Capitolo 95

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Eravamo tornati al lavoro già il giorno dopo. Sepolto l'episodio che era successo quella sera con quelle due ragazze, a cui era stato obbligato un supporto psicologico, ci dovevamo rimettere sotto. Sarebbe stato un altro weekend difficile per il nostro team e il cattivo tempo che era stato previsto, non aiutava.

Quel sabato sembrava filare tutto liscio, anche se eravamo riusciti per poco a superare il Q2. Almeno fino a quando nel Q3 un forte temporale si aprì sul circuito. Sentivo che qualcosa stava per succedere. Che far correre le macchine, soprattutto per le qualifiche, con quella pioggia non era una decisione sicura. E nonostante più volte, sia le scuderie, che alcuni piloti, avevano cercato di far sospendere la sessione per il pericolo che si correva, la direzione gara non aveva voluto sentire ragioni.
Perciò con il fiato in gola, me ne stavo ai muretti fuori dal box, vicino all'ingegnere di pista di Charles. Volevo assicurarmi che stesse bene. Per ora si trovava ancora dietro di me, aspettando il segnale per entrare in pista dai meccanici.
E ne fui contenta quando sentii i vari team radio di Vettel, in cui urlava e invitava la FIA a sospendere la gara, a dare quella bandiera rossa.
Pochi secondi dopo un forte boato si sentí per tutta la pista e le immagini di una McLaren a muro apparvero nei nostri schermi. Il replay dell'incidente portò l'ansia alle stelle. L'impatto era stato violentissimo e venne data immediatamente la sospensione delle qualifiche. Tutti restammo sulle spine, davanti a quelle immagini, ad aspettare un qualsiasi segnale dal pilota, che ancora non avevo capito fosse Lando o Daniel. Non importava chi fosse, importava stesse bene. Quando inquadrarono di nuovo la monoposto, capii dal numero 4, fosse Norris, e dopo aver sentito il team radio in cui affermava di stare bene, tirammo tutti un sospiro di sollievo. Tolsi le cuffie ed entrai dentro i box arrabbiata, mentre il pilota numero 16 era già uscito dall'auto. Probabilmente anche lui aveva visto le immagini dell'inglese a muro. Mi soffermai un attimo a guardarlo negli occhi, prima di riprendere il cammino verso l'uscita secondaria. Mi appoggiai al muro per prendere un respiro e calmarmi. Non potevo credere a ciò che sarebbe potuto succedere. Non potevo pensare al fatto che i direttori di gara se ne fossero fregati dell'incolumità dei piloti.

"Stai bene?" sentii chiedermi. Aprii gli occhi di scatto tornando alla realtà e trovandomi davanti il pilota numero 16. Solo a pensare che ci poteva essere lui in quell'auto, in quella situazione, il desiderio di correre alla FIA e urlargliene di tutti i colori, si faceva vivo dentro me.
"Sto bene" risposi semplicemente cercando di mettere da parte l'ansia e la paura che, da quando il nostro rapporto si era evoluto, non riuscivo a controllare. Fare quel lavoro comportava una serie di rischi di cui si era ben coscienti. I piloti che firmavano un contratto in formula una erano consapevoli che ogni volta saliti dentro le monoposto vi era la possibilità di non tornare a casa. E io sapevo bene cosa volesse significare legarsi ad uno di loro, eppure mi ero lasciata andare alle emozioni e adesso non sapevo più gestirle. Ironico per una che le ha sempre tenute nascoste.
"Lo sai che non devi dirmi stronzate Catherine" mi ammoní il ragazzo di fronte, dopo avermi osservata per bene. Era inutile fingere, ormai mi capiva troppo bene anche solo per tentare di ingannarlo. Ma non volevo farlo preoccupare con le mie ansie quando aveva una gara da correre. Dovevo cercare di darmi una calmata. Non potevo permettere che con il pensiero di una me in preda al panico, si ritrovasse a guidare rischiando di compromettere la sua carriera.
Sospirai e mi lasciai andare ammettendo la verità.
"Mi fa incazzare che vi abbiano fatti uscire con quel mal tempo. E ancor di più per il fatto che Sebastian l'aveva detto. Norris si è schiantato al muro, Charles. Ci potevi essere tu al suo posto. È stata la prima cosa a cui ho pensato. E il terrore ha prevalso su tutto" dissi di getto evitando accuratamente il suo sguardo. Non volevo vedesse quanto fossi fragile in quel momento. Ancora faticavo a mostrare le mie debolezze di fronte al pilota, ma avergli confessato quelle cose era un grande gesto da parte mia.
Mi afferrò il viso con una mano, costringendomi a posare i miei occhi nei suoi. La dolcezza che vi vidi fu difficile da spiegare.
"È il mio lavoro e non posso prometterti che non accadrà mai. Purtroppo non ci sono certezze in questo mondo. Lo so io e lo sai anche tu. Devi imparare a gestire la paura Catherine. Non pensare al se, pensa al presente, a ciò che accade realmente. Io sono qui, non mi sono schiantato da nessuna parte. Oggi è stato Norris, domani potrà essere qualcun'altro. Nessuno lo sa. Ma viviti il momento, pensa solo ad adesso" disse ad un soffio dalle mie labbra. Ogni sua parola la ascoltai attentamente. Sapevo avesse ragione. Non potevo scervellarmi inutilmente su ciò che può succedere. Dovevo pensare a ciò che era successo. A ciò che stava succedendo. Lui era lì, davanti a me. Mi ripromisi che ci avrei provato. Che avrei pensato più al presente che all'incertezza del futuro. Mi sarei goduta ogni istante al suo fianco e concentrata, durante le gare, sul mio lavoro, più che sulla possibilità che qualcosa potesse andare storto.
"E poi sono uno dei piloti più bravi al mondo, perciò tranquilla" aggiunse ammiccando con un sorrisetto sulle labbra. E quello fu tutto ciò che mi serví per togliere dalla mia mente ogni preoccupazione.
Alzai gli occhi al cielo, non potendo evitare di far nascere, però, un sorriso anche sulle mie labbra.

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Il giorno dopo sembrava tutto pronto per l'inizio della corsa. Norris stava bene, e dopo aver passato un paio d'ore in ospedale, sembrava avesse riportato solo una botta al braccio che non gli permetteva di stenderlo completamente senza provare dolore. Niente da impedirgli di gareggiare quel giorno.
Niente che non fosse la pioggia, iniziata a cadere pochi minuti prima della partenza. Era meno incessante del giorno prima, ma dopo ciò che era successo durante le qualifiche, nessuno se la sentí di dare il via libera ad iniziare. Perciò aspettammo più di mezz'ora in griglia cercando di capire che intenzioni avessero i dirigenti. A parer mio risultavano fin troppo codardi. Meno di ventiquattr'ore fa, non avevano voluto sentir ragioni, causando un incidente di quella portata. Ora, dopo aver ricevuto insulti dai team, dai giornalisti e dagli stessi piloti, si astenevano dalle responsabilità di farli correre con il mal tempo.

Dopo altri 10 minuti deciserono di fare un giro dietro alla safety car, ma fu chiaro subito che le condizioni di pista erano impraticabili e così la gara venne sospesa. I piloti rientrarono ai box e non potetti non sentirmi sollevata.
Appena Charles uscì dalla monoposto, incrociai il suo sguardo per un secondo. Non potevamo farci scoprire, ma volevo assicurarmi che stesse bene. Un sorrisetto spuntò sulle sue labbra divertito da quelle che aveva capito fossero le mie intenzioni. Sicuramente stava bene. Mi limitai quindi a restare con il team per prepararci nel caso in cui decidessero di rientrare in pista.

I minuti passavano e così anche la speranza di poter iniziare quella gara. Il freddo diventò pungente ad un certo punto, facendomi tremare insieme all'ansia di una probabile ripartenza. Le condizioni metereologiche erano addirittura peggiorate e se prima era incerto se si potesse gareggiare, ora sembrava impossibile. Tuttavia, i direttori di gara sembravano tenerci a dare comunque un podio. E se già le decisioni del giorno prima avevano fatto infuriare molti, in caso di una cosa del genere, i ricorsi sarebbero stati sicuramente presentati.

Iniziai a fare avanti e indietro per i box, portando caffè e thè caldo a tutto il team, in modo da cercare un minimo calore in quel tempo che si faceva sempre più pungente.
Quando passai davanti ai due piloti della rossa, mi sentii chiamare.
Mi fermai titubante. Tutti potevano vederci in quel momento, ma mi costrinsi a rimanere calma. Incrociai lo sguardo del monegasco che aveva attirato la mia attenzione.
"Mi dai del thé per favore?" chiese. Glielo porsi, pronta ad andare via di lì il prima possibile, ma invece che afferrarlo e tornare a parlare con lo spagnolo, si alzò e si avvicinò al mio orecchio.
"Tra cinque minuti nel mio spogliatoio" disse per poi afferrare il bicchiere e tornarsi a sedere. Restai imbambolata per qualche secondo prima di riprendermi e andare via. Quel ragazzo ci avrebbe fatto scoprire prima del previsto, ne ero sicura.

I Need You // Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora