Aprii la porta facendomi coraggio.
"Come hai fatto a sapere che vivo qui?" chiesi immediatamente irritata, senza neanche salutarlo.
"Ciao anche a te" disse, infatti, con un sorriso ironico.
"Non c'è bisogno di salutarti. Sai che c'è? Non mi interessa neanche sapere come hai fatto a scoprire dove abito. Devi comunque andare via" risposi per poi cercare di richiudere la porta. Ma la bloccò con un piede e fece forza per farla riaprire.
"Non me ne vado finché tu non vieni con me" disse facendosi spazio per entrare all'interno del mio appartamento. Si sedette a braccia conserte e, appoggiandosi con la schiena, al sedile del mio divano. Sembrava come se stesse a casa sua.
"Non verrò con te" dissi mettendomi davanti a lui, irritata dal suo comportamento. Non solo aveva indagato per scoprire il mio indirizzo, ma ora entrava senza il permesso dentro casa mia e pretendeva che facessi quello che mi ordinava.
"Invece si perché il tuo periodo di sospensione è finito e devi tornare a lavorare per me" ribatté convinto. E senza neanche aspettare una mia risposta, si alzò e si avviò verso il mio armadio. Non era difficile trovare la mia camera in quel piccolo monolocale, dove tutto si trovava in un unica stanza.
"Fermati!" esclamai incredula quando tirò fuori la valigia e iniziò a buttarci dentro i miei vestiti alla rinfusa. Doveva essere completamente uscito fuori di testa per fare tutto ciò.
Non mi ascoltò e continuò imperterrito a fare ciò che stava facendo. Mi piazzai tra lui e l'armadio, bloccandolo dal prendere gli ultimi vestiti. Sarebbe stato capace di chiudere la valigia e di portarla con sé senza neanche aspettarmi.
"Spostati" mi ordinò innervosito. Lui innervosito? Era entrato dentro casa mia e aveva fatto un casino per nulla, perché io non sarei andata con lui.
"Non torno" dissi, infatti, facendolo ridere. Mi accigliai confusa. Cosa rideva? Gli stavo dicendo che non sarei tornata a lavorare per lui e rideva.
"Tu torni e basta. È scritto nel contratto, non ti puoi rifiutare" rispose divertito. A quel punto sorrisi anche io.
"Posso perché c'è una clausola nel contratto che permette, in caso di sospensione, di poter recedere dal contratto senza nessuna ripercussione"
Alle mie parole tornò serio.
"Perché non vuoi tornare?" chiese irritato. Prima che potessi rispondere, mi bloccò.
"Non mentirmi" ordinò puntandomi un dito contro, come segno di ammonimento. Non volevo tornare perché sapeva qualcosa che non gli avrei mai dovuto dire. Il che, era solo una piccola parte del mio passato, ma comunque gli avevo rivelato una parte di me e neanche eravamo amici o persone che avevano un rapporto civile. Non sarei riuscita a guardarlo negli occhi e vedere anche un accenno di compassione per quello a cui avevo accennato e per cui si era creato qualche supposizione che lo aveva portato a provare pena per me. Anche se quello che gli avevo detto era stato solo che Bristol non la sentivo casa, sapevo che aveva capito che qualcosa di più profondo e doloroso c'era sotto quella confessione.
"Ho trovato un altro lavoro" risposi con una mezza verità. Avevo trovato si un lavoro, ma lo avrei lasciato su due piedi, perché non aveva niente a che vedere con quello che avevo fino a meno di una settimana prima.
Capii dal suo sguardo che non ci aveva creduto. Anche perché, come avrebbe potuto, se mentre lo dicevo, non ci credevo nemmeno io?
Si avvicinò al mio viso, il che portò a farmi indietreggiare di qualche passo, finché non mi ritrovai con la schiena contro l'anta dell'armadio chiusa. Appoggiò le mani ai lati della mia testa, senza mai staccare gli occhi dai miei. Era così intenso il suo sguardo che non riuscivo a distogliere il mio. Mi stava scavando dentro e non avrei retto per molto. Il mio muro stava letteralmente crollando di fronte a lui.
"Ti avevo detto di non mentire" sussurrò deluso per non averlo ascoltato. Deglutii a vuoto, sperando che al più presto si allontanasse. Quella vicinanza non faceva bene al mio autocontrollo. Continuava a studiarmi, non dandosi per vinto, in cerca di una risposta. E quando sembrò averla trovata, il suo sguardo si illuminò.
"È per quello che mi hai detto vero? Che questa non è casa per te" disse annuendo, convinto della sua supposizione. E aveva ragione, si, ma non lo avrei ammesso.
Scossi infatti la testa, cercando di essere più convincente possibile. Anche se ormai non sarebbe servito a niente. Era palese che fosse la risposta giusta.
Mi afferrò il viso riportando il mio sguardo, che avevo distolto, al suo.
"Non ti chiederò niente. Aspetterò che sarai tu a dirmelo. Te lo prometto" disse sincero. E avrebbe dovuto aspettare in eterno, perché io non avrei mai aperto bocca. Ma lo aveva promesso e sembrava dire sul serio.
"Ti prego torna con me" sussurrò ad un centimetro dalle mie labbra.
Davvero avrei voluto sacrificare il sogno della mia vita per paura che il ragazzo di fronte a me potesse venire a sapere ciò che mi attanagliava cuore e mente? Davvero volevo sacrificare il mio futuro per il mio passato? Mi ero ripromessa di non farlo e non l'avrei fatto neanche ora.....................................................
Nel giro di una settimana avevo preso più aerei che in tutta la mia vita. Quel giorno stesso, avevo finito di sistemare le valigie che Charles, nel pieno di uno stato di foga, aveva iniziato a fare, e avevamo lasciato quell'appartamento che non avevo mai sentito mio. Non avevamo parlato più da quando avevo accettato di andare con lui. Eravamo stati in silenzio anche per tutto il tempo del viaggio. E mi venne da pensare che si fosse già pentito del suo gesto. Prendere il primo aereo possibile per Bristol, dopo aver appena finito di correre in una gara, era un gesto pazzo e importante allo stesso tempo. E non so che significato gli dava lui, ma o era dovuto al fatto che si sentisse in colpa per avermi trattata male dal primo momento in cui ero entrata nella sua vita, o, invece, aveva iniziato a tenerci a me. E alla seconda opzione non ci avrei neanche dovuto pensare. Perché sapevo che mi sarei solo illusa.
Una volta atterrati in Canada, afferrò la mia valigia e mi esortò a scendere davanti a lui. Aveva paura che tornassi indietro? Avevo già fatto troppi viaggi per i miei gusti. Un auto ci stava già aspettando appena fuori il jet privato. Salimmo, ancora senza parlare e nel giro di un quarto d'ora arrivammo in hotel. Si fece dare dalla reception, sia le chiavi della mia stanza che della sua. Dopodiché mi condusse all'ascensore e una volta dentro, premette il tasto per salire al quarto piano, dove si trovava la mia camera. Pensavo mi lasciasse lì, proseguendo per il quinto, dove invece si trovava la sua. Ma quando cercai di prendere la valigia, mi fermò e mi superò, cercando il numero giusto sulle varie porte del corridoio. Una volta trovato, inserì la chiave e mi fece cenno di entrare.
"Ci vediamo domani" disse quando lascio la valigia vicino al letto. Poi si diresse verso la porta pronto ad uscire.
"Aspetta!" lo fermai sulla soglia della mia stanza. Mi avvicinai, restando comunque a debita distanza.
"Grazie" gli dissi accennando un sorriso sincero per la prima volta da quando lo conoscevo. Sembrò sorpreso dal mio gesto, all'inizio, ma poi anche le sue labbra si aprirono in un sorriso. Il primo che gli avessi mai visto fare.
"Dovere" rispose per poi indietreggiare, girare le spalle e, a passo lento, andarsene. Sospirando, potendomi finalmente lasciarmi totalmente andare, rientrai dentro e mi stesi sul letto mettendomi le mani sul viso sconvolta. Solamente in questo momento, stavo realizzando sul serio, ciò che era successo nelle ultime 24 ore.
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I Need You // Charles Leclerc
RomanceLei non sapeva cosa volesse dire avere bisogno di qualcuno al suo fianco. Troppo impegnata a lasciare i sentimenti fuori per non soffrire. Troppo sovrastata dalle paure dovute al suo passato tormentato. Puntava solo a eccellere nel suo lavoro. Quell...