Capitolo 51

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Era notte inoltrata, ormai, e tutto il team aveva appena finito di lavorare per riportare, allo stato originario, la monoposto di Charles. Ero rimasta anche io per il fatto che se non fossero riusciti a sistemare ogni cosa, avrei dovuto depistare i problemi cercando nuove strategie che ci avrebbero potuto avvantaggiare. Fortunatamente, però, sembrava essere tutto a posto e quindi, sollevati, potevamo tornare in hotel. Eravamo gli unici ad essere ancora nel paddock e quando uscimmo, il silenzio e il buio della notte, ci accolsero. Quando salutai tutti per dirigermi alla mia auto, più distante dalle altre, incrociai lo sguardo del monegasco. Sembrava voler dire o fare qualcosa, ma non poteva perché c'erano altre persone con noi. Gli ero grata che stesse cercando di essere discreto. Già avevo fatto fatica ad accettare di essermi lasciata andare con lui, ma dare un etichetta a qualsiasi cosa fosse cominciata, era troppo. Ero ancora terrorizzata da tutto ciò. Lasciai perdere i suoi occhi e voltandogli le spalle, mi diressi alla mia macchina.

Ero arrivata nella mia camera da neanche 5 minuti e avevo intenzione di fare una doccia veloce e di buttarmi letteralmente sul letto. Stavo dormendo all'impiedi per quanto ero stanca. Appena entrai in doccia, però, qualcuno bussò alla porta della mia stanza. Mi lamentai, per essermi bagnata per niente e del pessimo tempisto della persona che mi stava, tra l'altro, cercando, a quell'ora, di notte. Mi infilai l'accappatoio e mi strizzai i capelli che, purtroppo, avevo ormai bagnato. Dopodiché mi diressi a piedi nudi alla porta e la aprii. Mi ritrovai davanti Leclerc. Non sapevo cosa ci facesse lì, visto che c'eravamo salutati pochi minuti prima nel parcheggio del circuito, ed ora non sembrava sapere neanche lui il motivo. Era troppo impegnato a guardarmi dalla testa ai piedi per dire qualcosa. Solo quando gli schioccai le dita davanti il viso, sembrò riprendersi.
"Apri a tutti così?" chiese riportando lo sguardo sulla mia faccia e indicando nel frattempo l'accappatoio.
"Solo a quelli che si presentano alle tre di notte mentre sto facendo la doccia" risposi ironica, con un sorrisetto sulle labbra. Si vedeva che provava fastidio al solo pensiero che qualcun'altro mi vedesse in quello stato. E anche se era esagerato, dato che non eravamo neanche fidanzati, non potei fare a meno di provare un po' di gioia per questa cosa. Che subito sotterrai in una parte nascosta della mia mente.
"Perché fai sempre le docce alle tre di mattina?" chiese con le sopracciglia alzate, come presa in giro. Mi irritai leggermente a quel suo tono di voce.
"Se lavoro fino a quest'ora, mi sembra normale. Ma poi, perché ti sto dando retta?! Perché sei qui?" dissi, troncando quella conversazione inutile. Dovevamo entrambi andare a dormire, o altrimenti domani non ci saremmo svegliati in tempo. Quindi prima diceva quello che aveva da dire, prima ci saremmo potuti riposare.
Entrò nella stanza facendomi arretrare. Poi chiuse la porta dietro di sé e, afferrandomi per un braccio, appoggiò le sue labbra alle mie. Mi baciò con foga, come se avesse aspettato ore interminabili per poterlo fare. Mi chiese subito l'accesso e io glielo concessi. Mi afferrò il viso, per avvicinarmi, se possibile, ancora più vicino a lui, mentre io, invece, mi aggrappai alle sue spalle per non crollare a terra. Ogni volta che mi baciava, le emozioni si facevano così intense, da inibire tutti i miei sensi. Le gambe diventavano gelatina, la testa sembrava essere avvolta da una nuvola, e il cuore sembrava aver corso una maratona. Charles scaturiva in me sentimenti che non avevo mai provato. E per quanto mi spaventasse tutto ciò, allo stesso tempo sentivo di star facendo la cosa giusta.
Solo quando non avemmo più fiato, ci staccammo e poggiai la mia fronte alla sua per cercare di far tornare il respiro normale.
"Sono qui per questo" rispose, a quel punto, il ragazzo davanti a me. E restai stupita dalle sue parole. Era venuto qui, davanti alla mia porta, per avere questo bacio.
"Adesso è meglio che vada o domani mi schianto di nuovo da qualche parte in pista" aggiunse sdrammatizzando ciò che aveva detto prima. Ammettere quelle cose, era strano anche per lui. Eravamo entrambi inesperti a quelle emozioni e dovevamo ancora imparare a gestirle.
"Si è meglio che tu vada" lo appoggiai, annuendo per avvalorare la sua tesi. Se fosse rimasto qualche minuto in più, non avrei resistito. Ma dovevo mantere un certo distacco, non potevo farmi coinvolgere totalmente.
Mi stampò un ultimo bacio sulle labbra e poi mi lasciò andare.
"Buonanotte Catherine" disse, aprendo la porta della mia camera.
"Buonanotte Charles" risposi, per poi sentirla chiudere.

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Domenica mattina arrivai in perfetto orario al paddock. Nonostante fossi stanca, ero riuscita a svegliarmi all'orario giusto. Cosa che invece, a quanto pare, non era riuscito a fare Charles. Al contrario mio, non era ancora arrivato e tutti all'interno del box stavano iniziando ad innervosirsi.
C'era tutto il pre-gara da fare e non poteva mancare. Proprio nel momento in cui Andrea, il suo preparatore atletico, lo stava richiamando al telefono per la decima volta, apparse sulla soglia dell'entrata.
"Buongiorno" disse solo in generale, per poi dirigersi dalla menager che gli indicò dove doveva andare. Non incrociò neanche per un attimo il mio sguardo, e anche se ero confusa, pensai stesse facendo così solo per non destare sospetti. Lo vidi uscire di nuovo seguito dalla menager. Probabilmente stava raggiungendo gli altri per iniziare la parata per tutto il circuito.

Passai le due ore successive tra consulenze con i meccanici, l'ingegnere di pista di Charles e lo stesso Mattia Binotto. E solo quando fu ora di entrare in macchina per i giri di preparazione, il pilota numero 16 si presentò ai box. Già vestito e pronto per entrare nella sua monoposto. Si infilò il casco, senza guardare nessuno e si accomodò sul suo sedile. Così, appena ebbe il via libera, partí.

La gara stava procedendo tranquilla, nessun contatto, nessun ritiro. Mancavano 10 giri alla fine e Charles era arrivato a meno di un secondo da Tsunoda. Doveva prendere quella sesta posizione. Già eravamo abbastanza dietro le McLaren, allontanarci troppo sarebbe stato come dire addio ad ogni speranza di avere, a fine anno, il terzo posto nei costruttori.
Si avvicinò sempre di più all'AlphaTauri, ma era comunque complicato superare il giapponese, che per orgoglio voleva tenere la posizione.
Ci provò a 2 giri dalla fine in curva 1 e il pilota numero 22, cambiò traiettoria un paio di volte, costringendo Charles a rallentare. Idem quando ci riprovò in curva 7. Potevo immaginare quante ne stesse dicendo, il pilota della rossa, nei team radio. Il comportamento di Yuki non era sportivo e mi sorprendeva, che la FIA, non avesse ancora preso provvedimenti.
Il monegasco tentò il tutto per tutto ad un giro dalla fine, all'ultima curva e anche se il giapponese gli concesse l'esterno, riuscì a sorpassarlo, prendendo possesso, finalmente, del sesto posto.

Non rientrò proprio ai box. Doveva presentarsi a tutte le interviste per le varie TV nazionali e internazionali. Mentre io rimasi dov'ero, a finire di rimettere a posto le mie cose ed aiutare i meccanici a tenere tutto sotto controllo fino a domani, quando poi sarebbe stato trasportato il materiale al prossimo circuito.
Quando tutto fu finito, uscimmo dai box e ci dirigemmo verso l'uscita del paddock. Pensavo che i piloti fossero già andati tutti via, ma quando arrivai alla mia auto, vi trovai Charles appoggiato a braccia e gambe incrociate.

I Need You // Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora