Quando avevo visto quel biglietto, mille dubbi si erano fatti spazio nella mia testa. Mi ero pentita di averlo lasciato andare. Di non aver avuto il coraggio di farlo restare. Di provare a fare un passo verso di lui. Di trovare un compromesso. Di promettere sul serio di cambiare. Voleva portarmi a Monaco, a casa sua, per conoscere i suoi amici, per aprirmi le porte della sua vita. Si voleva mostrare per quel che era e stavolta al di fuori dell'ambito lavorativo. Voleva portarmi lontano da tutto ciò che fosse il mondo della guida. Voleva farmi vivere quella che per lui era la normalità. E io non gli avevo neanche dato la possibilità e il tempo di chiedermelo.
Ne valeva la pena andare da lui e cercare di rimediare? Non era meglio per Charles lasciarlo andare? Gli avrei fatto del male di nuovo? Mi sarei arresa ancora?
Avevo passato tutta la notte a farmi queste domande. A ripensare e capire cosa davvero volessi dentro di me. E solo poche ore prima mi diedi la forza di fare ciò che speravo fosse giusto, che volevo fosse giusto, ma non ero certa fosse davvero così. E allora avevo preso quell'aereo ed ero arrivata a Monaco senza sapere neanche dove andare per cercarlo. Avevo preso il telefono per chiamare Pierre e chiedergli dove potevo trovarlo, ma non ce ne fu bisogno. Mi aveva già mandato un messaggio con l'indirizzo dell'appartamento del monegasco. Avrei dovuto ringraziarlo appena l'avessi rivisto. Aveva fatto più di quanto meritassi.
Ed ora mi trovavo davanti casa sua, con il cuore che mi batteva all'impazzata e la paura che fosse troppo tardi. Ero disposta a fare un passo avanti. Certo sempre con i miei tempi, ma quella volta mi sarei impegnata davvero. E se lui non voleva? Se si era stancato di aspettare? Se non aveva più intenzione di ascoltarmi?
Non volevo pensare a quell'eventualità. Ma ora, davanti quella porta, il terrore che tutto potesse davvero finire, mi stava facendo venire incertezze su incertezze.Scossi la testa e cercai di riprendermi, poi, dopo aver preso un lungo respiro, bussai al campanello. Aspettai un paio di minuti, tanto che mi chiesi se avessi sbagliato indirizzo o se non fosse lì dentro o peggio se in realtà non fosse neanche in quella città. Poi, però, quando la speranza di rivederlo stava ormai scivolando via, la porta si aprì e la possibilità che davvero non volesse più avere a che fare con me, si fece un po' più concreta.
"Che cazzo ci fai qui?" mi chiese Charles rabbioso. Per un attimo mi sembrò di essere tornata ai primi mesi. Quando non voleva che gli girassi intorno, quando mi piantava agli appuntamenti per il team per non vedermi e parlarmi, quando detestava la mia presenza.
Era lo stesso sguardo e lo stesso tono di allora e tutto ciò mi fece paura, tanto che non riuscii a far uscire nessuna parola. Rimasi imbambolata a fissarlo. A rendermi conto di quanto, in soli tre giorni, si fosse distrutto. Le occhiaie sotto gli occhi, l'espressione sul viso, il suo essere stanco, erano tutti i segni del male che gli avevo inflitto.
"Io... Ho bisogno di parlarti" riuscii a dire. Già sapevo si averlo distrutto, ma vederlo con i propri occhi era un altro conto.
"Non voglio parlare con te. Non so chi ti abbia dato l'indirizzo di casa mia ma devi togliertelo dalla testa. Dimenticalo, cancellalo e vattene via" disse fulminandomi con lo sguardo e tentando subito dopo di chiudere la porta. Qualcuno però si mise in mezzo per impedirglielo. Non mi ero resa conto che ci fosse un'altra persona lì con lui. Era stato nascosto tutto questo tempo e potevo vedere solo le sue spalle, visto che stava guardando il monegasco in questo momento.
"Falla entrare" gli intimò. Sembrò pregarlo e ordinarglielo allo stesso tempo e l'espressione furibonda del pilota numero 16 mi fece capire che non gradí il suo tono. Lanciò un'occhiata tagliente sia a me che all'amico.
"Andate al diavolo tutti e due" disse prima di lasciarci da soli e chiudersi a chiave dentro una stanza. Sospirai. Forse avevo preso la decisione sbagliata. Forse non sarei dovuta venire. Forse era davvero troppo tardi. Dio mio, come avevo potuto fare tutto ciò? Rovinarmi con le mie stesse mani? Perché ero così stupida?"Io sono Riccardo" disse il ragazzo che mi dava le spalle prima. Non mi ero neanche accorta si fosse girato. Ero troppo immersa a pensare al guaio che avevo fatto.
"Catherine" risposi stringendogli la mano che mi aveva porto. Ora che potevo vedere il suo viso, mi ricordai di qualche foto su Instagram sul profilo di Charles. Era uno dei suoi amici di Montecarlo. Avrebbe dovuto farmeli incontrare, ma non era di certo quello il modo in cui intendeva farlo lui.
"So che sei tu il motivo per cui si è ridotto così e l'unica ragione per cui ti sto facendo entrare è che sei l'unica in grado di farlo ragionare. Non so cosa sia successo, né perché tu gli stia tanto a cuore, ma provalo a ferire di nuovo così e non sarai più ben accetta in questa città" disse con tono serio. Non mi sorpresi più di tanto. Anche io avrei fatto la stessa cosa per Victoria. Vedere qualcuno a te caro soffrire in quel modo, faceva male anche a te. Ti sentivi impotente perché non potevi fare niente per aiutarlo, potevi solo stargli accanto. Se avessi potuto prendere tutta la sofferenza di Charles, lo avrei fatto. Lo avrei liberato di quel sentimento logorante.
"Non era mia intenzione fargli del male e non lo sarà mai" risposi con tutta la sincerità possibile. Perché era vero. L'ultima cosa che volevo era farlo soffrire. E sapevo di averlo fatto solo per proteggermi io. Ma avevo sofferto lo stesso e avevo capito che nulla di ciò che avevo fatto aveva un senso. Io avevo bisogno di lui e lui aveva bisogno di me. Per quanto avremmo potuto provare ad allontanarci l'un l'altro, saremmo sempre tornati sui nostri passi. O almeno era quello che io avrei fatto. Di Charles non ne ero più tanto sicura.Riccardo non rispose, annuì soltanto. Mi fece cenno di entrare, poi mi salutò con un cenno del capo ed andò via.
Non seppi esattamente cosa fare. Non ero mai stata lì e Charles era rinchiuso nelle quattro mura della sua camera con la speranza che fossi io ad uscire dalla porta di entrata del suo appartamento.
Presi un respiro profondo. Non avrei mollato, non più. Avrei cercato in tutti i modi di parlare con lui. Avrei aspettato di vederlo uscire dalla sua stanza. Avrei atteso tutto il tempo che voleva.
Ma le ore passavano, la notte diventava giorno e l'ansia si faceva sempre più viva. Non uscì mai da quella porta, neanche il giorno dopo. Non potevo più aspettare dovevo parlargli ora. Perciò anche se erano l'una di notte, bussai alla sua porta. Anche se stava dormendo non mi importava niente. Doveva ascoltarmi e farmi parlare. Doveva sentire ciò che avevo da dirgli e poi se avesse voluto chiuderla davvero allora me ne sarei andata. Solo in quel caso mi sarei arresa, se guardandomi negli occhi mi avesse detto che con me aveva chiuso, che non voleva più vedermi.
Continuai a bussare per un quarto d'ora, fin quando fui sicura fosse sveglio. Poi capendo che non avrebbe mai aperto quella porta decisi di parlare attraverso essa.
"Sono una stronza, un'egoista e una codarda. Lo so io e lo sai anche tu. Non appena mi hai vista quel giorno nel paddock ad aspettarti lo hai capito. E anche io ho capito tante cose da quel primo incontro. Che anche tu sei un fottuto stronzo. E ti giuro, non sai quante volte avrei voluto picchiarti perché ignoravi ciò che ti ordinavo o perché non ti presentavi ai nostri incontri di lavoro. Poi però ho iniziato a vedere un lato di te che già sapevo essere nascosto in una parte remota, il dolore del passato che ti ha segnato. Lo stesso che ha rovinato anche me. Ho capito che eravamo più simili di quello che ci saremmo mai aspettati e quando ci siamo baciati per la prima volta, ho avuto una fottuta paura. Perché tutte quelle sensazioni, tutte quelle emozioni sotto pelle che ho sentito, non le avevo provate con nessun altro. E allora ho realizzato. Ho realizzato che non potevo più tornare indietro. Che avevo trovato quella felicità di cui tutti parlano. E ho provato a resistere, a tenere alzati i miei muri, a proteggermi. L'ho fatto fino a giovedì. Tu non ne puoi più Charles e ti capisco. Le mie paure sono troppe per essere sopportate. Lo hai capito che mi mostro sicura ma in realtà sono la persona mi insicura di questo pianeta. Ti ho lasciato andare via perché avevo paura di ritrovarmi nella stessa situazione in futuro e non volevo che le cose si complicassero ulteriormente. Ma è già tutto complicato. Ero nel tuo stesso stato venerdì e sabato, fino a domenica mattina. Mi ripetevo che era stato meglio così, che avresti sofferto ora ma che poi sarebbe passata, ma non avevo messo in conto di morire di dolore anche io. E quando Pierre ha bussato alla mia porta domenica mattina e mi ha detto che mi volevi portare qui a Monaco per farmi entrare davvero nella tua vita, mi sono data della stupida. Perché per l'ennesima volta mi ero fatta sovrastare dalle mie paure. E poi ho capito. Ho sbagliato sempre in tutto. Non ho mai vissuto. Non ho mai dato ascolto al mio cuore, al mio corpo, alla mia anima. Ma ora ho capito tutto. Ho capito che ho irrimediabilmente bisogno di te" dissi scandendo bene ogni singola parola in modo che comprendesse perfettamente ciò che volevo dirgli. Avevo bisogno di lui. Dei suoi baci, delle sue carezze, di tutto ciò che riguardasse la sua persona. Ero disposta a fare dei passi avanti, di impegnarmi sul serio quella volta.
"Potrebbe essere troppo tardi, lo so. So che potresti non voler più aspettare. E lo capirei Charles, se ti fossi inevitabilmente stancato di me. Ma dovevo provarci. Dovevo dirti queste cose perché mi stavano logorando dentro. Perché non volevo vivere con il rimpianto di non averti detto ciò che provo davvero" conclusi con il timore in gola.
Poi mi zittii in attesa di una sua risposta. Con la speranza che aprisse quella porta. Ma i minuti passavano e nessun segno, nessun rumore proveniva dall'altra parte della stanza.
I minuti passavano e la speranza diminuiva sempre di più. Proprio quando, rassegnata, stavo quasi per rinunciare, qualcosa successe. La porta si aprì.
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I Need You // Charles Leclerc
RomanceLei non sapeva cosa volesse dire avere bisogno di qualcuno al suo fianco. Troppo impegnata a lasciare i sentimenti fuori per non soffrire. Troppo sovrastata dalle paure dovute al suo passato tormentato. Puntava solo a eccellere nel suo lavoro. Quell...