Guardarla ridere ubriaca insieme a Ricciardo, mi faceva infuriare come mai prima. Uno perché aveva bevuto, il che voleva dire che qualcosa l'attanagliava, e due perché, vederla così spensierata con lui, mi faceva desiderare di essere al suo posto. Con me era sempre sfuggente e fredda, forse perché lo ero anche io, ma quando durante la discussione con Binotto, in un attimo di incoscienza, le avevo afferrato la mano, prima mi aveva assecondato e poi mi aveva piantato in asso. Me ne ero andato subito dopo, deluso da lei per avermi rifiutato, e da me stesso, per aver perso il controllo. Stavo abbassando le mie difese e quello era un segnale che non dovevo farlo. Per quanto i nostri corpi si desiderassero l'un l'altro, le nostre menti non ci permettevano di avvicinarsi per paura di farci del male a vicenda.
"Niente, non abbiamo niente da ridere" rispose Catherine, distogliendo lo sguardo dal mio e riportandolo su Norris.
"Mmh, dalle vostre risate non si direbbe" ribatté con un sorriso divertito. E come lui voleva sapere il perché stessero ridendo, anche io morivo dalla voglia di conoscerlo, ma poi Victoria sviò il discorso, afferrando Catherine per il braccio e costringendola ad alzarsi. Diceva che quella che avevano messo, era una canzone che dovevano assolutamente ballare. All'inizio l'inglese sembrava opporsi e non reggersi neanche in piedi per tutti quei drink che probabilmente aveva bevuto. Ma poi vedendo Victoria ballare, scoppiò a ridere e iniziarono a fare delle mosse strane che causarono le risate di tutti, tranne le mie. Io non riuscivo ad essere divertito sapendo che si era ubriacata per qualche motivo a me ignoto. E anche se non erano affari miei, il mio corpo aveva bisogno di sapere.
Quelle mosse strane, però, dopo un paio di minuti si trasformarono in altro e, anche le risate intorno a me, cessarono. Victoria iniziò a strusciarsi sulla gamba di Catherine e quest'ultima, inebriata dall'alcol, l'assecondò. Prese a muovere il bacino a ritmo di musica, con movimenti sempre più sensuali. L'erezione all'interno dei miei pantaloni diventò ancora più evidente quando incrociò il mio sguardo. Invece di smettere, fece un sorrisetto provocatorio e iniziò ad ancheggiare portando le su mani sui suoi fianchi per poi farle salire, sempre più su, verso il suo collo. Non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso. Mi stava facendo eccitare e se avessi guardato l'espressione degli altri ragazzi presenti in questa stanza, probabilmente avrei avuto un'idea di quella che anche io avevo in faccia. E proprio dopo questo pensiero, tornai ad essere incazzato. Gli altri non potevano guardarla così, come se le volessero togliere i vestiti di dosso. Soprattutto non quando non era cosciente di ciò che stava facendo. Fortunatamente tutti furono distratti dal fatto che Victoria, presa da un impeto di coraggio, si avvicinò a Carlos e salí a cavalcioni su di lui. In questo modo, mi potei alzare, e a passo veloce, trascinare Catherine fuori da lì.........................................................
"Ti vuoi fermare?" urlò per la milionesima volta la ragazza inglese. Aveva posto la stessa domanda da quando eravamo usciti dalla discoteca. Non le risposi per l'ennesima volta e quando arrivai finalmente vicino all'auto, le lasciai il polso e aprii la portiera del passeggero.
"Sali in macchina" ordinai esortandola con lo sguardo. Ero furioso, ma cercavo comunque di mantenere la calma. Sapevo che non era cosciente di tutto ciò che era successo, ma mi faceva infuriare comunque.
"Non se ne parla" rispose, incrociando le braccia e sfidandomi con lo sguardo. Anche da ubriaca era cocciuta. Ma stava giocando con il fuoco e sarebbe stato meglio se mi avesse ascoltato.
"Sali" dissi di nuovo a denti stretti. Stavo arrivando al limite della sopportazione. Avevo accumulato tanta di quella tensione in quest'ultima settimana, che adesso sembrava voler venir fuori.
"No" rispose di nuovo con un sorrisetto derisorio. E sapevo che era ubriaca, altrimenti se ne sarebbe solo andata con il suo solito sguardo indifferente mandandomi al diavolo e vietandomi di darle ordini, ma avrei preferito quello, invece che avere a che fare con questa versione ancora più audace di lei che balla davanti a tutti quegli uomini in quel modo e che mi prende letteralmente per il culo in questo momento.
"Te lo ripeto un'ultima volta. Sali sopra questa fottuta macchina" scandii ogni parola, cercando di farle capire che se non mi avesse ascoltato, ce l'avrei fatta salire con la forza.
"Non ho intenzione di salire nella tua auto" scandì anche lei, continuando a prendersi gioco di me. Non potevo più controllarmi, perciò percorsi la poca distanza che ci separava e abbassandomi, l'afferrai per il bacino e la caricai sulla spalla. Non ascoltai le sue lamentele che mi ordinavano di farla scendere. La buttai letteralmente sul sedile e chiusi la portiera. Prima che potesse cercare di aprirla, impostai la sicura. Feci il giro dell'auto ed entrai dalla parte del guidatore.
"Fammi scendere" ordinò, cercando ancora di forzare la maniglia. Stavolta sorrisi io derisorio.
"Mettiti la cintura" le dissi, ignorandola.
"Col cavolo che la metto! Mi devi far scendere!" urlò furiosa. Avrei voluto ridere per la sua espressione divertente da arrabbiata, ma avrei peggiorato la situazione, perciò mi trattenni.
"Vuoi metterla da sola o vuoi che faccia come prima?" la sfidai con lo sguardo. Restò un attimo a guardarmi per capire se stessi dicendo sul serio, poi si arrese.
"Sei un bastardo" disse contrariata, prendendo sgarbatamente la cintura e imfilandola con rabbia dentro il gancio.
Soddisfatto, misi in moto l'auto.Per tutto il viaggio eravamo stati in completo silenzio. Lei probabilmente a pensare i mille modi con cui insultarmi una volta uscita di qui. Io a tutti i modi in cui darle dell'incosciente per essersi ubriacata in quel modo, per poi dare spettacolo davanti a tutti. Anche se non era cosciente, comunque mi faceva infuriare ciò che aveva fatto, e non avrei perso occasione di ricordargli quanto stupide fossero state le sue azioni, una volta tornata sobria. Anche se probabilmente dopo tutto ciò che era successo, ora sicuramente era tornata in sé. E lo potevo notare dal suo sguardo tornato distante e indifferente che avevo incrociato proprio in quel momento, dopo essermi girato per controllare che stesse bene.
Una volta arrivati davanti l'hotel, uscii senza sboccarle la sicura, dato che sicuramente sarebbe scappata, se l'avessi fatto. Solo quando fui davanti la portiera del passeggero le permisi di uscire. E quando la sbatté con violenza e prese a camminare, la seguii, senza perderla di vista. Nel momento in cui provò a chiudermi in faccia la porta della sua stanza, la bloccai ed entrai dentro, anche senza il suo permesso.
"Che vuoi ancora?" chiese infastidita, dopo aver chiuso la porta dietro di lei e aver preso un respiro, probabilmente per mantenere la calma. Ma io non l'avrei mantenuta ora.
"Sapere perché hai bevuto e ti sei comportata in quel modo" ordinai, sedendomi sul divano e incrociando le braccia al petto in attesa di una risposta. Non me ne sarei andato da lì finché non avesse parlato.
"Io non devo dirti un bel niente" disse guardandomi male e appoggiandosi con le spalle al muro di fronte a me.
"Invece me lo dirai" ribattei a denti stretti. Dovevo saperlo per la mia sanità mentale. Sentivo il cervello esplodere per le mille risposte che stava cercando di dare.
"Puoi stare qui quanto vuoi perché dalla mia bocca non uscirà niente" rispose in tono di sfida e allora fanculo. Fanculo lei e il suo essere fredda e scostante, fanculo il fatto che si sia ubriacata e comportata come una stupida, fanculo me per essermi preoccupato per lei e per ciò che le possa essere successo nel passato. Fanculo al fatto che non riuscissi a togliermela dalla testa.
A quel punto mi alzai e tornai ad assumere il mio atteggiamento da stronzo. Se non voleva parlare, dovevo farmi da parte. Perché l'avevo trascinata via da quella discoteca, se lei voleva rimanere? E perché adesso ero davanti a lei a mostrare la mia preoccupazione, mettendo da parte il mio orgoglio e la mia paura di legarmi a questa ragazza? Probabilmente la scelta migliore sarebbe stata rimanere seduto su quella sedia nel privé di quel locale e lasciarla fare quel che voleva. Ma non ce l'avrei fatta a vederla andare oltre i suoi soliti standard, a superare quei limiti che sapevo si era prefissata, ad essere una persona che in realtà non era. Perché io ormai non riuscivo più a far finta che di lei non mi interessasse, mentre lei, invece, ci riusciva benissimo.
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I Need You // Charles Leclerc
RomanceLei non sapeva cosa volesse dire avere bisogno di qualcuno al suo fianco. Troppo impegnata a lasciare i sentimenti fuori per non soffrire. Troppo sovrastata dalle paure dovute al suo passato tormentato. Puntava solo a eccellere nel suo lavoro. Quell...