Stavamo partendo per l'Austria, dopo quel weekend disastroso. Dovevamo sicuramente cercare di rimediare, per quanto fosse possibile. Perciò appena atterrati, abbiamo avuto solo il tempo di appoggiare le valigie nelle nostre camere in hotel, e subito dopo, ci siamo diretti al circuito. I piloti sarebbero arrivati tra un paio di giorni. E non potevo essere più contenta di così, visto che avrei avuto tutta la calma, per lavorare al meglio, con tutto il team sulle strategie migliori da effettuare, senza un Leclerc impertinente tra i piedi. Dopo ciò che era successo in Francia, dopo la gara, non avevamo più parlato, né c'eravamo incontrati. Meglio così. Anche se ero sicura che, anche se ci fossimo incrociati per sbaglio, avremmo preso due strade completamente opposte, senza neanche guardarci.
Quando il mercoledì sera, la maggior parte dei piloti arrivarono in hotel, cercai di evitarli il più possibile. Ma purtroppo, nonostante avessi programmato di cenare più presto del solito, per non incontrare nessuno, quando entrai nella sala pranzo, trovai il solito gruppetto più affiatato, intorno allo stesso tavolo. Dovevano essere parecchio affamati per decidere di mangiare prima. Cercai di fare dietrofront e tornare dopo, ma purtroppo non ero passata inosservata.
"Ehi, Catherine!" mi richiamò Ricciardo felice di vedermi. Probabilmente conversare con lui quella sera in Francia, non era stata una buona tattica. A quanto pare, ero entrata nelle sue grazie e, si, era una persona davvero simpatica, ma tendeva a voler circondarsi sempre di quel gruppo di persone in cui rientrava Charles Leclerc. E lo sguardo fulminante che lanciò all'australiano, confermava che, come me, non era contento di essere nella stessa stanza. Comunque feci finta di niente per non creare sospetto agli altri, e per non fare soddisfazione al pilota numero 16, di vedermi scappare a gambe levate.Con un sorriso finto, mi avvicinai al tavolo e rimanendo in piedi, feci un saluto generale.
"Anche tu affamata?" chiese divertito Norris.
"In realtà mi è passata la fame" sussurrai tra me e me. Ma probabilmente non abbastanza a bassa voce, per non farmi sentire.
"Che hai detto?" chiese Charles, con un sorriso divertito sulle labbra. Era impressionante come riuscisse a cambiare umore da un momento all'altro.
Aveva capito benissimo quello che avevo detto e sembrava anche capire che la causa di tutto quello, era proprio lui. Perciò per non dargli alcuna soddisfazione, mi sedetti nella sedia libera tra Lando e Daniel, e con un sorrisetto tra le labbra risposi alla domanda dell'inglese, ignorando invece quella del monegasco.
"Si, sono parecchio affamata. Che si mangia?"Nonostante lo sguardo infuriato del pilota della rossa, come sempre, puntato sulla mia figura, dovevo ammettere che mi stavo divertendo. Il pilota australiano era un vero spasso. Era impossibile non ridere in sua presenza, anche per una persona fredda come me. L'atmosfera che creava quel gruppo era fantastica. Era difficile pensare che nonostante combattessero sullo stesso campo per avere la posizione migliore, con a volte qualche battaglia non del tutto onesta, al di fuori del lavoro, riuscissero a creare questo clima sereno.
A metà cena, ci avevano raggiunti anche Carlos e Victoria, che nonostante l'inizio della conoscenza da poco più di una settimana, sembravano già essere inseparabili. Gli altri non sapevano della loro frequentazione, anche perché era una cosa prematura, ma dagli sguardi che l'olandese e lo spagnolo si scambiavano, si poteva capire benissimo.
"Se organizzassimo uno di quei tornei di fifa stasera?" chiese Ricciardo, allargando gli occhi come se avesse avuto un illuminazione. Gli altri sembravano essere d'accordo.
"Ovviamente siete invitate anche voi, Catherine e Victoria" aggiunge il pilota della McLaren. Se prima ero concentrata sul mio piatto, adesso avevo riportato l'attenzione sulla conversazione.
"Io passo" dissi semplicemente per poi continuare a mangiare.
"Non fare la guastafeste dai" ribatté Victoria, in tono di rimprovero. Confusa la guardai. Guastafeste per cosa? Non volevo stare a guardare loro giocare con la Playstation. Domani avevo un lavoro da fare, con il pilota che sedeva alla parte opposta del mio stesso tavolo. E combattere con lui sarebbe stata una grande impresa, perciò mi servivano tutte le forze possibili. Di certo, averci a che fare, anche questa sera, non era stata una grande mossa.
"Ho sonno" risposi ammonendola con lo sguardo, in modo da farla desistere dal continuare ad interferire.
Sbuffò infastidita, ma lasciò perdere.Così quando tutti finimmo, li salutai, e mentre loro si dirigevano tutti nella stanza di Norris, io mi diressi alla mia.
Dopo aver fatto la doccia ed essermi preparata per andare a dormire, non ebbi il tempo di mettermi a letto, che bussarono alla mia porta. Ero tentata di ignorare chiunque fosse, ma quando bussò con insistenza, per la seconda volta, andai ad aprire.
Mi ritrovai niente di meno che il ragazzo dagli occhi verdi-azzurri davanti.
"Che cosa vuoi?" chiesi senza giri di parole. Di sicuro non era venuto per una visita di cortesia, quindi più presto avesse detto ciò per cui era venuto, più prima sarei andata finalmente a dormire.
"Non mi stupisco più di quanto tu sia poco accogliente" rispose con un ghigno impertinente sulle labbra e ignorando la mia domanda. E io non mi stupivo più del suo essere così stronzo.
"Salta i convenevoli e arriva dritto al punto" lo incitai bruscamente a parlare. Sembrò infastidirsi dopo queste ultime mie parole. Che cosa si aspettava? Che stessi al suo gioco di botta e risposta, perdendo tempo a lanciarci frecciatine a vicenda? No, grazie, volevo solo stendermi nel mio letto e chiudere, per una buona volta, i miei occhi.
"Va bene, come vuoi. Sono venuto a dirti di presenterti con delle buone strategie domani, perché altrimenti come ti sono venuta a riprendere da Bristol, ti riporto lì" minacciò con sguardo serio. Doveva avere una bella faccia tosta, per venire a bussare alla mia camera e far uscire dalla sua bocca quelle stupide parole. Stupide perché sapeva benissimo quanta sofferenza provassi nel tornare in quella città. Glielo avevo confessato in un impeto di vulnerabilità che quel luogo non lo consideravo casa, facendogli capire implicitamente, che ci fosse qualcosa nel mio passato, che mi aveva portato a non ritenerla più tale. Ma lui aveva usato tutto ciò, per venire qui, con l'intenzione di ferirmi. E anche se, esternamente non lo diedi a vedere, ci era riuscito.
"Tranquillo, avrai quello che vuoi" dissi impassibile.
Notando il mio distacco, per un attimo, mi sembrò di percepire, nel suo sguardo, un lampo di pentimento per ciò che era uscito dalla sua bocca. Lampo che durò una frazione di secondo per poterlo constatare effettivamente. Perciò, non volendo avere più a che fare con lui, ancora un minuto di più, lo lasciai lì immobile davanti alla mia stanza, sbattendogli la porta in faccia.
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I Need You // Charles Leclerc
RomanceLei non sapeva cosa volesse dire avere bisogno di qualcuno al suo fianco. Troppo impegnata a lasciare i sentimenti fuori per non soffrire. Troppo sovrastata dalle paure dovute al suo passato tormentato. Puntava solo a eccellere nel suo lavoro. Quell...