Capitolo 53

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Dopo la nostra discussione, eravamo tornati in macchina per tornare finalmente in albergo. Cercavo di non incantarmi a guardarlo, ma la sua espressione concentrata sulla strada e il suo bicipite che guizzava ogni volta che cambiava marcia, mi eccitavano da morire. Sembravo un'adolescente alle prime armi che non si sapeva controllare. Non mi ero mai sentita così, ma questo era l'effetto che mi faceva Charles e che mi spaventava sempre di più.

Mi girai di nuovo a guardarlo e sentii il calore crescere, ancora di più, nel mio basso ventre. Distolsi lo sguardo di scatto e chiusi gli occhi per concentrarmi e calmarmi. Probabilmente, però, fu un grosso sbaglio, perché, a quel punto, mi apparvero le immagini di ieri. Me stesa su quel tavolo con la sua lingua proprio lì. Morsi il labbro con forza per non farmi uscire un lamento traditore e appoggiai la testa allo schienale dietro di me per riprendere il controllo.
"Che hai?" chiese preoccupato Charles. Si era girato a guardarmi cavolo! Aprii gli occhi e, senza guardalo, cercai di fare finta di niente.
"Niente" risposi, infatti, facendo finta di essere confusa per quella domanda.
"Sicura? Perché eviti il mio sguardo" disse, non certo della mia risposta. Allora mi costrinsi a posare il mio sguardo su di lui. Lo sostenni un paio di secondi, per poi annuire e ritornare a guardare davanti a me. Quanto ci voleva ancora prima di arrivare?
"Okay" continuò ancora incerto. Ma fortunatamente non aggiunse altro. Anche se ora alternava lo sguardo tra me e la strada per vedere effettivamente se stessi bene. Non avrei retto ancora per molto. Ma il peggio avvenne quando, per sbaglio, sfiorò la mia gamba. Mi spostai di scatto, irrigidendomi.
Ero così ridicola cavolo! Io che sapevo gestire tutte le emozioni, ora mi ritrovavo come una ragazzina in preda agli ormoni. Che cavolo mi stava succedendo?
"Si può sapere che cosa ti sta succedendo?" chiese irritato. Come biasimarlo. Spostarmi non era stato un bel gesto. Sembrava che fossi infastidita, ma in realtà era tutto il contrario. Non risposi, concentrandomi a guardare qualsiasi cosa ci fosse fuori dal finestrino.
"Catherine, ti ho appena finito di dire che ti sento distante e tu, invece che cercare di convincermi del contrario, stai confermando ciò che penso" disse innervosito.
Sospirai. Aveva ragione, mi stavo comportando da perfetta idiota. Mi girai a guardarlo, ma ora lui non voleva guardare me. Aveva lo sguardo rivolto unicamente alla strada.
"Scusami" dissi. Non distolse lo sguardo per rivolgerlo a me e strinse la mascella per trattenersi dal dire qualcosa che avrebbe potuto ferirmi. Ormai sapevo come reagiva per difendersi.
"Ti prego, Charles. Non è quello che pensi" ribattei per cercare di convincerlo. Sospirò e incrociò un attimo i miei occhi. Poi li riportò davanti a sé.
"Puoi dirmi allora cosa ti prende, per favore?" chiese un po' più rilassato. E ora cosa gli dicevo? Per forza la verità o avrebbe capito che mentivo, suscitando in lui altri dubbi.
"Mio dio è così imbarazzante!" dissi frustrata portandomi le mani a coprirmi la faccia. Probabilmente in questo momento avevo assunto le sembianze di un pomodoro per quanto sentivo il viso in fiamme.
"Cosa?" chiese impaziente il ragazzo alla guida. Non avrei mai voluto ammettere una cosa del genere, ma ormai era fatta.
"Sono eccitata" ammisi, rimettendomi composta e liberandomi di quel peso.
Si girò a guardarmi per un attimo, poi mi ignorò. Mi sentii così stupida. Avevo ammesso davanti a lui, quanta voglia avessi di essere toccata e lui mi aveva snobbata completamente.
Pochi minuti dopo, arrivammo finalmente in albergo e senza aspettare che potesse dire o fare qualcosa, uscii dall'auto e corsi letteralmente all'interno. Ero in preda alla vergogna, alla delusione, al rifiuto. Un misto di sentimenti che avevo ripromesso a me stessa di non riprovare mai più. Ma ora eccomi qui, mentre corro, il più velocemente possibile verso la mia stanza.
Prima che potessi chiudermi la porta alle spalle, però, Charles si intrufolò. Non mi diede il tempo di cacciarlo che subito poggiò le sue labbra sulle mie, per poi afferrarmi per le gambe e, sollevandomi, costringermi a legarle attorno al suo bacino. Ero ancora confusa da tutto ciò che era successo prima di questo. Quindi non mi aveva rifiutata, semplicemente stava aspettando di arrivare qui per fare esattamente quello che volevo.
Afferrai il suo viso tra le mani e lo avvicinai ancora di più al mio. L'eccitazione stava salendo di nuovo e il fatto che mi stesse palpeggiando il sedere, non mi aiutava. Avanzò verso il letto, sul quale mi poggiò, subito, delicatamente. Poi scese a baciarmi il collo, mentre con le mani iniziò a slacciarmi i pantaloni. Gli afferrai i capelli con urgenza. Volevo sentirlo subito dentro di me. Ne avevo bisogno. In un attimo abbassò pantaloni e mutandine, lasciandomi nuda dalla vita in giù. Poi si staccò dal mio collo e si inginocchiò ai piedi del letto facendomi divaricare le gambe e posizionandosi tra esse. Mi guardò meglio occhi prima di avventarsi sul mio clitoride. Gemetti, riacciuffando tra le dita i suoi capelli. Leccava, succhiava e mordeva, facendomi letteralmente perdere la testa. Era la tortura più piacevole che avessi subito. E quando stavo quasi per arrivare al culmine, lo maledii per essersi fermato. Non ebbi il tempo di insultarlo però, perché si era già slacciato i pantaloni e abbassato le mutande. E vederlo con l'erezione, lì in piedi davanti a me, mi portò a far uscire un lamento più forte dei precedenti. Mi afferrò la gamba destra e la posò sulla sua spalla, per poi fare la stessa cosa con l'altra. Tenendomi ferma con entrambe le mani per il bacino, entrò con un colpo secco dentro di me. Urlai, stavolta. La sensazione era più intensa di ieri. Lo sentivo completamente riempirmi e il piacere era molto più intenso. Quando prese a muoversi non capii più niente. Era solo un continuo di spinte, seguite da gemiti, baci, carezze. Tutto perfetto. Ad ogni spinta, sembrava andare sempre più in profondità, facendomi sentire ogni volta, sempre di più, al limite. E c'ero quasi, stavo per venire e lasciarmi andare ad uno degli orgasmi più intensi della mia vita, ma Charles si fermò sul più bello. Costringendomi ad aprire gli occhi che avevo chiuso senza neanche accorgermene.
"Devi guardarmi negli occhi, Catherine" disse trattenendosi dal tornare a muoversi. Annuii, dispiaciuta di non essermi accorta di averli chiusi un'altra volta. Ma non era stato volontario oggi. Mi ero semplicemente lasciata andare al piacere.
Quando fu sicuro che non l'avrei rifatto, riprese a muoversi. Ancora più deciso e in profondità di prima. I nostri occhi a contatto, si comunicavano l'un l'altro quanto, in quel momento, ci sentissimo vivi. Quanto avessimo bisogno proprio di quello. Dei nostri corpi avvinghiati, dei nostri occhi intrecciati, delle nostre mani sul corpo dell'altro, del piacere che solo così, insieme, riuscivamo a provare. E con quella consapevolezza, ormai, dentro di me, all'ennesima spinta di Charles, non riuscii più a resitere e, gemendo, mi lasciai andare all'orgasmo. La sensazione venne approfondita dalle spinte più veloci e intense del monegasco, anche lui molto vicino. E quando lo sentii venire dentro di me, mi sentii definitivamente completa.

I Need You // Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora