"Cos'hai?" chiese Riccardo. Eravamo usciti insieme quel venerdì sera. Era uno dei miei migliori amici dall'infanzia, e quando ne avevo l'opportunità, cercavo sempre di passare un po' di tempo con lui e con gli altri del nostro gruppo. Era stufo del mio comportamento che avevo da quando c'eravamo incontrati. Non avevo fatto altro che avere quell'espressione corrucciata che mi era apparsa da quando ero tornato a casa. Non riuscivo a togliermi di testa l'atteggiamento distaccato di Catherine. Ero innervosito da tutto ciò e non avevo le forze di nasconderlo.
"Niente" risposi però, non volendo raccontargli ciò che realmente mi stava attanagliando. Non potevo rivelare a nessuno, per ora, che mi stessi "frequentando" con quella ragazza. Anche perché da come stavamo già ora, chissà se sarebbe continuata.
"Non sparare stronzate, Charles. C'è qualcosa che ti passa per la testa e che ti fa incazzare. Cos'è?" disse ignorando il mio tentativo di troncare la conversazione. Sarebbe stato meglio chiedere "chi è?". Mi concentrai sul bicchiere che tenevo in mano, contenente un po' di alcool che mi serviva per affrontare quell'uscita. Dovevo trovare un modo per non guardarlo negli occhi o, altrimenti, avrebbe capito che stavo mentendo mentre dicevo "Solo stupidaggini".
In realtà non erano per niente cose stupide. Erano questi sentimenti che provavo. Delusione, rabbia e amarezza per essere trattato con così tanta indifferenza e, allo stesso tempo, bisogno, desiderio e necessità di riaverla tra le mie braccia come quel lunedì mattina. Quelle sensazioni mi stavano logorando dentro. Non era una cosa da niente.
"Charles, a me puoi dire qualunque cosa, lo sai" insistette ancora il mio amico. Ma non gli avrei detto niente, quindi rimasi in silenzio. Capí che non avrei parlato e lasciò perdere l'argomento.La serata passò tranquillamente e, dopo il terzo drink, mi iniziai a rilassare un po'. Almeno fino a quando non vidi entrare nel locale una ragazza che conoscevo fin troppo bene. Dovevo essere davvero sfortunato per non avere mai tregua. Cercai in tutti i modi di non farmi vedere, ma lei aveva il radar incorporato e mi riconobbe all'istante. Pregai mentalmente che non venisse al nostro tavolo, ma ogni preghiera fu vana.
"Charles, da quanto tempo!" disse Samantha, ora alle mie spalle. Mio dio, cosa avevo fatto di male per meritarmi tutto questo?
Mi girai senza nascondere la mia irritazione, per poi farle un semplice cenno della mano, in segno di saluto, e tornare a dare la mia attenzione alle persone sedute a quel tavolo.
Ma ovviamente non aveva intenzione di mollare, e, prendendo una sedia da un tavolo lì vicino, si fece spazio al mio fianco. Le rivolsi il peggior sguardo che mi riuscisse. Come si permetteva di prendersi tutta questa confidenza e libertà? Non gliela avevo mai concessa.
"Allora, come va il campionato?" chiese ignorando completamente il mio fare poco amichevole. Come andava il campionato? Una merda. Ma non erano affari suoi e non lo sarebbero mai stati. Lei della mia vita non doveva proprio interessargliene. Doveva semplicemente lasciarmi in pace.
"Perché non raggiungi i tuoi amici?" chiesi, indicangogli la sua comitiva, che ci stava fissando da quando mi aveva raggiunto. Amici tra l'altro che non erano il ritratto della simpatia nei miei confronti. Ma lei aveva sempre avuto un debole per me, tanto da approfittarsi di una versione eccessivamente ubriaca di me, con lo scopo di portarmi a letto. Di quella notte non ricordavo niente e forse era meglio così, ma avrei voluto avere la sanità mentale per dire di no. E lei me lo aveva impedito. Sapeva benissimo che in quel momento non ero cosciente di ciò che facevo e dicevo. Aveva ignorato volutamente tutto ciò, pensando solo al suo obiettivo. Ciò che non si aspettava, però, era che, al nostro risveglio, diedi letteralmente di matto, dicendole direttamente in faccia la grande cazzata che avevo fatto ad andare a letto con lei. Era rimasta ferita solo per un minuto, poi nella sua testa aveva fatto tutto un ragionamento contorto. Per lei, avevo detto quelle cose solo perché ero ubriaco e mi pentivo di non ricordare niente. Niente di più lontano dalla verità, invece. Ero profondamente deluso da me stesso per aver scopato con quella ragazza. Lei non era innamorata di me, per ciò che realmente ero, ma per il mio personaggio pubblico, pieno di soldi e fama. E io non avevo mai voluto frequentare gente del genere. Ero sempre stato disgustato da queste persone. Eppure ero caduto nelle sue grinfie, senza il mio volere.
"Possono aspettare, sto parlando con te" rispose, non girandosi neanche a guardarli. Quanto era patetica.
"No, in realtà, noi non abbiamo niente da dirci" ribattei prima che potesse ricominciare a provare ad avere una conversazione con me. Sembrò vacillare per un istante, ma poi tornò all'attacco. Si avvicinò di più a me, appoggiando una mano sul mio braccio e avvicinandosi al mio orecchio.
"Andiamo a casa tua?" sussurrò con quello che secondo lei era un tono seducente. Disgustato e irritato, sia dal suo tocco che dalle sue parole, le tolsi immediatamente le mani su di me e la scostai per farla allontanare.
"Forse non ti è ben chiaro cosa ti ripeto ormai da due anni. Io e te non avremo mai più nessun tipo di rapporto. Non ti voglio neanche vedere per strada! Mi devi lasciar perdere, girare a largo quando mi vedi. Non mi devi rivolgere la parola. Trovati qualcun'altro a cui rompere, capito?" iniziai cercando di trattenere la calma, per poi sbottare completamente. Già ero nervoso per conto mio, ora che avevo incontrato lei, trattenermi, mi sembrava impossibile.
Sperai davvero che, questa volta, mi lasciasse definitivamente in pace. Era dalla sera in cui ero finito nel suo letto che continuava a tartassarmi ogni volta che le era possibile. E quando vidi i suoi occhi lucidi, cercare di trattenere le lacrime, anche se mi sentii un po' stronzo, mi dissi che era l'unico modo per farla smettere. Che a volte, le parole forti, servivano a qualcosa. Rimase incantata qualche minuto a guardarmi, durante i quali, probabilmente, stava cercando di trovare qualche appiglio a cui aggrapparsi o qualche parola da estorcere e rigirare a suo piacere. Ma non c'era niente che la potesse salvare dalla realtà. Cioè che io non sarei mai stato interessato a lei. Perciò si alzò scossa e scappò via in lacrime.
Quando mi girai a guardare i miei amici, mi accorsi che tutti mi stessero guardando.
"Era l'unica cosa che potevo fare" dissi semplicemente, anche se dentro dei dubbi mi assalirono. Se avessi usato un tono più calmo? Non sarebbe servito, Charles. Aveva bisogno di sentirsi dire quelle cose, con quel tono, altrimenti non avrebbe mai capito.
"Hai ragione, Charles. Ma quel tono non era solo per la frustrazione di non riuscirti a liberare di lei" disse Riccardo, cercando di farmi capire, che qualunque cosa fosse, avrei dovuto risolverla. Sapevo benissimo che dovevo farlo, ma volevo che fosse lei a fare il primo passo. Io avevo già fatto troppo.
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I Need You // Charles Leclerc
RomanceLei non sapeva cosa volesse dire avere bisogno di qualcuno al suo fianco. Troppo impegnata a lasciare i sentimenti fuori per non soffrire. Troppo sovrastata dalle paure dovute al suo passato tormentato. Puntava solo a eccellere nel suo lavoro. Quell...