivare al bordo dei suoi boxer. Infilai una mano all'interno e afferrai immediatamente il suo membro. Iniziai a pompare su e giù e nonostante gli ansimi di Charles, mi facevano capire che tutto ciò gli piacesse, a me non bastava. Volevo di più. Perciò sfilai la mano e mi alzai dalle sue gambe. Confuso non capí ciò che stavo facendo e per un attimo mi sembrò impaurito che avessi cambiato idea. Quando però mi accovacciai tra le sue gambe, capí immediatamente ciò che volevo fare. Gemette solo al pensiero e quando afferrai in un solo colpo la tuta e i boxer, mi aiutò anche lui a toglierli. Nel momento in cui non c'era più nessuna barriera a dividerci, non persi tempo e afferrai il suo membro per poi infilarlo all'interno della mia bocca. Charles a quella sensazione, afferrò i miei capelli con una mano, mentre con l'altra cercava qualcosa a cui appigliarsi per mantenere il controllo. Lo guardai negli occhi, ancora non muovendomi, non volevo che si trattenesse. E allora o avendo capito le mie intenzioni, o semplicemente per la visione di me tra le sue gambe e con il suo membro in bocca, il ragazzo non riuscì più a trattenersi. E quando sollevò il bacino contro le mie labbra, capii che potevo iniziare finalmente a muovermi.

I Need You // Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora